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A piccolo passi – Camminando tra le strade e le contrade Parte 2

Anche il bordo imperfetto, sbriciolato o levigato di un marciapiede può catturare la nostra attenzione e condurci in una passeggiata senza tempo in cui la percezione che abbiamo delle cose e di noi stessi si perde in fantasticherie estemporanee, tra vecchine che parlano facendo capolino tra i panni stesi e panorami mozzafiato in cui perdersi ricordando il passato o immaginando il futuro. Si può passeggiare camminando o stando seduti a una panchina.

 

Ho un’ora di tempo libero, per me.

É il pomeriggio del Giovedì Santo ed i miei genitori devono tornare a Vasto per lavoro. Colgo così l’occasione per uscire e andare in piazza, lasciando i miei problemi, le mie preoccupazioni e le mie paranoie tra le mura opache di casa che chiamo prigione da circa un  anno.

Le litigate e i battibecchi hanno riempito le nostre tristi giornate con un nervosismo generale che ci ha paralizzati per mesi. Per non parlare della didattica a distanza. Ogni   mattina è stata una lotta: ho altri tre fratelli che devono collegarsi e tra problemi di rete e mancanza di dispositivi elettronici ne abbiamo passate e ne passiamo ancora di tutti i colori. Ho  sempre detto, sorridendo, che se avessimo pagato un camera man per registrare le nostre disavventure, saremmo diventati virali in TV!

Durante il tragitto osservo i dintorni con la faccia appoggiata al finestrino: le strade mi sembrano nuove, incontro sempre più dettagli come un semaforo, un palazzo vecchio e rovinato o una semplice imperfezione del marciapiede. É come se i miei occhi guardassero con nuovi occhi quella che per me era una strada insignificante. Anche dettagli trascurabili assumono nuovi significati, hanno una veste nuova.

Scendo dalla macchina.

Non c’è molta gente, credo per il caldo, ma io non ci faccio caso. Osservo la statua di Gabriele Rossetti, in silenzio, come se fosse la prima volta.

Il mio piano è fare su e giù per il piccolo ma caratteristico centro storico tre o quattro volte, cercando di ricordare più cose possibile.

Stranamente non ho nessun pensiero che mi tormenta: non penso ai compiti delle vacanze, non penso alle molte interrogazioni che mi aspettano, non penso ai miei voti che sono calati negli ultimi mesi e non penso neanche agli altri due mesi di scuola che mi aspettano.

Non penso a niente e sono felice.

Mentre cammino iniziano a riaffiorare i ricordi, le immagini e le serate  trascorse fino a tardi con gli amici e capisco quanto sia stato fortunato. Negli ultimi mesi esco solo il sabato e torno a casa senza lamentarmi verso le nove e mezza, mentre un anno fa tornavo a casa a mezzanotte e mi offendevo se dovevo tornare prima. Questo mi fa riflettere: credo che adotterò comportamenti diversi da qui in avanti; avrò più pazienza e saprò apprezzare      molto di più le piccole cose.

Mentre rifletto su questo, senza rendermene conto, mi ritrovo in un vicolo che non avevo mai visto.

Il vicolo è stretto, rovinato e buio ma vedo la luce del sole in fondo  alla stradina e continuo a camminare. Sbuco in una piazzetta segreta, tra gli antichi palazzi del borgo, con vasi di fiori, ornamenti sul pavimento e panni appesi dal balcone. Sorrido e penso che le vecchiette che ci abitano possono spettegolare quanto vogliono senza essere disturbate. Sono contento di aver trovato questo nuovo posto, è come se mi sentissi di nuovo in sintonia con la mia città.

Torno nelle vie principali, colpito di nuovo dai raggi del sole diretti, non filtrati, sento di aver voglia di una bella bibita fredda e gassata; mi dirigo verso il distributore automatico, prendo la Coca Cola e poi dritto, verso il Belvedere. Mi siedo su una panchina e guardo Vasto Marina, gli scogli e i trabocchi; e ripenso all’estate, ai tuffi e alle serate in compagnia. Con questi bei ricordi finisco la lattina.

Senza essermene accorto è passata un’ora e mezza. Chissà i miei che fine avranno fatto, ma forse poco me ne importa. Mentre li aspetto seduto a una panchina mi tornano alla mente per brevi flash immagini di un tempo passato ormai per sempre.

Mi figuro le persone, i luoghi che verranno, le passeggiate che farò.

I miei accostano, mi prelevano. Salgo in macchina per tornare a casa, testa di nuovo al finestrino. Marciapiedi, palazzo corroso dal tempo, semaforo. Mi suona già tutto più familiare, mi piace.

 

                                                                                            di Davide Di Falco