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Un Ulisse moderno: Mauro Pagan, uomo dal multiforme ingegno

di Marianna Benvenuto IB

Mauro Pagan, burattinaio veneziano, divide la sua vita tra il teatro e l’impegno come docente al Liceo Classico D’Oria di Genova. Ci racconta come è nata la sua passione per le marionette e parliamo con lui di come il Covid abbia influito sul teatro e sulla vita degli artisti.

Che cosa l’ha spinta diventare attore?

Sono tante le cose che mi hanno portato a fare teatro. Innanzitutto, fu mia mamma. Quando avevo 14 anni vivevo a Venezia e visto che non mi decidevo mai a uscire di casa, mi disse che c’era un piccolo teatro dove facevano corsi di mimo, anche se più che altro era un corso sulla commedia dell’arte. Ricordo che mi misero a fare degli esercizi di mimica. Non mi piaceva recitare con la voce e interpretare dei personaggi che parlano, invece tacere e fare il mimo mi sembrava molto liberatorio ed espressivo. La cosa durò poco poiché ero molto timido e quindi mi estromisi, mi autoesiliai dalla compagnia. Poi sempre a causa di una figura femminile, questa volta fu la mia fidanzata, decisi di alimentare la mia passione per il teatro. Iniziai con una compagnia di universitari, dopodiché venni a Genova a fare la scuola del Teatro Stabile di Genova. Le ragioni più profonde del perché ho iniziato a fare teatro furono il mio desiderio di esprimermi, il desiderio di essere al centro dell’attenzione e soprattutto il desiderio di superare le difficolta dovute alla timidezza.

 Com’è nata la passione per le marionette?

La passione per le marionette è nata nel 1995. Mi accadde di avere una stagione teatrale in cui non avevo nessuna scrittura presso alcun teatro e poiché conoscevo un ragazzo genovese che faceva occasionalmente spettacoli di burattini, mi propose di farne uno insieme. Portammo in scena “Biancaneve e i sette nani” che ebbe molto successo nelle scuole materne di Genova e non solo. Da allora iniziai a dedicarmi completamente ai burattini, perché quell’esperienza mi piacque molto. Inizialmente non avrei mai pensato di fare spettacoli di marionette, ma alla fine mi appassionai proprio alla cosa che disprezzavo.  

Qual è un personaggio che si è divertito ad interpretare? C’è una marionetta a cui è più affezionato?

C’è stato un periodo, fino al 1989, in cui ho fatto il cabaret, anche per la strada e lì ho interpretato vari personaggi da me inventati che mi divertivano molto. Ma forse sono due i personaggi che ho amato interpretare e che sono rimasti nel mio repertorio. Il burattino Ago (inizialmente doveva essere un mago ma la M è caduta per elisione come in greco), un mago molto divertente che viene dalla leggenda di San Giorgio e il Drago. Il secondo si chiama Ferdinando ed è la prima marionetta con i fili che ho costruito. Il nome viene da mio nonno, ma è un personaggio completamente inventato. È una replica di un essere umano che fa vari spettacoli e commedie.

 Qual è stata un’esperienza che l’ha cambiata nel profondo?

Probabilmente la cosa che mi ha cambiato molto è stata quella di fare l’insegnante a scuola. Una cosa che trent’anni fa non avrei mai pensato di fare! Per quanto riguarda il teatro, invece, ci sono state varie esperienze che mi hanno segnato. La prima fra tutte è stata lavorare per una stagione intera con Dario Fo, attore e drammaturgo italiano, vincitore del premio Nobel per la letteratura nel 1997. Fu proprio lui che mi ha iniziato ai burattini. All’epoca, infatti io non consideravo i burattini, ero interessato solo al teatro d’attore. Un’altra esperienza che ha portato cambiamento nella mia vita sono stati gli spettacoli insieme al mio collega burattinaio.

 Prima del Covid dove recitava e dove si svolgevano gli spettacoli?

Si svolgevano soprattutto nelle scuole, nelle piazze e nei teatri. Ho lavorato all’Ariston di Sanremo, al Carlo Felice sia nelle opere liriche, facendo il mimo, che portando le marionette all’Auditorium. Qui feci uno spettacolo su Mozart dal titolo “Così fan tutte”.  Ho fatto anche molto teatro di strada, ho iniziato a Parigi dove ho vissuto per due anni.

Come ha influito il Covid sul teatro?

Tutti fermi, un disastro. Personalmente sono stato privilegiato, da quando faccio anche l’insegnate non ho avuto problemi. Purtroppo, dall’inizio della pandemia i miei colleghi sono veramente alla fame, hanno ricevuto pochi aiuti. Alcuni fanno lo streaming, altri propongono i loro spettacoli su piattaforme a pagamento, ma è una situazione davvero molto difficile per tutti gli attori.

In questo periodo di pandemia ha organizzato spettacoli in maniera alternativa?

No, ma l’ultimo spettacolo che ho organizzato è stato proprio al Liceo D’Oria, dove insegno. Il 23 dicembre ho rappresentato una bellissima storia: “il Natale degli animali” per i pochi ragazzi che erano presenti a scuola. Sarebbe bello farne un altro alla fine dell’anno.

C’è uno spettacolo che vorrebbe portare in scena quando sarà terminata la pandemia?

Allora, ti devo dire che proprio ieri mi sono detto perché non dovrei pensare al prossimo spettacolo? Mi piacerebbe fare l’Odissea, uno spettacolo che ovviamente non sarebbe per bambini, ma magari più per i ragazzi delle medie e delle superiori. Sicuramente sarebbe impegnativo e in questo momento è anche molto difficile produrre qualcosa. Organizzare spettacoli significa anche avere delle relazioni con le persone e lavorare insieme. Ma proprio ieri mi domandavo perché non dovrei farlo? Mi darebbe sicuramente l’entusiasmo di cui avrei bisogno in questo periodo dove i rapporti sono così diversi e difficili, indossando queste mascherine che nascondono i nostri visi è come esserci e non esserci.