Un anno dopo… 365 giorni

Il 3 marzo del 2020. Me lo ricordo bene quel giorno, come se fosse indelebile nella mia mente.
Era un normale martedì. A movimentare la situazione c’era soltanto la preoccupazione per l’imminente compito di matematica che avremmo dovuto fare il giorno dopo.
Quel pomeriggio, io e Alessandro andammo da Ludovica per ripassare insieme. Ci stavamo lamentando del fatto che avremmo potuto festeggiare il compleanno di Ale, se solo non avessimo dovuto studiare. Dopo aver ripassato in modo disperato, tornammo a casa.

Quella sera avevo un brutto presentimento, come se qualcosa stesse per accadere. Diedi per scontato fosse l’ansia per il compito.
Per tranquillizzarmi dormii nel letto con mia madre, proprio come quando ero una bambina spaventata.
Il giorno seguente suonò la sveglia e io, a malincuore, presi il telefono per spegnerla. Notai i mille messaggi arrivati sul gruppo di classe e non capii. Lessi il contenuto dei messaggi distrattamente e velocemente: “Scuole chiuse in via precauzionale per due settimane”. Era stato riscontrato un caso di Coronavirus nella mia scuola.
Chiaramente tutti eravamo lì a festeggiare, senza minimamente sapere ciò a cui stavamo andando incontro.
11 Marzo. Lockdown. L’intera Italia si ferma. Tutti costretti a rimanere a casa, se non per uscire a fare la spesa, ovviamente accompagnati da un’autocertificazione. Il lavoro era in smartworking e noi studenti ridotti a seguire le videolezioni.
La quarantena passò così in fretta, che non riuscimmo a capire cosa fosse successo.
Arrivò maggio e potemmo riassaggiare un po’ di libertà.
Seguì l’estate e sembrava che per tutti il Covid fosse un lontano ricordo, tutta la nazione si stava comportando come se non fosse mai esistito.
A riportarci con i piedi per terra fu l’autunno e l’aumento dei contagi. Giuseppe Conte, a discapito di tutti gli sforzi compiuti da Garibaldi per l’unità d’Italia, decise di dividere l’Italia in zone (rossa, arancione e gialla) a seconda della gravità della loro situazione. Il tempo passava e i DPCM si facevano sempre più incomprensibili. Tutti sfogavano la loro frustrazione contro il premier, che però stava solo cercando di risolvere una situazione mai vista prima.
26 Gennaio 2021. Per qualche assurdo motivo Renzi decide che una pandemia, che ha messo in ginocchio un intero Paese, non è abbastanza. Si ritirano due suoi ministri. Caduta del Governo.
13 Febbraio 2021. Draghi diventa il nuovo Capo del Governo.


Come ho reagito io a tutto questo? Bella domanda.
All’inizio non pesava, anzi, sembrava un sogno stare a casa. Ero piena di buoni propositi: allenarmi, cucinare, leggere. Ma piano piano chiudersi in camera e guardare Netflix sembrava più interessante di qualsiasi altra cosa, persino di studiare, dove mi ero ridotta a fare il minimo indispensabile.
Tutto ciò mi veniva spontaneo, non me ne rendevo conto al momento, non sapevo quanto mi stessi lasciando andare. Non mi importava più di nulla.
Le videochiamate con  gli amici, per studiare o soltanto per tenerci compagnia, erano diventate pane quotidiano ormai, un appuntamento fisso a cui non potevo mancare, anche solo per distrarmi.
Non compresi quanto questa esperienza mi avesse cambiata, fino all’arrivo dell’estate. Non capivo più cosa fosse giusto e cosa invece no, mi sembrava tutto così surreale. Tre mesi prima eravamo chiusi in casa e ora potevamo ballare tutti insieme per strada? Non mi facevo domande, perché non volevo risposte.
Settembre. La Azzolina riapre le scuole. Rientrare alla Scientifico fu una visione idilliaca. Un sogno che da subito si trasformò in un incubo.
Tutti i professori temevano l’ipotetico avvento di una nuova DAD, riempiendoci così di compiti e interrogazioni. L’ansia aumentava ogni giorno sempre di più, fino a quando non è sfociata in attacchi di panico.
Poco dopo tornammo a distanza. Iniziai a soffrire ancora di più. Quando passi così tanto tempo senza rapporti umani e vedi persone solo dietro uno schermo, forse dimentichi cosa sia l’empatia. Io non capivo gli altri e gli altri non capivano me.
Le lezioni, la scuola, i compiti pesavano sempre di più e a tentoni riuscii ad arrivare a Natale. Il periodo più magico dell’anno. Il mio preferito. Presi del tempo per staccare e mi concentrai solo su me stessa, sullo stare bene e magari stare con i miei amici per distrarmi, ma le vacanze volarono e le lezioni ricominciarono con le presenze al 50 %. Ciò significava che bisognava alternare i giorni in presenza con i giorni a distanza. Mi sentivo una marionetta e a muovere i fili sapete chi c’era? La mia ansia.
Per un mese lei saltellava, giocava e faceva di me ciò che preferiva. Gli attacchi di panico aumentarono, anche durante le lezioni, dove potevo esplodere per un nonnulla.

A Febbraio presi il Covid. Dire che avevo toccato il fondo è dire poco. Ero fisicamente, ma soprattutto emotivamente, distrutta. Cercavo di farmi forza per aiutare anche Ludovica, ma il più delle volte era lei che sosteneva me e sapevo quanto lei in realtà stesse male, quanto avesse paura per sé e per la sua famiglia. Mi sentivo così impotente, volevo fare di più, ma non sapevo come fare.
Le lezioni si susseguivano e io ero da tutt’altra parte con la mente, la mia concentrazione era partita con dei biglietti senza ritorno.
La notte mi rifiutavo di dormire, perché avevo paura di che cosa sarebbe potuto accadere il giorno seguente.
Chi dei miei amici poteva stare male, se mia mamma fosse arrabbiata con me, il mal di testa, quale materia avrebbe potuto interrogarmi, anche se io non fossi riuscita a studiare. Mi sentivo in colpa, avevo il terrore che qualsiasi cosa facessi potevo deludere qualcuno: da mio padre ai professori, dai miei compagni ai miei cari.
Dopo due settimane ne uscii, ma mentalmente stavo ancora a terra.
1 anno dopo. 365 giorni. Io sono una persona completamente diversa. Instabile emotivamente e con crisi sempre dietro l’angolo.
Devo ringraziare tutti i miei amici se sono qui, dal primo all’ultimo. Tutti quelli che mi hanno sostenuta o incoraggiata e che hanno condiviso insieme a me questa bruttissima esperienza.
E’ stato l’anno più stancante e demoralizzante di sempre.
Il peggiore non solo per me, ma per il mondo intero.

di Mariana Di Ninni