Il riscatto del borghese e il grido dell’accattone

Recensione cinematografica e Film al confronto tra i film “Il posto delle fragole” e “Accattone”

Premessa:

Se Bergman o Pasolini avessero potuto leggere questa mia recensione, non so se si sarebbero trovati in disaccordo o in accordo con ciò che sto per scrivere. Questa recensione nasce dal confronto che ho fatto dopo una attenta analisi di entrambi i film e dei loro rispettivi autori. Spero che questo articolo possa essere motivo di riflessione per il lettore.

TRAMA, RECENSIONE E ANALISI: IL RISCATTO DEL BORGHESE E IL GRIDO DELL’ACCATONE

Prima di spiegarvi ciò che accomuna queste due opere è bene che io inizi dal principio, partendo dalla loro trama.

BERGMAN – IL POSTO DELLE FRAGOLE (1957)

Isak Borg è un anziano medico, estremamente ricco, che un giorno viene insignito di un prestigioso premio accademico e per poterlo ritirare deve recarsi a Lund. Così inizia il suo viaggio metaforico, tra sogno e realtà, insieme alla nuora, Marianne. Però, prima del viaggio, egli ha un incubo terribile: sogna di ritrovarsi in una città sconosciuta, che è costellata da severi e rigidi orologi in ogni angolo. Incontra un uomo che cadendo si affloscia su sé stesso e successivamente un carro funebre. Il carro funebre cozza contro un lampione, facendo cadere la bara. La bara si rovescia e si apre. Il vecchio medico si avvicina per scorgere il morto. La mano del cadavere lo afferra e con orrore, egli si riconosce nel volto del morto.

Al suo risveglio, dopo che la sua governate gli ha servito la colazione, Isak decide di non percorrere il viaggio in aereo (come era sato deciso), ma bensì in automobile. La nuora, come già detto, si offre di accompagnarlo. Tra il suocero e la nuora però non scorre buon sangue, soprattutto da parte di lei che è molto fredda e rigida nei confronti del vecchio medico. Durante il viaggio, Isak prova ad avvicinarsi a lei chiedendole se vuole ascoltare lo strano sogno che ha fatto. La donna rifiuta. A quel punto, Isak le chiede cosa ha fatto per meritarsi tale odio. E qui scopriamo l’arcano: Marianne rimprovera severamente al vecchio suocero la sua avarizia e il suo egoismo soprattutto nei confronti del suo stesso figlio Evald (e marito di Marianne), anch’egli medico.

IsakCosa hai esattamente contro di me?
Marianne: Vuoi una risposta onesta?
Isak: Te lo sto chiedendo.
MarianneSei un egoista incallito, zio Isak. Sei davvero spietato; non hai mai ascoltato nessuno tranne te stesso. È ben nascosto dalla maschera di vecchio e dall’amabilità. Ma sei un egoista inflessibile. Il mondo potrebbe vederti come un grande filantropo. Noi che ti abbiamo visto da vicino lo sappiamo meglio. Non puoi ingannarci.

Da questo punto nasce in Isak una rottura interna: egli desidererà (piano, piano, durante il viaggio) un riscatto e la sua successiva redenzione.

Proseguendo il viaggio, una deviazione dell’itinerario conduce i due nella vecchia casa di Isak, luogo dove per vent’anni il medico aveva trascorso le vacanze estive insieme ai sui nove fratelli e ai sui genitori. Il vecchio si lascia cullare dai ricordi e rivede, come in un sogno, la sua amata cugina Sara, intenta a raccogliere le fragole per portarle in dono allo zio Aron per il suo onomastico. Nel corso dell’episodio, rivede anche le sue due piccole sorelle gemelle che, maliziosamente, rivelano a tutti di aver visto il cugino Sigfrid baciare Sara. Umiliata, Sara si alza dalla tavola (dove stava pranzando con il resto della famiglia) e si allontana piangendo.

Ritornando nel presente una giovane, che assomiglia moltissimo a Sara, chiede a Isak un passaggio per sé e per i sui due amici. Isak accetta e i cinque ripartono.

A una curva però, avviene un incidente con un’altra auto che si scontra con quella di Isak. Dalla vettura estranea esce, illesa, una coppia. I nostri offrono un passaggio anche a loro. Così il viaggio riparte, ma la coppia ospite litiga costantemente e irritantemente, e per questo loro atteggiamento i due ospiti vengono costretti a scendere dall’auto. Fermatisi per rifornirsi di benzina e dopo aver mangiato in una trattoria, Isak e Marianne decidono di andare a trovare la madre di Isak ultranovantenne che vive là vicino, lasciando nella trattoria, in attesa del loro ritorno, i tre giovani che, nel frattempo, si erano messi a discutere con veemenza sull’esistenza di Dio. La vecchissima madre riceve il figlio con devota felicità ma quando vede Marianne sembra osservala con sospetto e gelosia. L’anziana mostra ai due le vecchie foto e i vecchi giocattoli, rivelando un carattere arido e quasi insensibile (il quale colpisce profondamente Marianne), e non la smette mai di lamentarsi della solitudine di cui soffre nonostante ella abbia avuto molti nipoti e pronipoti.

Dopo la breve visita, il viaggio riparte, questa volta a guidare è Marianne, permettendo così a Isak di addormentarsi. Il medico viene colto da un nuovo incubo: Sara lo costringe a specchiarsi in uno specchio e lo informa che presto dovrà morire. Poi, con un velo di malizia nel cuore, lo informa che si sposerà con Sigfrid e lo lascia per andare ad accudire il suo figlioletto che piange dentro una culla. La madre raccoglie il bimbo e lo porta dentro casa. Isak bussa alla porta ma viene ad aprirgli un severissimo e impassibile insegnante che lo conduce nella sua aula. Qui Isak è sottoposto a un surreale esame che fallisce miseramente mentre l’impassibile docente lo rimprovera dandogli dell’incompetente. E poi avviene l’accusa: viene ritenuto colpevole, dal bizzarro docente, di essere egoista e di essere insensibile. Successivamente egli, come un giudice, decreta la sua condanna: l’eterna solitudine.

Poi l’insegnate/ giudice conduce Isak in una radura dove assistono, nascosti tra le fronde, a una conversazione tra la defunta moglie di Isak e il suo amante. La moglie, morta da tempo, si confida con l’amante e accusa, di nuovo, il marito di essere un uomo freddo, insensibile e egoista.

Quando Isak si risveglia e confessa alla nuora di sentirsi un morto seppur ancora vivo. Sentendo quelle parole Marianne gli rivela che anche suo marito parla esattamente come lui, suo padre. Inoltre la donna confida al vecchio i sui rapporti difficili con il marito a causa della sua gravidanza. Infatti lei vorrebbe tenere il bambino che porta nel grembo, ma Evald, invece, non vuole avere figli.

Evald: Lo sai che io non voglio bambini, perciò sai che dovrai scegliere tra me e lui. La vita è una cosa assurda ed è bestiale mettere al mondo dei figli con la sciocca speranza che possano vivere meglio di noi. Io stesso fui un figlio indesiderato di un matrimonio che era la copia dell’inferno, figlio di chissà quale padre.
Marianne: Sei un vigliacco.
Evald: Sì, ne convengo, quando penso alla vita ho un senso di nausea e non voglio responsabilità che mi leghino ad essa più di quanto lo sia già. Parlo sul serio, e non si tratta di una forma di isterismo come forse hai sempre creduto.
Marianne: Quello che dici è male.
Evald: Il bene e il male non esistono, ma solo le necessità, e si vive secondo le proprie esigenze.
Marianne: E quali sarebbero?
Evald: Tu hai un dannato bisogno di sentirti viva, di vivere, di esistere in pieno e di creare la vita.
Marianne: E tu invece?
Evald: Io vorrei essere morto, completamente morto.

Il viaggio arriva al suo termine: suocero e nuora arrivano da Evald, dove trovano anche la governate giunta lì in aereo. Inizia la cerimonia nella chiesa di Lund. Così, Isak viene proclamato “preclarissimus medicinae doctor”. Ma Isak sente che qualcosa in lui è cambiato. Decide di scrivere ciò che ha vissuto durante il viaggio. Durante la sera, cerca di riavvicinarsi a Evald, riconciliare la nuora con il figlio, e tratta gentilmente la governate. Infine, stanco, va a dormire e, contento e commosso, ricorda i momenti più belli della sua giovinezza e rivede l’immagine dei sui genitori mentre si addormenta.

 

PASOLINI – ACCATTONE (1961)

Il profeta: Accattò, senti quello che te dice il profeta: oggi te vendi l’anello, domani la catenina, fra sette giorni pure l’orologio; e fra settantasette giorni nun c’avrai nemmeno l’occhi pe piagne.

Vittorio Cataldi, conosciuto da tutti come “accattone”, è un sottoproletario che vive in una periferia romana in assoluta povertà e miseria, e la sua vita è centrata sul “sopravvivere” giorno per giorno. Accattone si fa mantenere da una prostituta, Maddalena, “salvata e sottratta” da un napoletano finito in carcere. Ma presto, gli amici del carcerato si vogliono vendicare e, per potergli sfuggire, Accattone dà tutta la colpa a Maddalena, abbandonandola. Maddalena finisce così in carcere. Accattone, rimasto senza soldi, soffre la fame. Ma un giorno fa la conoscenza di una bellissima ragazza, Stella. Accattone cerca di spingerla a prostituirsi, ma la ragazza gli rivela che anche sua madre era una prostituta e per cui lei non vuole seguire le orme materne, desiderando un lavoro onesto. Però la ragazza per amore di accattone cerca di sacrificarsi, ma la sua forza di volontà supera la sua ingenuità dovuta all’amore. Accattone si pente perché nel frattempo si è innamorato di Stella. Così decide di trovare un lavoro onesto per mantenere la ragazza che ama. Accattone è deciso a redimersi ma il lavoro è massacrante, e quasi ci rimane ucciso e per di più la paga non è sufficiente a mantenere lui e Stella.

 Accattone: Quando me metto ‘n testa ‘na cosa io, deve da esse quella! O il mondo ammazza a me, o io ammazzo a lui.

Una sera, tornato a casa distrutto, Accattone si addormenta, ma il suo sonno è agitato.

Infatti il suo sonno è afflitto da un terribile incubo: sogna di ritrovarsi a camminare sopra un muretto, come un funambolo. Quando all’improvviso vede alcuni suoi amici che lo chiamano a unirsi a loro. Accattone non fa nemmeno in tempo a scendere dal muretto e ad avvicinarsi a loro, che questi sono già cadaveri sotto a delle macerie.

Accattone si china a osservare i cadaveri, quando sente che qualcuno dietro di lui lo sta chiamando. Si volta e vede il suo amico Renato circondato da altri suoi compari. Accattone nota subito che tutti i sui amici sono vestiti di nero. Renato lo chiama e gli chiede di seguire lui e gli altri perché «Te stanno a aspettà!». Camminando dietro al gruppetto degli amici vestiti di nero, Accattone si accorge di essere egli stesso vestito come loro, come per una cerimonia funebre. Allarmato, cerca di chiedere agli amici cosa sia successo. Ma nessuno gli presta attenzione. Continuando a camminare, passano davanti a una fontanella: il balilla (un altro amico di Accattone) è lì per lavare un grappolo d’uva e osserva il corteo dei compari. Il Balilla dice qualcosa, ma Accattone non riesce a sentirlo. Cerca di tendere le orecchie per afferrare qualche parola, ma senza successo. Affannato e sempre più spaventato, Accattone prende per una manica uno dei compari, Pio, e lo supplica di dirgli cosa sia successo. Pio con meraviglia ma allo stesso tempo con noncuranza, gli rivela che Accattone è morto e loro sono lì per il corteo funebre. Accattone atterrito e bianco dal terrore, sposta lo sguardo e nota passare un carro funebre. Gli amici e Accattone lo raggiungono camminando dietro al carro. A un certo punto il carro si ferma davanti a un muretto con un cancello: presso la parete interna, vicino al cancello, si vedono due bambini nudi che ingenuamente giocano tra loro. Il funerale entra per il cancello, ma un uomo ferma Accattone il quale insieme agli altri si accinge ad entrare. L’uomo dice ad Accattone che lui non può entrare. Così viene lasciato da solo, i cancelli si chiudono. Ma Accattone scavalca il muretto ed arriva dall’altra parte. Però l’unico personaggio che vede è solamente un vecchio che sta iniziando a scavare una buca. Accattone, come se capisse che quella buca è destinata a lui, supplica come un bambino il vecchio di scavare più in là, dove c’è il sole. Il vecchietto lo accontenta e comincia a scavare nel luogo che Accattone gli aveva indicato.

Al suo risveglio, Accattone, spinto dalla fame, insieme ai sui amici, Balilla e Cartagine, decide di rubare qualcosa da mangiare. Dopo aver camminato per tutto il giorno senza trovare nulla, esausti, i tre si fermano per riposare. A un certo punto notano un camion che si ferma davanti a una salumeria. I tre cercano di derubare qualche salume dal camion, ma dei poliziotti intervengono costringendoli alla fuga. Accattone, durante la fuga, trova una motocicletta. Senza pensarci un secondo, salta sopra la motocicletta e cerca di scappare ma per la paura di venire arrestato, fa un’incidente stradale, cade e sbatte la testa. Cartagine disperato si getta sull’amico ferito. Accattone fa in tempo a voltare la testa verso l’amico e dirgli le sue ultime parole prima di morire: «Aaaah… Mo’ sto bene!».

CONFRONTO TRA “IL POSTO DELLE FRAGOLE” e “ACCATTONE”

Cos’è, dunque, che accumuna questi due film così diversi? La redenzione e il desiderio di un “riscatto”. Sia il vecchio Isak che il disgraziato Accattone vogliono redimersi. Seppur entrambi sono egoisti e egocentrici, le loro motivazioni sono opposte: il primo a causa della sua ricchezza, il secondo a causa della vita degradante che conduce. Isak viene accusato di essere un uomo insensibile, tirchio, non spenderebbe nemmeno un centesimo per aiutare il suo stesso figlio. Egli è concentrato su sé stesso e sui suoi bisogni ma, durante il film, inizia ad avere coscienza di ciò che egli è e delle proprie azioni (tramite anche i sogni), e desidera cambiare. Accattone è invece costretto ad essere egoista, cinico ed egocentrico: vive in un mondo in cui chi mostra le zanne per primo avrà la vita salva, almeno per quel giorno. Inizierà a desiderare la redenzione quando si innamorerà: tramite Stella vorrà cambiare. Ma bisogna mettere anche l’accento su un’altra questione: la società. Si, perché se Isak riuscirà a ottenere la sua redenzione, otterrà il perdono dei sui cari, invece Accattone non ci riesce perché cede fiaccato dai morsi della fame ne morirà. Ma perché Isak riesce a redimersi? Perché egli è accettato dalla società in cui vive. Accattone non è accettato dalla società, è ritenuto inutile da essa, per questo è necessario che muoia. Perché la società non può sostenerlo, non lo vuole.

Tra Isak e Accattone, tra il borghese e un povero, vincerà sempre Isak, ovvero il borghese. È la legge del più forte che è accettata nella nostra società occidentale e civile. È la società occidentale, civile e democratica di cui noi stessi facciamo parte.

Ma analizziamo più nel dettaglio il vincitore e il perdente.

Isak è un professore, un intellettuale, un uomo colto, un medico, un vecchio, un ricco. Sono tutte caratteristiche che dovrebbero renderlo umanamente più vicino agli altri: dovrebbe essere in grado di fare del bene (dopo tutto è medico!) e capire le sue colpe o errori. Egli invece, all’inizio del film non capisce e non vede. È il cinismo di chi ha tutto, il cinismo di fronte alla sofferenza della nuora e del suo stesso figlio. È un cinismo dovuto alla sua posizione sociale. È la paura di morire solo – che è l’origine del suo pentimento e della sua redenzione – a far dileguare la nebbia. È rilevante sottolineare l’importanza dei sogni che fa Isak durante il film, infatti è grazie ad essi se riusciamo a conoscerlo nel profondo. Il primo sogno è la pura rappresentazione della paura della morte in sé stessa, l’angoscia di rendersi conto di essere ormai vicini alla fine dell’esistenza. Il secondo è centrato sulla colpa e sulla condanna. Isak, mentre sogna, si rende conto di stare per morire (perché ormai vecchio), di essere colpevole delle accuse che gli ha fatto la nuora, e perfino analizza l’origine del suo cinismo. È proprio Sara, il simbolo del suo amore o se vogliamo anche della sua giovinezza, ha mostragli il suo vero volto tramite uno specchio. Cosa potrà mai vedere Isak nel suo stesso volto? ciò che egli è realmente aldilà della nebbia: un vecchio che sta per morire che si è barricato dietro il suo egoismo freddo, cinico, insensibile e egocentrico. Vede l’uomo, l’Isak che vedono i sui cari: Marianne, il figlio Evald, la governate e la sua stessa moglie defunta – che lui immagina potesse avere anche lei questa opinione su di lui –. Successivamente (nel sogno) ritorna ad essere studente, ma non uno studente brillante, bensì un pessimo studente. Pessimo perché ciò che doveva prima di tutto imparare e studiare era la sua umanità sepolta tra le sue colpe. Il docente gli rimostra di nuovo cosa accadrà (come aveva fatto Sara, ma il docente rispiega ciò che ha mostrato Sara in maniera più matura, essendo lui la rappresentazione dell’Isak adulto, mentre Sara è la sua giovinezza) se egli non apre gli occhi: morire da solo. È dall’inizio del film che Isak ha la risposta ovvero la profezia della sua fine: il morire in solitudine; eppure avrà bisogno di tempo per capirlo. Il viaggio che fa Isak non è un comune viaggio. Egli parte da colpevole e inconsapevole, per arrivare a pentito e consapevole. Non solo i sogni lo porteranno alla consapevolezza e alla successiva redenzione ma anche gli altri personaggi e i vari incontri. Si potrebbero paragonare tutti gli altri personaggi alle prove che egli deve superare se vuole evitare di far avverare la profezia. La prima prova è Marianne che lo accompagna per tutto lascerà dopo la sua morte: Ella è incinta di suo nipote, la memoria. Noi alla fine del film, non sappiamo se Isak è riuscito a redimersi completamente: infatti non sappiamo se Marianne si sia effettivamente riconciliata con Elvad, e se terrà il bambino. Marianne vuole mantenere il bambino (la memoria di Isak dopo la sua morte), mentre Elvad non vuole essere legato alla vita (non vuole mantenere il ricordo del padre e di sé stesso), desidera essere un morto non legato alla vita, e quindi un morto senza memoria. Noi alla fine del film vediamo il cambiamento e la presa di coscienza di Isak e questo ci porta a sperare al meglio, nella sua completa redenzione. Nel finale possiamo vedere l’inizio del cambiamento e del miglioramento di Isak che ci fa sopporre un lieto fine. Anche il sogno finale che fa Isak ci fa intuire il lieto fine: Egli sogna la sua infanzia, la felicità, la vita e non la morte. Non sogna un incubo ma un sogno felice e lievemente malinconico. E da queste caratteristiche che intuiamo che la profezia non si avvererà. La ragazza che assomiglia a Sara e i sui due amici rappresentano il passato e il futuro di Isak. La ragazza che ricorda moltissimo Sara (ma che non è lei) è il ricordo che ha Isak della sua giovinezza e della sua crescita. Perché seppur gli ricorda Sara sa bene che non è lei, ovvero riconosce in lei qualcosa di sé che aveva dimenticato. I due ragazzi che litigano sull’esistenza di Dio sono i dubbi conflittuali che ha lo stesso Isak: deve scegliere la scienza che ha giurato di servire o voler affrontare l’ignoto? Cosa resterà di lui dopo la morte? L’anima o il nulla? Sono i dubbi esistenziali che l’uomo si pone da millenni. Io però interpreterei il conflitto tra i due ragazzi come il poter credere o no nel cambiamento. Se io credo nella scienza, credo automaticamente nelle sue leggi e nelle cose materiali. Se io credo in Dio credo anche a un bene e a un amore incontrollabile e che va oltre. Quindi è come se Isak si stesse ponendo questo quesito: la mia vita basata sulla soddisfazione dei beni materiali può impedirmi la solitudine? La mia vita attuale può salvarmi dalla condanna della solitudine? oppure dovrei compiere un atto di fede per ottenere l’amore dei miei cari? La vita è solamente un bene materiale oppure va oltre? il viaggio. Marianne è la visione che hanno i suoi cari: da estremamente negativa, comincia a diventare positiva alla fine del film. 

Nel marito e la moglie che si odiano a vicenda, che non fanno altro che litigare, Isak rivede il suo matrimonio. Infatti sia dalle parole del figlio Evald, «Io stesso fui un figlio indesiderato di un matrimonio che era la copia dell’inferno, figlio di chissà quale padre», che nel secondo sogno in cui Isak sogna il tradimento della moglie, capiamo che il vecchio medico non ha avuto un matrimonio felice. Infatti, all’ennesima litigata, li costringe a scendere dalla sua auto. Prima li accoglie e poi li abbandona: come egli stesso prima aveva accolto il suo rapporto con la moglie e poi l’aveva abbandonata insieme all’amore che provava.

L’anzianissima madre invece è l’origine e la fine profetica: La madre è come lui, è il suo destino se non cambia. Infatti, l’anziana donna è insensibile, egocentrica, fredda e si lamenta della sua insopportabile solitudine. Isak si sta trasformando nella madre, in ciò che non vuole e che teme di più. La madre è il futuro che lo spaventa: ella è destinata a una morte solitaria.

Alla fine del viaggio arriva dal figlio e dal suo vero premio: il cambiamento per avere un futuro felice.

È riuscito a superare le prove perché è nata in lui l’autocoscienza e il volersi redimere.

Accattone è un’ignorante, un “pappone”, un morto di fame, un giovane, un povero, un sopravvissuto. Ma condivide con Isak l’essere egoista, insensibile e cinico. Il suo cinismo, tuttavia, è diverso da quello di Isak: è il cinismo di una persona che non ha niente e che per questa ragione desidera morire come i faraoni, cioè circondato da ricchezze inestimabili. Egli infatti, aspira a diventare ricco, ma deve accontentarsi di ciò che Maddalena riesce a guadagnare per strada. A differenza di suo fratello minore, non ha un lavoro. È separato dalla moglie da cui ha avuto anche un figlio, ma nonostante provi pena nei confronti del suo bambino, si rende conto di non potergli fare da padre, lasciando il piccolo alle cure della madre. È anche da sottolineare il suo egoismo: deruba la catenella del suo bimbo per poter comprare delle scarpe a Stella, per poterla impressionare. Inventa uno strattagemma per sottrarre della pasta agli amici, al fine di mangiare di più lui. È un egoismo centrato sulla sopravvivenza: se Accattone non vivesse in una situazione così degradante, non sarebbe così egoista e cinico. Mi viene in mente Thomas Hobbes e la sua idea sul comportamento dell’uomo costretto a vivere “nello stato selvaggio”. Sempre secondo Hobbes nell’uomo, costretto a vivere in un ambiente completamente degradante e “selvaggio”, emergerebbe il lato più crudele e egoista. La teoria di Hobbes verrebbe accreditata nel film “Accattone”. Mi sento tuttavia in dovere di non essere d’accordo con Hobbes per quanto riguarda la funzionalità della società “civile” da egli tanto elogiata (se vogliamo riportare ai nostri giorni la sua teoria, senza considerare il periodo storico in cui il filosofo inglese viveva). Se prendiamo come esempio Accattone, ci rendiamo conto anche di un fatto fondamentale: Accattone vive nella miseria perché è la società che lo ha abbandonato, non è stata una sua scelta vivere come, per l’appunto, un accattone. Il cambiamento in Accattone avviene nella maniera più pura che ci possa essere: tramite l’amore. Abbiamo visto che per Isak il cambiamento è stato dovuto soprattutto al ruolo fondamentale che giocava la paura della morte. Il cambiamento di Accattone ha come motivazione completamente l’opposto, è centrato sull’amore e quindi anche sulla vita.

Accattone ha una certa purezza dovuta alla sua condizione: non è corrotto dai beni materiali che però desidera. Ma appena si innamora, l’unica cosa che conta è mantenere Stella e prendersi cura di lei. È così, che prova a migliorarsi, andando a lavorare in maniera onesta. Ma sappiamo che non riuscirà mai a salvarsi dalla sua condizione di “accattone”: morirà per rubare della misera carne. Infatti decide di accettare il fatto di essere un miserabile. Quando va a lavorare, rimane deluso perché pur essendosi impegnato, stringendo i denti, riesce a guadagnare pochissime lire. Quello che distrugge la sua voglia di cambiamento è la delusione e la rassegnazione di essere nato povero e di non poter fare nulla. Così decide di lasciarsi andare, di farsi soggiogare dai morsi della fame e infine di morire. È molto interessante il sogno propiziatorio che egli fa la sera prima di morire. Può, in parte, ricordare il primo incubo di Isak, anche se, a mio avviso, più angoscioso e quasi più cruento.

Sogna di fare il funambulo sopra un muretto. Mentre lo vediamo intento restare in equilibrio, sentiamo i lamenti e i gemiti di paura che fa Accattone mentre dorme. Questa scena ci fa già intuire il suo significato allegorico: Accattone è in bilico tra la vita e la morte, è un funambulo che cammina sopra la sua vita e che cerca di non cadere e soccombere alla morte. Egli cerca di restare in equilibrio perché è l’unica cosa che gli salverà la vita, ma intuiamo dai sui lamenti angosciosi nel sonno che la corda si spezzerà. Successivamente vediamo i sui più cari amici chiamarlo ma che, subito dopo, sono cadaveri nudi sotto delle macerie: la distruzione dei rapporti affettivi. Infatti, egli non ha altro che i sui amici, oltre che l’amore di Stella. È il suo unico lascito su questa terra. E questi affetti sono annullati dalla sua morte. È come se egli proiettasse la propria morte sugli amici, la distruzione degli affetti, della vita, per colpa della morte.

Difatti, nella scena seguente, egli sogna il suo funerale. La cosa interessante però è che non vede il suo stesso corpo nella bara, come accade a Isak. Questo dettaglio rende l’incubo ancora più cupo di quello di Isak, perché non scopre direttamente di essere lui il corpo, riconoscendosi in un cadavere, lui sa già di essere il morto. È come se lo sapesse dal principio, fin da quando gioca a fare il funambolo sul cornicione. In seguito gli daranno la conferma, ma lui già lo sapeva, se lo sentiva. Anche la scena in cui appare il Balilla alla fontanella che parla senza che si oda la voce è un altro presagio di morte: i morti non possono più sentire e capire ciò che dicono i vivi. È anche interessante un altro punto: Accattone ha un corteo di amici che lo accompagnano al suo eterno riposo, Isak invece non ha nessuno che lo accompagna. Altro fatto che va a sottolineare una differenza importante tra i due personaggi: l’unico avere di Accattone sono i sui cari, invece l’unico avere di Isak sono i sui soldi. Un alto dettaglio affascinate sono i due bambini nudi che giocano accanto al cancello. Sono la purezza e l’ingenuità della vita messa in contrapposizione con la gelida e spietata morte rappresentata dal piccolo corteo e dal rigido guardiano che impedisce ad Accattone il passaggio. Questo guardiano è particolare: perché impedisce ad Accattone il passaggio? Perché egli sa che Accattone è il morto. È questo rifiuto che causerà la scelta del luogo della sepoltura. Invero, Accattone è costretto a scavalcare il muretto e si ritroverà a chiedere al vecchio di spostare la buca della sua sepoltura “dove c’è il sole”. La scelta del voler essere sepolto nella luce, anziché che nel buio (come aveva scelto per lui il vecchio), secondo la mia lettura, è il volere di venire ricordato. Accattone, in fin dei conti, teme di non essere ricordato per questo il vecchio aveva scelto per lui il “buio” anziché la “luce”. Il vecchietto, quindi, può essere la rappresentazione del timore di Accattone di essere dimenticato. Accattone in questa scena, si rassegna, si concede alla morte ma non prima di aver chiarito un punto che gli sta a cuore: di essere ricordato per non soccombere nel nulla.

È questa la vera forza di Accattone: sa di perdere, ma impone comunque le sue regole, se proprio deve perdere perderà ma alle sue condizioni.

Ginevra Saccà 4F