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L’essenzialismo di Sartre: condanna e libertà e ricerca e appagamento possono essere la stessa cosa?

Padre dell’esistenzialismo francese, Jean-Paul Sartre è ancora oggi considerato un personaggio scomodo nel suo paese a causa dell’empatia  che lo scrittore mostrò verso i popoli colonizzati e la sua presa di posizione nei confronti della tradizione colonialista francese. 

Nato il 21 giugno del 1905 a Parigi da una famiglia borghese, non conoscerà mai il padre. Figlio unico, al centro delle attenzioni della madre e dei nonni, in particolare del nonno materno, riceve proprio da quest’ultimo la sua prima istruzione. Anni felici, nonostante uno strabismo congenito e la perdita parziale della vista da un occhio. Coccolato e vezzeggiato, si sviluppa in lui una personalità narcisista che lo induce a trascorrere il tempo a divorare libri piuttosto che a giocare con i suoi coetanei.

« […] verrebbe pure un momento in cui il libro sarebbe scritto, sarebbe dietro di me, e credo che un po’ della sua luce cadrebbe sul mio passato. Allora,  forse, attraverso di esso, potrei ricordare la mia vita senza ripugnanza.» 

Nel 1929 Sartre si laurea in filosofia presso l’École Normale Supérieure. Diventa insegnante e conosce il grande amore della sua vita, la scrittrice femminista Simone de Beauvoir.  

«Lo so. So che incontrerò mai più niente e nessuno che m’ispiri della  passione. Lo sai, mettersi ad  amare  qualcuno, è un’impresa. Bisogna avere un’energia, una  generosità, un accecamento… c’è perfino un momento, al principio, in cui bisogna saltare un  precipizio: se si riflette non lo si fa. Io so che non salterò mai più.» 

Sartre vive con intensità il periodo storico delle due guerre mondiali e da esse ne deriverà il senso di smarrimento.  

«Quando i ricchi si fanno la guerra tra loro, sono i poveri a morire.» 

Durante gli anni che precedono la seconda guerra mondiale pubblica le sue opere narrative più interessanti e che influenzeranno generazioni di lettori e intellettuali: il romanzo “La nausea” (1938) e la raccolta di racconti intitolata “Il muro” (1939).  Alla fine della guerra si avvicina alle idee marxiste, rigettando il capitalismo e lo stalinismo. Dopo l’invasione sovietica della Cecoslovacchia, avvenuta nel 1968, Sartre abbandona definitivamente il Partito Comunista e si accosta a gruppi di estrema sinistra, sempre con la sua caratteristica principale di non sottostare ai dittatori di qualsiasi orientamento politico.  

Nel 1964 rifiuta il premio Nobel per la letteratura attribuitogli, perché secondo il suo punto di vista, solo dopo la morte di uno scrittore si può essere in grado di comprenderne la grandezza dell’opera. 

 

 

Esistenzialista ateo, Sartre sottolinea la solitudine dell’uomo, abbandonato a se stesso, ma “condannato ad essere libero” e quindi obbligato ad operare una scelta.  

«Nessuno deve commettere la stessa stupidaggine due volte, la scelta è sufficientemente ampia.» 

In quanto obbligato a scegliere, se potesse rifiutare tale responsabilità, opterebbe per la “malafede”, una fuga continua dal suo essere, rifugiandosi in ruoli rassicuranti, ma fasulli. Non dare un senso alla propria libertà, rende l’uomo prigioniero di un carcere che egli stesso vuole erigere. 

«…proprio perché io esisto per la libertà altrui, non ho nessuna sicurezza, sono in pericolo in questa libertà.. questa libertà proteiforme nella quale mi sono implicato può implicarmi in mille modi diversi. Il mio progetto di riprendere il mio essere non può realizzarsi se io non mi impadronisco di questa libertà e non la riduco ad essere libertà sottomessa alla mia libertà..» 

La filosofia di Sartre è dominata dal crollo di ogni certezza che trovava nella logica la sua dimostrazione. I grandi sistemi razionali, dominanti fino a poco tempo prima, precipitano miseramente nell’oblio. È alla continua ricerca di un’utopistica fusione tra l’essere e la libertà. Nella sua narrativa ogni personaggio rincorre un posto nel mondo; che sia quello di comandare, di sprofondare nella follia, di inseguire il successo, uccidere o lasciarsi condannare a morte; ma in ogni momento si avverte l’enigmatica voragine dell’esistenza ripetutamente volta a ricordarci il nostro destino di Esseri finiti. Sartre dunque è alla continua ricerca di risposte sull’esistenzialismo umano; questo però per lui non vuol dire solo compiere una ricerca interiore, ma anche esteriore. Si cercano le risposte esterne rivolgendosi non solo ad un soggetto a noi caro, ma anche ad un oggetto, un pensiero o alla fede.

«Per ottenere una verità qualunque, bisogna che la ricavi tramite l’altro. L’altro è indispensabile alla mia esistenza, così come alla conoscenza che io ho di me.» 

Sarte afferma dunque che quando si va a ricercare una risposta a causa di un dubbio, nonostante ci stiamo rivolgendo ad una cosa o ad una persona esterna, in realtà siamo alla ricerca della risposta che ci appaga. Nel momento in cui noi rivolgiamo i nostri dubbi a qualcuno o a qualcosa dobbiamo pensare anche che noi stiamo parlando con qualcuno che in realtà conosciamo molto bene. Ma questo perché? Credo che ciò sia dovuto al fatto che con un aiuto esterno noi non solo ci aspettiamo di trovare la risposta che desideriamo, ma ci aspettiamo anche di sentire quello che in realtà non siamo in grado di ammettere.  

Dunque il soggetto o l’oggetto a cui ci rivolgiamo fa segretamente parte di noi, in quanto rivela chi siamo davvero, il nostro pensiero o il nostro comportamento dipende anche a causa sua. Se non volessimo rivolgerci a quella persona o a quella cosa, allora vuol dire che non fa parte di noi, e che soprattutto non ci rappresenta. Tutto questo però è effettivamente positivo? Da una parte si, in quanto in questa occasione si tende ad essere noi stessi e dunque si ha la capacità di conoscere meglio se stessi. Però tenendo conto che quella cosa o quel soggetto ci rappresenta, vuole dire anche che nel momento in cui si avranno dei punti di vista differenti bisognerà anche accettarli e confrontarli. La religione, la famiglia o un amico ci aiutano tutti i giorni nella nostra crescita personale; se si commette uno sbaglio allora ci aiutano a rialzarci, se siamo tristi allora ci rivolgiamo a loro.  

 Ginevra Brugnola 4M