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L’ETERNO SCHIAVISMO DEL LAVORATORE: da “Tempi moderni” ai tempi modernissimi del food delivery

Era il 1934. Il mondo, ignaro, tentava di risollevarsi da quella sfortunata serie di avvenimenti, cominciati con “La Grande Depressione”. Il sapore della “Belle Epoque” mescolato a quello del sangue della Grande Guerra.

Ciò che la mente di ogni cittadino vedeva come tragico, veniva interpretato da Charlie Chaplin come semplice sfondo di qualcosa in fase di progettazione: “Tempi moderni”. Un film geniale, una storia che con il sorriso sulle labbra racconta del logoramento del lavoratore, schiavo dell’industria. Quello che una volta era un uomo, di nome Charlot, diviene prima animale e poi oggetto. Una reificazione che trasforma cieco e testardo ottimismo in esaurimento nervoso. Un’opera indiscussa, capace di affermare la cruda comicità del male. Il ricordo di un cinema, purtroppo sempre più sopito, che nasce dalla necessità prepotente di trasmettere un messaggio.

“Tempi moderni”. Un titolo difficile da comprendere all’inizio. Quando l’industria era fonte di salvezza per un mondo a rotoli. Un titolo pertinente quando la salvatrice diveniva un’aspra realtà con cui convivere. Un titolo perfetto attualmente, quando si sentono le ossa di milioni di esseri umani scricchiolare sbriciolate dalla ruota dell’economia. Una profezia che mette in guardia l’uomo sul significato di moderno. Sull’innovazione, che ha sempre un prezzo altissimo da pagare. Troppo spesso pagato da chi non ha nulla, neppure il titolo di uomo.

Così in tempi modernissimi, come quelli attuali, si sviluppa l’ennesima forma di schiavismo: quella che riduce degli onesti lavoratori, i cosiddetti “Rider” a poco più di un ammasso di carne su una bicicletta. Chi resiste a intemperie e soprusi con la consapevolezza che rifiutare quelle condizioni disumane, significa essere sostituito in pochi secondi da qualcuno persino più disperato.

Fortunatamente una voce fuori dal coro, desiderosa di raccontare qualcosa, si attiva, proprio come fece Charlie Chaplin: Tiziana Siciliano. Intervistando oltre 1000 “rider” illumina una questione tenuta troppo a lungo nel buio. La prima indimenticabile vittoria. La Procura di Milano condanna Deliveroo, Just Eat, Glovo e Uber Eats a pagare sanzioni che ammontano a 733 milioni e a regolarizzare oltre 60 000 dipendenti.

La morale: anche nel paesaggio più desolante si può (e si deve) accendere una luce. Ciò che probabilmente Charlie Chaplin tentava di comunicare estrapolando dalle disgrazie di Charlot pura comicità.

Un elogio alla cultura e un invito a fare luce su ciò che è scomodo o temibile, perché per affrontarlo è necessario conoscerlo.

Matilde Procopio