IL GRANDE ATTORE E POETA ANTONIO DE CURTIS

di Teresa Castaldelli, 3BCL

Non ho hobby, non vado a pescare e non raccolgo francobolli. In quanto a scrivere versi o canzoni quello non è un hobby, ma una necessità”

Il 15 aprile 2021 si è ricordato il cinquantaquattresimo anniversario della morte del grande attore Antonio de Curtis, conosciuto come Totò. 

Totò nacque a Napoli nel 1898. Benchè fosse di origini nobili, fu cresciuto dalla madre in povertà e concluse a fatica gli studi liceali. Si interessò fin da subito agli spettacoli di strada e al teatro dialettale napoletano e, grazie al suo innato talento comico, si cimentò in imitazioni di artisti già affermati. Dopo essersi trasferito a Roma, si esibì alla Sala Umberto I insieme agli artisti più importanti del teatro. Il successo cinematografico arrivò con I due orfanelli (1947) di Mario Mattoli. Presto Totò dimostrò di saper far esplodere la comicità del suo personaggio. Anche se si trasferì a Roma per esigenze artistiche, Totò rimase sempre profondamente legato alla sua città natia. Morì a Roma nel 1967 ma fu sepolto nella sua Napoli.

Oltre ad essere un attore simbolo del teatro comico italiano, Totò fu un grande poeta, anche se questa sua attività è meno conosciuta. Il suo libro più famoso, pubblicato nel 1964, è ‘A livella e contiene 26 poesie che aveva iniziato a scrivere a partire dagli anni Cinquanta. Le tematiche affrontate spaziano dalla vita alla morte, dall’amore alle ingiustizie sociali.

La poesia più conosciuta e forse quella che colpisce di più è ‘A livella, da cui prende il nome la raccolta. Scritta in napoletano, la poesia è ambientata il giorno del 2 novembre (festa dei morti) in un cimitero, dove un malcapitato rimane chiuso dentro e assiste ad un fatto surreale: due ombre discutono tra loro. Le due ombre appartengono ad un marchese e a un netturbino che, per caso, si sono trovati seppelliti vicini. Il marchese inizIa la discussione lamentandosi, con fare altezzoso, del fatto che lui, nobile, fosse stato seppellito vicino alla salma maleodorante di un netturbino. <<Come avete osato di farvi seppellir, per mia vergogna, accanto a me che son blasonato?>>. Il netturbino lascia parlare per un po’ il borioso nobile, poi lo interrompe  affermando che con l’arrivo della morte, indipendentemente dal ceto sociale a cui si apparteneva in vita, diventiamo tutti ugUali grazie all’azione della livella-morte << ‘A morte ‘o ssaje ched’è?… è una livella>>. Sono solo i vivi che fanno questa pagliacciata di dividersi in classi sociali. <<Sti ppagliacciate ‘e ffanno sulo ‘e vive: nuje simmo serie…appartenimmo a morte!>>.

Con questa frase molto concisa De Curtis conclude la poesia. Una poesia semplice ma ricca di significato: la morte, come una livella, elimina ogni disuguaglianza esistente tra i vivi e annulla ogni ceto sociale. Di fronte alla morte siamo tutti uguali. 

                                                                                                                

Sitografia e Bibliografia: