Ddl Zan: cosa dice il testo e perché è tanto discusso

Ti auguro un tumore, sei la rovina della famiglia, preferirei avere una figlia drogata che lesbica, se ti vedo ti ammazzo”.

Questi sono alcuni dei messaggi ricevuti da Malika Chalhy, inviatele da sua madre dopo che lei le aveva espresso il suo orientamento sessuale.

A inizio gennaio la ventiduenne Malika, originaria di Castelfiorentino, aveva deciso di raccontare con una lettera, alle persone a lei più care, l’amore che provava per una ragazza, dando finalmente forma ai suoi pensieri e alle sue emozioni.

La risposta della madre è arrivata dopo poco, attraverso una serie di note vocali: Malika è stata insultata, minacciata di morte e infine cacciata di casa.

I suoi genitori hanno cambiato la serratura di casa e da allora non le hanno più aperto la porta lasciandola completamente sola.

Nel tentativo disperato di ottenere almeno qualcosa da indossare, Malika si è presentata sotto casa scortata dalle forze dell’ordine ma, una volta bussato alla porta di casa, la mamma si è affacciata alla finestra esclamando davanti ai carabinieri “Io non conosco questa persona”.

Malika sostiene di aver sempre avuto un buon rapporto con la sua famiglia, in primis con la madre che si è sempre fatta in quattro per lei e proprio per questo motivo, racconta, non mi sarebbe mai aspettata una reazione simile.

La ragazza, dopo essersi sentita definire in mille modi, il 19 dello stesso mese li ha denunciati. “Non mi pento” dichiara. Sulla base della denuncia presentata dalla giovane la procura di Firenze ha aperto un fascicolo di indagine. Dal pubblico ministero sono stati delegati accertamenti ai carabinieri, concentrando le verifiche proprio sulle minacce pronunciate dalla mamma.

Marika rimane forte, continua a sostenere la sua liberta e dice “non vergognatevi per chi siete e per chi amate, non è un delitto l’amore”.

Di fronte a episodi come questo pesa ancora di più l’assenza di leggi che tutelano le vittime di crimini di odio omotransofobico.

Ultimamente si assiste a un forte dibattito sia mediatico che politico riguardo al ddl Zan, dal nome del suo primo firmatario, il deputato Alessandro Zan, che propone modifiche agli articoli 602-bis e 604-ter del codice penale con il fine di introdurre misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità non ancora condannabili. La legge è stata approvata dalla Camera a novembre 2020, è passata poi in commissione Giustizia al Senato dove è ferma da allora e dove si è autonominato relatore il senatore Andrea Ostellari, presidente leghista della Commissione, fortemente contrario alla proposta.

A favore del ddl Zan e contro Ostellari, accusato di tenere la legge chiusa in un cassetto con l’obiettivo di insabbiarla, si mobilita di nuovo la comunità di artisti, attori, cantanti e politici. Sui social, tutti ci mettono la faccia, ma soprattutto mostrano il palmo della mano con la scritta “ddl Zan”.

Le modifiche penali agli articoli sono l’obiettivo principale delle critiche: minaccerebbero, secondo chi non vuole il ddl, la libertà di opinione e sarebbero, tra l’altro, non necessarie perché i reati di omotransfobia rientrano già in un’aggravante comune del codice penale.

Attualmente, l’articolo 604-bis del codice penale punisce «chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico» e chi «istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi», Il ddl Zan aggiungerebbe ai motivi già previsti da questo articolo del codice la discriminazione fondata sul sesso, il genere, l’orientamento sessuale, l’identità di genere e la disabilità. Da qui il timore degli anti Zan che il fare una campagna contro l’equiparazione dei diritti delle coppie dello stesso sesso, rispetto ai diritti della cosiddetta famiglia tradizionale, possa diventare reato di discriminazione sessuale.

Il deputato Pd primo firmatario Alessandro Zan risponde a queste critiche dicendo: “Deve essere chiaro che nel ddl si parla di reato quando c’è istigazione all’odio e alla violenza, non quando c’è una libera espressione”. Per molti non è facile capire il confine. Aggiunge Zan: “La libertà di espressione e di opinione è tutelata dall’articolo 21 della Costituzione, ed è questo che deve guidare per capire che ci si può esprimere liberamente senza incorrere nel reato di omofobia”.

Dovrebbe quindi essere interiorizzato dalla società il fatto che la libertà di espressione non è il pretesto per deridere, discriminare o escludere chi si voglia senza essere perseguibile.

Quello che viene chiesto in questa legge non è il sacrificio di un’opinione, ma la tutela di chi, per quello che è, viene ogni giorno, sia in modo verbale che fisico, maltrattato e attaccato.

Veronica Bacciardi 4C