Lettera dal futuro_B.S.C.

Se dovessi attribuire al 2020 una parola, a vent’anni di distanza, direi: inaspettato.

Inaspettato perché nessuno avrebbe mai immaginato che quell’anno sarebbe passato nell’anormalità totale.

Un puntino nero in mezzo al bianco.

Un puntino nero che per quanto fosse piccolino, creò un caos in tutto il mondo.

A fine Novembre del 2019, si era sentito parlare di un virus diffuso in tutta la Cina: il corona virus o Covid-19.

Mi ricordo che non gli diedi molta importanza e vivevo la mia vita nella normalità, come una ragazza di sedici anni doveva fare.

“Non importa, sarà un virus come gli altri” mi ripetevo. Sbagliavo. Sbagliavo di grosso. Non era un virus come gli altri, ma qualcosa di peggiore.

In poco tempo, il virus si diffuse in tutto il mondo creando una pandemia globale, e causando molte morti in men che non si dica. Un minuscolo ed invisibile virus ai nostri occhi, riuscì ad uccidere decine di migliaia di persone.

L’Italia fu messa in quarantena: era uno dei paesi più contagiati oltre alla Cina e agli USA.

Fu tutto così surreale per me. La mia vita con quella di altre sette miliardi era stata capovolta, completamente.

Mi sentivo in un limbo: era come se avessi chiuso gli occhi per due secondi lasciando il mondo nella normalità che c’era, averli riaperti e di punto in bianco essere circondata dal caos e dal silenzio allo stesso tempo.

I medici che cercavano ogni giorno di salvare delle vite, seppur tra troppe morti, la gente che non circolava liberamente e che si trovò rinchiusa tra quattro mura da soli o con la propria famiglia. Eravamo tutti come topi in gabbia, fermi senza poter far niente e troppo increduli per dire una sola parola.

Fu così veloce che non mi accorsi di niente, come quando tutti attorno a te corrono veloci mentre tu stai ferma, immobile a cercare di capire cosa sta succedendo.

Durante la quarantena feci, come tutti gli studenti del paese, le video lezioni online cioè le lezioni da casa.

“Fate come se foste a scuola” così ci dicevano i professori.

Ma sapevo in cuor mio, come lo sapevano tutti, che questa frase era completamente una bugia, una menzogna.

Non eravamo a scuola, non sentivo i miei compagni sussurrare mentre l’insegnante spiegava o parlare tra il cambio di una lezione ed un’altra ma solo silenzio, non ero accerchiata da banchi e da un’aula, ma da una stanzetta e un computer acceso.

Non ero in mezzo alle persone, ma ero sola, davanti alla mia scrivania.

Gli occhi che bruciavano a causa del tempo passato davanti allo schermo e la stanchezza improvvisa mi travolsero come un treno.

Tutto era fermo: le strade vuote, le persone assenti, le città deserte, tutto era fermo come se un blackout avesse colpito tutto il mondo lasciando il 2020 nel buio più totale possibile.

“Andrà bene” questa frase era stata il motto di quell’anno, mi ricordo ancora che vedevo video sui social di gente che urlava dai balconi o dalle finestre speranzosa che tutto quello che viveva il mondo finisse una volta per tutte.

Anch’io desideravo che il corona virus potesse andare via, che cancellasse le sue tracce e ci facesse ritornare alla normalità. Alla vita di prima.

Volevo ritornare alla normalità, ad abbracciare i miei amici senza che qualcuno me lo impedisse ,a passeggiare senza la mascherina in faccia, a vivere e a godermi la libertà che mi spettava.

Il 2020 mi tagliò le ali, mi impedì di spiccare il volo ma allo stesso tempo riuscì ad aprirmi gli occhi su molti aspetti e a disciplinarmi. “Dal dolore si impara e si cresce” si diceva.

Infatti, capii che la mia vita era piena di cose: riuscii ad apprezzare ancor di più i piccoli gesti che miei amici o la mia famiglia facevano per me come augurarmi una semplice buona giornata o le loro preoccupazioni nei miei confronti perché attraverso quelle piccole e quasi invisibili attenzioni riuscivano a colmare un vuoto dentro di me.

Capii pure che la vita era temporanea e che deve essere vissuta per quel che è. Non importa quanta cattiveria ti butta addosso, è necessario saltare gli ostacoli che ti mette davanti ed imparare a stare in piedi, essere forti ed essere sempre positivi.

Scrivo questa lettera per me sedicenne che si era ritrovata con altre sette miliardi di persone in mezzo a una pandemia globale e diverse difficoltà oltre ad essa, per dirle che seppur il 2020 fu un anno pieno di dolore per tutti, è stata forte nella sua insicurezza, nella paura di perdere qualcuno a lei caro a causa del virus, nella sua piccola speranza che tutto sarebbe finito e nell’ aver superato tutti gli ostacoli che il 2020 le aveva messo davanti e ricordarle sempre ed a altre persone che pure nel buio, c’è sempre quello spiraglio di luce, che seppur piccolo e quasi impercettibile può illuminare una stanza intera.

B.S.C.