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L’ansia dell’apparenza sta creando una nuova malattia mentale

Nel 2015, la società di consulenza tedesca GfK ha condotto un “Global Appearance Satisfaction Survey” secondo cui, in media, solo il 12% delle persone risultava completamente soddisfatto del proprio aspetto.

Sentirsi brutti può essere una malattia cronica del nostro tempo. Se una persona sta vivendo una grave ansia legata alla propria immagine esteriore, probabilmente è affetta da un disturbo chiamato body dysmorphic disorder, BDD, in italiano dismorfofobia.

Trattasi di una vera e propria malattia mentale, che può causare danni reali e che tende a coesistere con depressione, ansia e disturbi alimentari. È anche correlata a una maggiore propensione al suicidio e al comportamento suicidario. Nei casi più gravi, la persona che ne è affetta evita qualunque forma di interazione sociale, oppure può ricorrere alla chirurgia plastica eccessiva per modificare il suo aspetto.

C’è anche un fatto un po’ sorprendente: si ritiene generalmente che le ragazze prestino maggiore attenzione all’aspetto, ma la differenza nell’incidenza della deformità corporea non è grande. Il rapporto negli Stati Uniti è compreso tra il 2,2% (maschi) e il 2,5% (femmine).

Le preoccupazioni possono focalizzarsi sull’intero aspetto esteriore o solo su una parte delimitata del corpo. In genere, le parti maggiormente interessate sono: seno, capelli, cosce e fianchi per le donne; torace, addome, naso, capelli e parti intime, per gli uomini.

I principali responsabili di questa ansia per la “bruttezza” sono la pubblicità commerciale e i social media che hanno contribuito a farci interiorizzare ideali estetici utopici e spesso anche irreali (perché modificati da filtri o programmi di fotoritocco).

Per uscire fuori da quest’ansia è necessario interrompere l’autovalutazione e il guardarsi troppo spesso allo specchio, imparare a distribuire l’attenzione e socializzare di più.

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