Ritratto di Ruth Bader Ginsburg

Qualche anno fa, un’amica di famiglia regalò a me e mia sorella ‘Favole della buona notte per bambine ribelli’, un libro che racconta storie di donne che si erano realizzate in campi generalmente riservate agli uomini. Anche se i racconti erano scritti in modo a volte un po’ banale e personaggi complessissimi (tipo Nina Simone) raccontati in una paginetta e mezza a carattere 16, l’intento delle due autrici italiane – quello di ispirare le ragazzine attraverso storie di donne che ce l’avevano fatta malgrado tutto, era sicuramente degno di nota ed anche in linea con un argomento di cui si parla molto e che ora è in cima all’agenda del Recovery Fund: la parità di genere. Devo ammettere che nessuno di quei ritratti mi aveva colpita e sono dovuti passare anni prima di conoscere una figura che davvero trovo notevole e di ispirazione. Ed è quella di Ruth Bader Ginsburg 

La vita della Ginsburg somiglia proprio al ‘viaggio dell’eroe’, che è il frame, cioè il modello, su cui vengono da sempre scritte le storie. Essa è stata dall’inizio alla fine un susseguirsi di ostacoli e vittorie. Nata nel 1933 si appassiona al diritto, campo in cui all’epoca operano solo 2 donne per 100 uomini. Si diploma il giorno in cui la mamma muore di cancro.  Accettata ad Harvard, deve lasciare la facoltà e trasferirsi alla Columbia per seguire e sostenere il marito che si è ammalato, pure lui, di cancro. Frequenta anche i corsi di lui, prende gli appunti per due mentre contemporaneamente tira su la bimba che avevano avuto. Si laurea brillantemente ma nessuno la vuole assumere e così va a fare pratica come volontaria in una istituzione che difende i diritti delle donne. Per tutta la vita è stata afflitta da vari malanni: dal cancro, alle rotture di ossa passando per problemi al cuore (malgrado ciò è morta l’anno scorso ad 87 anni, ufficialmente di cancro e non di vecchiaia). Andava a lavoro mentre sosteneva la chemio e la radioterapia, tutto senza mai saltare un’udienza. RBG, come la chiamavano i media americani, era diventata un personaggio pubblico e teneva conferenze davanti a migliaia di persone ma la sua importanza sta altrove, cioè in quello che ha fatto per tutte le donne nel cammino per il raggiungimento della parità di genere.  

Ruth Bader Ginsburg ha svolto un’opera enorme su questa strada. Lo ha fatto agendo sulle strutture di potere con l’unico mezzo possibile: il riconoscimento legislativo. Anziché rassegnarsi alla discriminazione a cui per prima era stata soggetta in quanto donna e in quanto ebrea, la studiò a fondo e nel 1971 scrisse la memoria difensiva del caso Reed contro Reed: per la prima volta nella storia, la Corte Suprema americana applicò la Clausola di Pari Protezione del Quattordicesimo Emendamento per eliminare una legge che discriminava le donne. 

Come volontaria ebbe modo di patrocinare 300 cause di discriminazione, di cui 6 davanti alla corte suprema. Nel 1980 il Presidente Carter la nominò giudice della Corte d’appello e nel 1993 arriva, con l’amministrazione Clinton, alla Corte Suprema. 

R.B.G Non era né di destra né di sinistra ma, come sosteneva, ‘camminava nel centro’. Sostenne Hillary Clinton alle elezioni del 2016 e magari neanche le piaceva ma sapeva che una donna al potere massimo avrebbe sicuramente permesso di incidere sulle strutture di potere per eliminare gli ostacoli che impediscono il raggiungimento della parità di genere in ogni campo. 

Ruth Baden Ginsburg era una donna dalle capacità umane e professionali eccezionali ed è arrivata molto in alto nel suo lavoro. A quel punto avrebbe potuto chiudersi in un mondo di privilegi come molto spesso capita. Invece ha continuato a lottare per tutte, per rimuovere questi ostacoli che rendono l’accesso delle donne alle pari opportunità così difficili. 

Yassmin Al Cham Abbas 4N