GRECO E LATINO: LINGUE MORTE O IMMORTALI?

Perché studiare le lingue classiche non è inutile

“A che serve studiare lingue “morte” che non si parlano più? Meglio imparare l’inglese, il killer english, che è attualmente la lingua veicolare per eccellenza.” Sono queste le espressioni più comuni che ricorrono quando ci si riferisce al greco e al latino.

E’ vero: gli antichi Greci e i Latini non ci sono più, le agorà e i fori dove le persone si radunavano nelle assemblee, nei mercati o nelle piazze non esistono da millenni, le lingue con le quali essi comunicavano, di conseguenza, sono “morte” con loro e sopravvivono cristallizzate soltanto nei testi scritti conservati negli archivi e nelle biblioteche.

Alla luce di una riflessione più profonda, però, tali considerazioni, sebbene molto diffuse,  possono apparire un po’ superficiali poiché relegano in modo discutibile le cosiddette lingue classiche nella categoria dell’inutile: siamo proprio certi della fondatezza di queste tesi ? In primis – e tale espressione non è casuale – la morte del greco e del latino è stata soltanto parziale e apparente: basti pensare che il latino sopravvive nelle lingue romanze che da esso sono derivate come l’italiano, lo spagnolo, il portoghese, e che addirittura anche l’inglese, pur avendo origini germaniche, presenta per il 70% del proprio lessico termini di origine variamente latina. E’ stato calcolato, inoltre, che il 90% delle mille parole che bisogna conoscere per accedere ad una facoltà universitaria nei paesi di lingua inglese è di origine latina.

In secundis, il greco permea la nostra quotidianità in quanto è una delle fonti più importanti da cui attinge la lingua italiana, soprattutto – udite udite – in campo tecnico-scientifico: si stima, infatti, che migliaia di parole del nostro idioma derivano dal greco e questo ci soccorre quotidianamente nel comprendere il significato di parole altrimenti incomprensibili. Un esempio: entrate in un ospedale e provate a trovare un reparto il cui nome non derivi dal greco (ortopedia, cardiologia, ginecologia, nefrologia…)!

E’ bene, quindi, essere più precisi: il greco e il latino non sono lingue “morte” ma “chiuse”. Ciò significa che sono lingue che possiamo conoscere solo attraverso un corpus di testi scritti, il che costituisce uno degli aspetti che ne rendono più prezioso e interessante lo studio. In che senso? Chiediamoci: perché i ragazzi dovrebbero studiare greco e latino? Proviamo a spiegarlo, operazione un po’ complessa se pensiamo di rivolgerci  a nativi digitali che hanno imparato ad utilizzare un cellulare prima di una penna.

La conoscenza della grammatica delle lingue classiche è il mezzo, non il fine, per dare senso e significato a pensieri, vicende, sentimenti che scaturiscono dalle culture dei popoli che le parlavano –culture dove affondano, non dimentichiamolo, le nostre radici- e per avvicinarli alla nostra sensibilità.

L’ eredità di cinque anni trascorsi a ripetere religiosamente paradigmi e declinazioni riguarda, però, non solo le conoscenze grammaticali,  ma anche l’impronta che lo studio di queste lingue antiche lascia indelebilmente nella mente e nell’italiano di coloro che le hanno studiate, caratterizzati –alle orecchie e agli occhi di molti-  da una certa “particolarità” nel modo di parlare e di scrivere e da un certo modo di vedere e di esprimere la realtà. A furia di tradurre testi in cui i concetti si oppongono logicamente (da un lato… dall’altro…) e di seguire il filo logico delle speculazioni dei dialoghi di Platone, è quantomeno difficile essere presi in giro da una falsa notizia –fake news, per essere” moderni” –, da un’opinione sui social o da un discorso contraddittorio di un politico. Inoltre, una notevole capacità linguistica, una buona dose di pensiero critico, l’abilità di argomentare in modo diverso dagli altri –tutte doti che si acquisiscono soprattutto tramite gli studi umanistici– vengono richiesti come abilità fondamentali anche da molti operatori economici. Siamo dunque sicuri che il greco e il latino siano lingue inutili?

In più, il loro studio, la soddisfazione e la frustrazione che ne derivano insegnano ai ragazzi a vivere meglio le gioie e i dolori dell’età adulta. Studiare le lingue classiche, proprio perché è difficile, rende la vita, se non più facile, sicuramente più decifrabile e quindi prepara ad affrontarla con maggiore consapevolezza. Ciò accade a prescindere che si scelga o meno di dimenticare il greco o il latino appena terminato il liceo: queste lingue resteranno sempre “dentro” e riemergeranno in circostanze e modalità inaspettate.

Per riprendere l’incipit di questo articolo, pertanto, bisogna chiedersi se la questione sia ben posta o meno: il greco e il latino, infatti, non sono lingue morte ma immortali! 

 

Di Ludovica Bottiglieri