Etna, il gigante gentile

La città di Catania è sempre stata inevitabilmente legata, sia per culto che per storia,  alla sua grande roccia. La grande roccia , che prende il nome di Etna è il vulcano attivo più grande d’Europa con i suoi 3343 m di altezza.

L’Etna , a causa della sue grandi dimensioni , è vista a volte come una grande gigante gentile , altre volte come un mostro infuocato enorme che se volesse potrebbe distruggere  tutto ciò che  gli si trova davanti.

Con l’avvento del nuovo anno , l’Etna ha avuto un notevole incremento di attività vulcanica superiore al sua media annuale. Il 16 febbraio l’Etna,infatti, ha emesso una colata lavica di grandi dimensioni , ma il fatto straordinario è che per 15 giorni queste emissioni di lava e gas si sono  verificate piuomeno costantemente.

Addirittura  sono state fotografate delle fontane di lava di altezza uguale a 500 metri.

In realtà, la storia dell’Etna è stata sempre stata caratterizzata da queste emissioni di lava , ma nel corso dei secoli l’enorme vulcano è stato protagonista di enormi eruzioni ,alcune delle quali molte violente ed esplosive.

I primi riferimenti storici all’attività eruttiva dell’Etna si trovano negli scritti di Tucidide e Diodoro Siculo e del poeta Pindaro; altri riferimenti sono per lo più mitologici. Secondo Diodoro Siculo, circa 3.000 anni fa, in seguito a una fase di attività violentemente esplosive (probabilmente sub-pliniane) dell’Etna, gli abitanti del tempo, i Sicani, si spostarono verso le parti occidentali dell’isola.

I primi studiosi a intuire che il vulcano fosse in realtà costituito da un grande numero di strutture più piccole e variamente sovrapposte o affiancate furono il Lyell, Sartorius von Waltershausen e il Gemmellaro; questi riconobbero nell’Etna almeno due principali coni eruttivi, il più recente Mongibello e il più antico Trifoglietto (nell’area della Valle del Bove).. Tale impostazione non venne rivista fino agli anni sessanta quando il belga J.Klerkx (sotto la guida di Alfred Rittmann) individuò nella predetta valle una successione di altri prodotti eruttivi precedenti al Mongibello. Studi successivi hanno rivelato una maggiore complessità della struttura che risulta costituita da numerosissimi centri eruttivi con caratteristiche tipologiche del tutto differenti.

L’attività maggioritaria in tempi storici è stata connessa a quella del sistema centrale, che in tempi più recenti ha interessato altre nuove bocche sommitali: il Cratere di Nord-Est, formatosi nel 1911, la Voragine nata all’interno del Cratere centrale nel 1945 e la Bocca Nuova originatasi sempre al suo interno, nel 1968.

Nel 1971 si è formato il nuovo Cratere di Sud-Est. Infine, nel 2007, è nato il Nuovo Cratere di Sud-Est che in seguito al intensa e frequente attività stromboliana e alle fontane di lava, tra il 2011 e il 2013 ha assunto dimensioni imponenti raggiungendo l’altezza dei crateri precedenti. L’Etna nel corso della sua lunga storia, è stata protagonista di numerosi eruzioni.

In genere le eruzioni dell’Etna pur fortemente distruttive delle cose, non lo sono per le persone se si eccettuano i casi fortuiti come quello di Bronte del 25 novembre del 1843 in cui a causa di una falda freatica la lava esplose colpendo una settantina di persone delle quali persero la vita almeno 36 o di palese imprudenza come nel 1979 quando un’improvvisa pioggia di massi uccise nove turisti, avventurarsi fino al cratere apparentemente spento, e ne ferì un’altra decina. Le fonti della memoria storica ricordano centinaia di eruzioni di cui alcune fortemente distruttive.

L’eruzione più lunga a memoria storica è quella del luglio 1614. Il fenomeno durò ben dieci anni ed emise oltre un miliardo di metri cubi di lava, coprendo 21 chilometri quadrati di superficie sul versante settentrionale del vulcano. Le colate ebbero origine a quota 2550 e presentarono la caratteristica particolare di ingrottarsi ed emergere poi molto più a valle fino alla quota di 975 m s.l.m., al di sopra comunque dei centri abitati. Lo svuotamento dei condotti di ingrottamento originò tutta una serie di grotte laviche, visitabili, come la Grotta del Gelo e la Grotta dei Lamponi.

Nel 1669 avvenne l’eruzione più conosciuta e distruttiva, che raggiunse e superò, dal lato occidentale, la città di Catania; ne distrusse la parte esterna fino alle mura, circondando il Castello Ursino e superandolo creò oltre un chilometro di nuova terraferma. L’eruzione fu annunciata da un fortissimo boato e da un terremoto che distrusse il paese di Nicolosi e danneggiò Trecastagni, Pedara, Mascalucia e Gravina. Poi si aprì un’enorme fenditura a partire dalla zona sommitale e, sopra Nicolosi, si iniziò l’emissione di un’enorme quantità di lava. Il gigantesco fronte lavico avanzò inesorabilmente seppellendo Malpasso, Mompilieri, Camporotondo, San Pietro Clarenza, San Giovanni Galermo e Misterbianco oltre a villaggi minori dirigendosi verso il mare. Si formarono i due coni piroclastici che sono denominati Monti Rossi, a Nord di Nicolosi. L’eruzione durò 122 giorni ed emise un volume di lava di circa 950 milioni di metri cubi.

Nel 1892 un’altra eruzione portò alla formazione, a circa 1800 m di quota, del complesso dei Monti Silvestri.

Nel 1928, ai primi di novembre, ebbe inizio l’eruzione più distruttiva del XX secolo. Essa portò, in pochi giorni, alla distruzione della cittadina di Mascali. La colata fuoriuscì da diverse bocche laterali sul versante orientale del vulcano e minacciò anche Sant’Alfio e Nunziata.

L’eruzione del 5 aprile del 1971 ebbe inizio a quota 3050 da una voragine dalla quale l’emissione di prodotti piroclastici formò il cono sub-terminale di Sud-est. Vennero distrutti l’Osservatorio Vulcanologico e la funivia dell’Etna. Ai primi di maggio si aprì una lunga fenditura a quota 1800 m s.l.m. che raggiunse Fornazzo e minacciò Milo. La lava emessa fu di 75 milioni di metri cubi.

L’eruzione del 1981 ebbe inizio il 17 marzo e si rivelò abbastanza minacciosa: in appena poche ore si aprirono fenditure da quota 2550 via via fino a 1140. Le lave emesse, molto fluide, raggiunsero e tagliarono la Ferrovia Circumetnea; un braccio si arrestò appena 200 metri prima di Randazzo. Il fronte lavico tagliò la strada provinciale e la Ferrovia Taormina-Alcantara-Randazzo delle Ferrovie dello Stato, proseguendo fino alle sponde del fiume Alcantara. Si temette la distruzione della pittoresca e fertile vallata, ma la furia del vulcano si arrestò alla quota di 600 m.

Il 1983 è da ricordare oltre che per la durata dell’eruzione, 131 giorni, con 100 milioni di metri cubi di lava emessi (che distrussero impianti sciistici, ristoranti, altre attività turistiche, nuovamente la funivia dell’Etna e lunghi tratti della S.P. 92), anche per il primo tentativo al mondo di deviazione per mezzo di esplosivo della colata lavica. L’eruzione si presentava abbastanza imprevedibile, con numerosi ingrottamenti ed emersioni di lava fluida a valle, che fecero temere per i centri abitati di Ragalna, Belpasso e Nicolosi. Pur tra molte polemiche, e divergenze tra gli studiosi, vennero praticati, con notevole difficoltà, date le altissime temperature che arrivavano a rovinare le punte da foratura, decine e decine di fornelli per consentire agli artificieri di immettere le cariche esplosive. La colata venne parzialmente deviata; l’eruzione ebbe comunque termine di lì a poco.

Il 14 dicembre del 1991 ebbe inizio la più lunga eruzione del XX secolo (durata 473 giorni), con l’apertura di una frattura eruttiva alla base del cratere di Sud-est, alle quote da 3100 m a 2400 m s.l.m. in direzione della Valle del Bove. L’esteso campo lavico ricoprì la zona detta del Trifoglietto e si diresse verso il Salto della Giumenta, che superò il 25 dicembre 1991 dirigendosi verso la Val Calanna. La situazione fu giudicata pericolosa per il comune di Zafferana Etnea e venne messa in opera una strategia di contenimento concertata tra la Protezione civile e il Genio dell’Esercito. In venti giorni venne eretto un argine di venti metri d’altezza che, per due mesi, resse alla spinta del fronte lavico. La tecnica fu quella dell’erezione di barriere in terra per mezzo di lavoro ininterrotto di grandi ruspe ed escavatori a cucchiaio.

Questa tecnica in seguito si rivelerà efficace nel tentativo di salvataggio del rifugio Sapienza e della stazione turistica di Etna Sud nel corso dell’eruzione 2001, e sarà oggetto di studio da parte di équipe internazionali, tra cui esperti giapponesi. Tutto si rivelò efficace nel rallentare il flusso lavico guadagnando tempo ma ancora una volta non risolutivo in caso di persistenza dell’evento eruttivo. Furono chiamati gli incursori della Marina che operarono nel canale principale, a quota 2200 m, con cariche esplosive al plastico (C4) e speciali cariche esplosive cave per deviare il flusso di lava nel canale d’invito e inviarla così nella valle del Bove, riportando la posizione del fronte lavico a quella di circa sei mesi prima. L’operazione riuscì perfettamente, utilizzando una carica di C4 pari a 7 tonnellate e 30 cariche cave; il tutto, fatto esplodere in rapidissima successione, fece crollare il diaframma che separava il magma dal canale d’invito. Successivamente venne ostruito con grandi macigni di pietra lavica il canale principale che scendeva pericolosamente verso Zafferana Etnea.Questa è dunque l’Etna, una meraviglia che il mondo ci invidia e  che guarda sempre con un grande timore e rispetto.

Francesco Bonarrigo, III B