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Articolo 3 e uguaglianza di genere: un’intervista su punto situazione

Articolo 3 e uguaglianza di genere: un’intervista su punto situazione

Intervista a Maria Ottonello, studentessa in giurisprudenza, e Adriana Bottero, madre lavoratrice (laureata in giurisprudenza) di Sara Ambrosino 

Buongiorno, grazie ad entrambe per essere qui. Iniziamo con la prima domanda.   

Perché hai scelto giurisprudenza?

M: Ho scelto giurisprudenza perché non mi piacciono le ingiustizie, inizialmente non era questo il percorso che avevo scelto avendo conseguito un diploma di Maturità Linguistica, ma durante la mia carriera scolastica è avvenuto un fatto che mi ha fatto cambiare idea. Il mio professore di storia e filosofia aveva organizzato un incontro al Carlo Felice per ascoltare l’intervento del fratello di Paolo Borsellino, sottolineando come quest’ultimo abbia lottato per sradicare la mafia dalla sua terra, e in quel momento mi si è illuminato un mondo che mi ha fatto capire che la mia strada era: Giurisprudenza.

A: Ho finito il liceo classico e non avevo più voglia di continuare a studiare materie che trattavano il greco e il latino e, visto che mi interessava, però, conoscere le regole che stanno alla base del nostro vivere insieme scelsi giurisprudenza con l’obiettivo, forse di non fare l’avvocato, ma di provare la strada in magistratura.

In quanto donna, parlando di uguaglianza, così come citata nell’articolo 3 della Costituzione, potresti affermare di veder realizzato questo diritto?

M: Dipende come lo intendi, nel senso che gli articoli rimangono sulla carta e poi deve esserci qualcuno che sia in grado di metterli in pratica. Ad oggi vedo che si sta muovendo qualcosa, anche se c’è ancora parecchia strada da fare per raggiungere l’uguaglianza, di cui all’art. 3 della Costituzione. Secondo me il 2° comma è importante per rispondere alla domanda che tu mi hai fatto. Io mi sento rappresentata da questo articolo nel momento in cui la Repubblica, lo Stato italiano fa concretamente qualcosa per rimuovere gli ostacoli a questa uguaglianza, perché ce ne sono di ostacoli: in ambito lavorativo, sociale e famigliare.

A: Se, posso permettermi, innanzi tutto secondo me la Costituzione italiana è una delle più belle al mondo soprattutto per quanto riguarda la prima parte dove si parla dei principi fondamentali; ardentemente voluta dai nostri padri costituenti perché si veniva fuori da un regime che aveva eliminato le libertà dei cittadini e quindi nei principi fondamentali della prima parte della Costituzione si dichiarano quelli che sono le libertà fondamentali delle persone, degli uomini.  Per rispondere alla domanda che mi hai fatto, posso dire che come donna in Italia, a parola, le donne sono uguali agli uomini ma, secondo me ci vorrebbero meno feste, meno declamazioni del principio dell’uguaglianza e più fatti per eliminare le disuguaglianze non solo come donna; ciò vale anche per chi nasce in una famiglia che non ha grosse disponibilità economiche ciò limita l’uguaglianza. Gli ostacoli per le donne alla parità sono ancora enormi troppo si dice ma poco si fa. Può essere presentata come una vittoria il fatto che si dica la Presidentessa e non il Presidente; si guarda più alla forma, non interessa l’articolo usato ma la sostanza, che purtroppo manca in questo paese. Stessa cosa per l’istruzione, in alcune regioni ancora della nostra Italia, dove la situazione peggiore per quanto riguarda il lavoro viene vissuta dalla donna, la prima che perde il lavoro in fabbrica causata da una crisi è la donna. È una questione di cultura. Si inizia da piccoli con queste differenziazioni. 

Secondo te, in quanto donna, e quindi dovendo conciliare lavoro e famiglia, pensi che le prospettive lavorative siano di meno/più difficili per le donne rispetto agli uomini?

M: Sicuramente sì, quello che passa attraverso gli schermi e le esperienze anche di altre persone conoscenti, amiche, la donna in ogni campo di lavoro deve fare molta più fatica, anche quando fa lo stesso lavoro dell’uomo, per riuscire ad essere pagata allo stesso livello, lo stesso salario. Per quanto riguarda lavoro e famiglia secondo me è una questione di mentalità, ancora prima dello Stato devono esserci i singoli cittadini, è giusto che la donna deve avere gli stessi diritti dell’uomo, fino a quando si continuerà a pensare che le donne appartengono alla cucina, quindi solo alla famiglia e non possono accedere alle posizioni di dirigente in un ‘impresa questi ostacoli ci saranno sempre. Non bisogna credere che le donne non sono uguali agli uomini. Uomini e donne rientrano nella categoria dei cittadini con obblighi e diritti.

A: Io lavorando nella pubblica amministrazione ho potuto combaciare lavoro e famiglia tramite il part time per un certo periodo così da poter prendermi cura di mia figlia. Generalmente il part   time lo chiede la donna ma ultimamente anche qualche uomo lo richiede. Ci sono degli istituti, degli strumenti che la gente disciplina per aiutare le donne a lavorare e a prendersi cura della famiglia, ma secondo me c’è ancora tanto da fare, mancano gli asili aziendali e manca lo stato sociale. 

Tu cosa ne pensi del femminicidio? 

M: Un uomo che picchia una donna, dietro di sé, c ‘è qualcosa di più profondo, dietro di sé c’è una determinata educazione che l’ha portato ad essere violento. Nel campo della Costituzione, in quanto carta fondamentale che regola le singole situazioni in rapporto con lo Stato, lo Stato non deve solo varare leggi su leggi, deve fare di più ci deve essere chi applica le parole delle leggi. Questo si può fare con i Centri antiviolenza, deve cambiare la mentalità nei confronti delle donne che denunciano la violenza ma non viene creduta, si parte da un’educazione similare tra uomo e donna per arrivare a un livello più alto, ovvero allo Stato che ci deve essere non solo a livello legislativo ma anche a livello dei singoli territori, bisogna che le autorità amministrative si muovano con iniziative per aiutare le donne che si trovano in queste situazioni.

A: Al di là che sono cose terribili, non è tanto l’essere donna ma quanto essere umano e adulto. Non c’è rispetto della persona umana, viviamo in una società priva di valori, le persone vengono considerate come gli oggetti, e quindi come tali vengono considerate un possesso e, pertanto si usa la violenza per tenersele. La violenza passa attraverso la televisione e i canali social, attraverso quest’ultimi passa il messaggio che devi essere forte, devi essere potente, devi usare la violenza, quindi nessun rispetto per gli altri. Secondo me c’è una comunicazione sbagliata, la violenza subita da una donna viene messa di dominio pubblico per fare audience. C’è gente che parla senza sapere ciò che accade in una persona che ha subito violenza. È difficile andare a denunciare alla polizia perché spesso la vittima finisce per salire sul banco degli imputati, o perché portava la minigonna o perché aveva bevuto. Ora ci sono dei nuclei formati per aiutare le persone che hanno subito violenza a rilasciare la loro testimonianza, prima era più difficile. Ora nelle Forze Armate ci sono donne e uomini e spesso devi rendere testimonianza davanti a un gruppo di uomini.

Come ti rapporteresti ad una ragazza più grande o più piccola di te che si viene a trovare in questa situazione? Come ti comporteresti nel vedere una ragazza che subisce una violenza e non riesce a parlarne, non denuncia subito la violenza? Tu cosa ne pensi, questa mancata denuncia viene vista come una bugia o una debolezza della donna stessa? 

M: Secondo me troppe persone si permettono di giudicare le scelte di una persona- vittima e di bollarle come una bugia o perché non ha chiesto subito aiuto. Ma, chiedere aiuto non è così facile. La vittima- donna pensa sia colpa sua perché ha subito violenza, probabilmente per come era vestita, ad esempio. Le donne che non denunciano subito non sono vigliacche, esistono implicazioni in caso di violenza non solo fisiche, ma anche psicologiche. Non si chiede aiuto per paura di vedersi sbattere la porta in faccia, questo non va bene, deve cambiare l’attitudine nei confronti delle vittime, bisogna riconsiderarle tali, bisogna aiutarle. Secondo me, deve muoversi qualcosa a livello delle autorità competenti che hanno gli strumenti necessari per poter intervenire e, purtroppo non li usa.

A: Occorre da parte nostra un po’ di sana autocritica, la spinta eccessiva a mostrare il proprio corpo. Non si vieta a nessuno la possibilità di mettersi una minigonna o un vestito corto, ma è anche vero che passa il messaggio che bisogna sempre mettersi in mostra per piacere più agli altri che a sé stessi. E non va bene. Si torna al discorso della violenza, dello stupro, semplicemente per un’idea di possesso. L’importante è dare libero sfogo a qualsiasi cosa, la libertà in senso assoluto perché mancano i valori, i limiti, si utilizzano soltanto gli istinti che fanno parte del nostro essere umano e in quanto uomini abbiamo gli stessi istinti degli animali ma noi ci comportiamo peggio. 

Che consiglio daresti ad una ragazza, tenendo conto di tutto quello che abbiamo parlato?

M: Le direi di non abbandonarsi alla mentalità che hanno tutti, in generale in Italia, e di non abbandonarsi alla mentalità che gli altri vogliono che lei abbia, ovvero di arrendersi, che potrà fare solo una cosa nella vita, di dover scegliere tra famiglia e lavoro, al fatto che non ci sarà in futuro la speranza che le cose potranno cambiare in riferimento all’uguaglianza dei diritti. Per quanto riesce a farlo, di continuare a lottare per sé stessa e insegnare agli altri che tutti gli articoli della Costituzione non sono solo parole scritte su un pezzo di carta, ma devono avere una vita propria e che potranno averla nel momento in cui anche una singola persona li mette in pratica. Bisogna lavorare per cambiare, mettersi nella posizione di attuare ogni possibile cambiamento, e soprattutto di non accettare le ingiustizie.

A: Potrei dire alle ragazze, alle donne che devono svegliarsi, che se aspettate che gli altri vi aprano le porte dello studio, del lavoro non accadrà mai. Spesso siamo noi donne che ci diamo dei limiti, non ci sentiamo all’altezza. Tutto dipende da noi.

 

Sara Ambrosino 4c