Arte di strada nei quartieri di Roma

Salve, oggi siamo qui per immergerci nel mondo dell’arte, in particolare dell’arte di strada; molte persone vedono l’arte di strada, i graffiti, come delle opere di danneggiamento, degli atti vandalici quando così non è affatto. A Roma ci sono moltissime opere, ogni quartiere ha le sue, chi più imponenti e chi più nascoste. Noi parleremo di quelle presenti nel quartiere Monte Mario, nella zona nord-ovest della città, più precisamente nel parco di quartiere Santa Maria della Pietà.

Il parco ha un passato unico, ci troviamo in un ex ospedale psichiatrico, diviso in padiglioni, ognuno dedicato ad un’attività, ma la cosa non veniva molto rispettata, i malati con patologie diverse si potevano
trovare nello stesso luogo senza alcuna cura per i danni che si potevano arrecare a vicenda, tutto dipendeva dal loro comportamento, i più tranquilli con i più tranquilli, i più incontrollabili con altri incontrollabili etc.
Nel centro vi erano persone con caratteristiche diverse, molte probabilmente non avevano neanche una reale malattia, ma al tempo si veniva rinchiusi anche solo per ideologie differenti da quelle comuni. I ricoverati venivano esclusi dalla società, gli veniva impedito di esprimere le loro reali “problematiche” suscitando in loro grandi attacchi d’ira. Al giorno d’oggi vicino il centro del parco in un ex padiglione di ricovero troviamo il “Museo della mente” un museo di psichiatria che racconta un po’ la storia del parco e di come lo vivevano i pazienti, le sensazioni che provavano, le allucinazioni che i medicinali gli causavano e com’erano le loro camere, in cui non si può accedere, si possono vedere soltanto dai piccoli spioncini delle porte, il che fa provare l’angoscia che sentivano i ricoverati a stare rinchiusi nelle piccole camere legati al letto con le cinghie a stringergli le giunture per evitare si muovessero.

All’esterno di questo padiglione sono stati fatti alcuni murales, tra questi è presente quello della foto qui affianco; Sono rappresentati una donna e un’uomo, in un momento di tranquillità, lui sfiora la mano di lei con un pennello, che probabilmente sta a simboleggiare il contatto fisico che era impossibile avere tra i pazienti, un abbraccio distante, un calore metaforico. Nei loro volti sono riflesse le emozioni che provavano, la frustrazione costante e forse anche un po’ la rassegnazione al fatto che le cose non potessero cambiare. Se si osserva bene l’immagine, in alto a sinistra possiamo notare un piccolo essere dalle sembianze umane, con una mano vicino la bocca, sembra stia sussurrando alla ragazza, come se quel piccolo esserino rappresentasse tutte le preoccupazioni che la circondano, le voci nella testa che la tormentano.
Nei pressi di altri padiglioni, nascoste tra gli alberi, troviamo immagini diverse, unite dallo stesso filo conduttore, le frustrazioni dei pazienti, le oscurità che riempivano i loro pensieri, dalle quali non riuscivano a liberarsi, cadevano su di loro come pioggia, come acqua di una semplice doccia capace di bagnarli completamente.
Addentrandoci ancora nel parco, ci sono opere più colorate, non più di ricordo ma di speranza, di sostegno.

I folli sono sempre stati classificati sbagliati, soltanto perché la pensano in modo diverso, ma questo è positivo, in fondo, pensateci, il mondo sarebbe davvero noioso se nessuno avesse idee diverse, non esisterebbe la creatività e senza creatività non esiste arte, e un mondo senza arte io lo trovo molto triste.


Prima di lasciarvi, cari lettori, vi volevo ricordare una piccola citazione del Cappellaio Matto di Alice nel paese delle meraviglie “Ti svelo un segreto cara Alice, tutti i migliori sono matti“.

Anselmi 1H