LO SCIENZIATO, IL PIÙ UMANO TRA GLI UOMINI

di Giulio Sgrò, 3ACL

Non so come io appaia al mondo, ma per quel che mi riguarda, mi sembra d’essere stato soltanto come un fanciullo sulla spiaggia che si diverte nel trovare qua e là una pietra più liscia delle altre o una conchiglia più graziosa, mentre il grande oceano della verità giace del tutto inesplorato davanti a me.”

Isaac Newton – Philosophiae naturalis principia matematica

Credo che questa bellissima citazione di Newton sia una delle migliori metafore che descrivono la figura dello scienziato. Con poche parole, il genio inglese rende molto bene l’idea della vastità della conoscenza e al tempo stesso la piccolezza dell’uomo che si accinge a tentare di scoprirla, sottintendendo contemporaneamente la sua limitatezza poiché, per quanto si possa sforzare, non riuscirà mai ad esplorare il “grande oceano”.

Proprio come un bambino, infatti, è troppo limitato nel corpo per poter intraprendere una ricerca completa della verità e del sapere, dato che non ha la forza necessaria per avventurarsi alla scoperta dell’ignoto; è troppo limitato anche nella mente, dato che non potrebbe mai immagazzinare tutto il “mare” di informazioni che scoprirebbe; ed è troppo limitato nello spirito, in quanto, pur avendo davanti un oceano da esplorare, si limita a cercare “una pietra più liscia” o “una conchiglia più graziosa”, ignorando totalmente tutto il resto perché alla vista appare molto più complicato e indecifrabile.

Un altro significato che potrebbe essere ravvisato in questa frase richiama la caducità della vita umana. Con le parole “mi sembra di essere stato soltanto come un fanciullo” Newton pare voler dire che per mancanza di tempo l’uomo non riesce ad evolversi, rimanendo invece sempre costretto e quindi limitato in una forma, quella del bambino appunto, che non permette di esprimere appieno le proprie potenzialità e di poter andare così alla scoperta di ciò che è ancora ignoto. Perciò sembra quasi emergere un senso di fallimento e di rassegnazione, un’ammissione dei propri limiti in quanto uomo e della pochezza del lavoro svolto, il quale, sempre usando il parallelismo scienziato/bambino, potrebbe sembrare tanto agli occhi del fanciullo (si pensi alla gioia e alla soddisfazione di quando, da bambini, si guardavano i frutti del proprio lavoro dopo una lunga giornata in spiaggia alla ricerca di sassi e conchiglie) ma, se osservato da un altro punto di vista più razionale ed esterno, apparirà quindi scarso e superficiale in confronto all’immensità dello scibile.

Al tempo stesso, però, lo scienziato è mosso da un’inesauribile curiosità che gli fa dimenticare i propri limiti e lo spinge sempre alla ricerca  della “pietra più liscia” o della “conchiglia più graziosa” e, testardo proprio come un bambino, continua imperterrito la propria attività senza mai fermarsi. Questa metafora potrebbe anche essere usata per descrivere il genere umano nella sua interezza: si pensi a tutte le sfide che in ogni epoca l’uomo ha affrontato e che affronterà in futuro, nonostante le difficoltà, i dolori e le fatiche, solo perché motivato dalla curiosità, senza essere spinto da necessità materiali. L’uomo, a differenza di tutti gli altri animali, è disposto ad andare alla scoperta dell’ignoto nonostante conosca i rischi che ne possono derivare e nonostante sappia che potrebbe non esserci sempre una ricompensa che lo ripaghi del lavoro. Lo scienziato è spesso proprio quel tipo di uomo, colui che si occupa di queste ricerche soltanto per amore della conoscenza, nonostante i rischi, le fatiche e i fallimenti.

La Storia è piena di uomini e donne che diedero la vita per questo ideale: da Socrate giustiziato per le sue idee troppo “rivoluzionarie” a Ipazia, la celebre matematica e astrologa del V secolo, uccisa dai Cristiani perché ritenuta una strega, a tutti i filosofi e gli scienziati uccisi dall’Inquisizione nel XVI e XVII secolo. Tutti loro andarono incontro alla propria sorte a testa alta, sostenendo le proprie idee fino alla morte, spinti da quella curiosità e quella “filosofia” (per utilizzare il significato originale del termine) che da sempre permettono all’essere umano e alle sue conoscenze di continuare a progredire, che hanno permesso di plasmare il mondo così come lo conosciamo.

Per questo motivo credo si possa affermare che lo scienziato è il più umano tra gli uomini, perché più di tutti incarna quello spirito, caratteristico della nostra specie, di non porsi limiti, affrontando a viso aperto l’oceano della verità  e continuando a cercare il sasso più liscio e la “conchiglia più bella”.