• Home
  • Blog
  • Articoli
  • Criminale è il pregiudizio: i vantaggi della cannabis legale

Criminale è il pregiudizio: i vantaggi della cannabis legale

Di Jacopo Barberi 

Una cosa l’abbiamo capita: del covid 19 se ne parlerà ancora per molto, e anche quando non se ne parlerà
più, questo periodo rimarrà impresso nei nostri ricordi come uno dei più nefasti degli anni recenti.
Tuttavia spesso (e anche comprensibilmente) ci si concentra sugli aspetti che più sono lampanti nella loro
negatività, sorvolando tutte quelle sfumature che, sommandosi fra loro, hanno reso l’ultimo anno non solo
tragico per molti, ma anche decisamente confuso. Primo fra tutti, infatti, si deve considerare il tumulto
mediatico che ha sconvolto i mezzi di informazione: partendo dai giornali (troppo spesso in bilico sul filo del
sensazionalismo, preferendo l’appetibilità di una notizia all’utilità comune della sua condivisione), e
arrivando alla televisione, ai social networks e infine anche solo al sentito dire o alle conversazioni più
comuni. La parola “covid” si è presa un ruolo da protagonista nelle comunicazioni di qualsiasi tipo, e allo
stesso tempo si è macchiata di un carico di indefinitezza e opinabilità non adatto ad un argomento così
tanto scientifico, e così poco umano.
Nella nebbia generata dal virus, purtroppo, si sono perse tante storie e tanti avvenimenti bisognosi di
attenzione, e testimoni del fatto che il mondo va avanti, anche oltre alla pandemia, in tutte quelle
dinamiche che non hanno cessato di avere conseguenze sulla vita di molti.
Un esempio di esse è la storia di Walter De Benedetto: 49enne malato di artrite reumatoide, che pochi
giorni fa ha presenziato al tribunale di Arezzo sotto accusa di coltivazione di sostanza stupefacente, per
aver piantato nel suo giardino alcune piante di marijuana per scopi terapeutici e antidolorifici. La vicenda
che lo riguarda è sepolta sotto a una coltre di indifferenza generale, come quella di tanti altri malati
bisognosi di cannabis terapeutica, ad oggi ancora senza una chiara linea antiproibizionista da parte dello
stato che garantirebbe loro enormi vantaggi.
Si stima infatti che nel 2020 queste persone abbiano acquistato nelle farmacie oltre un milione di grammi di
questa sostanza solo in Italia, e, sempre solo nel nostro paese, che i consumatori di cannabis in generale
siano all’incirca 5/6 milioni di persone (quasi il 10 per cento della popolazione), e che la maggioranza di essi
si rivolga abitualmente alla criminalità organizzata.
E’ lampante quindi che la linea adottata dallo Stato riguardo a questa sostanza (resa illegale al pari di altre
sostanze psicoattive dal “Testo Unico” sugli stupefacenti del 1990) non stia dando i risultati sperati, a
differenza di quanto succede in altri paesi.
Negli Stati Uniti, ad esempio, recentemente si sta assistendo a una progressiva legalizzazione della
marijuana, stato dopo stato, che ora viene discussa anche a livello federale; è stato riscontrato che questo
tipo di politiche non hanno influenzato minimamente il tasso di incidenti stradali, depressione e uso di
questa sostanza fra i più giovani (i soggetti più a rischio); d’altra parte si sono creati ben 34 mila nuovi posti
di lavoro solo nel 2020, anno critico per il settore, e 68 mila nel 2018. A gennaio 2020 i posti di lavoro legati
all’industria della cannabis legale erano 243700, ma si stima che se tutti i 50 stati avessero legalizzato la
sostanza si avrebbe già facilmente superato il milione.
Ad oggi, quindi, la domanda che milioni di Italiani si pongono è perché una politica tanto vantaggiosa
(secondo statistiche oggettive, già riscontrate in altri paesi) non sia ancora stata attuata nel nostro paese.
In Italia infatti si formerebbe un mercato valido ben 11 miliardi di euro, secondo una proiezione basata sui
sequestri di marijuana illegale nel 2020, sulle indagini IPSAD (Italian Population Survey on Alcohol and other
Drugs: studio realizzato dal CNR ogni due anni sul tasso di consumo di stupefacenti in Italia), e su quelle
condotte nel progetto Aqua Drugs (una stima del consumo di droghe nella popolazione mediante l’analisi
delle acque reflue, supervisionato dal Dipartimento Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio dei
Ministri).

Riconosciuto ciò, per quanto ancora dovremo aspettare?
La risposta è tutt’altro che certa, e, purtroppo, anche tutt’altro che confortante.
Negli ultimi anni infatti pare che la questione della cannabis legale sia stata coperta e nascosta, se non dal
covid, dall’ignoranza comune e dalle forze politiche che ad oggi basano la propria propaganda sulla
diffusione di quest’ultima. Troppo spesso la questione è stata denigrata e sminuita da facili e false
affermazioni antiscientifiche quali “Ti brucia il cervello”, e troppo poco spesso (per l’ennesima volta) si è
dato ascolto all’oggettività di certi fatti, o quantomeno al buon senso di informarsi prima di sbandierare la
propria opinione come quella più valida. In questo modo i più, poco esposti a chi potrebbe informarli con
oggettività, vengono travolti da una serie di slogan sensazionalistici a cui è davvero troppo facile credere.
Walter, quindi, pur assolto dalla corte perché il fatto non sussiste, vede dei tempi in cui possa alleviare il
suo dolore senza sentirsi un criminale ancora troppo lontani, lui come tanti altri italiani e italiane vittime di
una legge oppressiva, basata esclusivamente sul pregiudizio.
E tutti loro, con il pensiero rivolto a un’Italia più consapevole, spingono affinché l’informazione prevarichi
sull’ignoranza, affinché il populismo soccomba di fronte al buon senso.
E, infine, affinché la legalizzazione trionfi sull’insensatezza del proibizionismo.