Il catcalling

Ultimamente si sente parlare con insistenza di catcalling, un termine preso in prestito dall’inglese americano che indica un fenomeno a cui ogni donna è stata soggetta almeno una volta nella vita: i fischi, gli schiamazzi e i commenti sessisti da parte di uomini mentre si passeggia o si fa jogging. Il significato di catcalling è proprio questo: si tratta delle molestie verbali in strada da parte di estranei, spesso accompagnate da gesti e strombazzi con il clacson. Nonostante la diffusione del fenomeno, nessuna legge in Italia ne disciplina gli aspetti sanzionatori mentre in alcuni Paesi il catcalling è reato da diversi anni.

Catcalling, di origine inglese, nasce dalla fusione delle parole “cat” (gatto) e “calling” (chiamare) e non è altro che il malcostume di rivolgere apprezzamenti e molestie per strada a donne e ragazze a passeggio.

L’ Accademia della Crusca ha riconosciuto il termine nel 2013 poiché è entrato a far parte del linguaggio comune fino a diventare una battaglia per l’ emancipazione femminile.

Con la parola catcalling si indicano una serie di comportamenti sgradevoli generalmente indirizzati alle donne da parte di uomini sconosciuti. Si può trattare di fischi, strombazzamenti con il clacson, gestacci, commenti e battute a sfondo sessuale, inseguimenti e offese riguardo all’aspetto fisico.

Anche se, come abbiamo detto, il catcalling è rivolto soprattutto verso le donne, può riguardare anche persone appartenenti a minoranze etniche, disabili, omosessuali o transessuali.

Ad oggi nessuna norma italiana prevede che il catcalling sia un reato. Tuttavia è in corso un acceso dibattito tra chi ritiene che possa assumere rilevanza penale e chi no. Senza dubbio si tratta di un cattivo costume, indesiderato e spesso offensivo.

Dall’altro lato c’è chi sostiene che questo genere di apprezzamenti non siano affatto “molesti” ma che, al contrario, si traducano in complimenti “innocenti”. Ma reato o no la verità è che manifestano una cultura sessista, arretrata e patriarcale.

Emanuele Carubini