La dualità della donna moderna

Camilla è uno dei pochi personaggi femminili di rilievo dell’Eneide, poema scritto da Publio Virgilio Marone. Comandante di uno squadrone di cavalieri volsci, viene presentata nel bel mezzo della seconda parte del poema. Alleata di Turno, re dei Rutuli, combatte contro Enea ed Evandro, per impedire al protagonista di adempiere al proprio glorioso destino, ovvero quello di fondare la mitica stirpe romana.

Nei due brani “Camilla la guerriera” e “Camilla in battaglia”, viene esaltato il valore militare e il coraggio della donna. Virgilio presta particolare attenzione ad ogni suo movimento, ad ogni suo particolare estetico e alla sua indole guerriera.

Il suo essere selvaggia, barbara e spietata assassina, amante della propria patria, avvicina la sua figura a quella dell’uomo ideale romano.

Perché non della donna romana?

Mentre gli uomini si occupavano della vita pubblica e dell’attività militare, le donne erano relegate all’attività domestica. Protettrici della famiglia, erano sottomesse quasi completamente ai mariti. Perciò il sesso femminile era fortemente emarginato, soprattutto nell’ambito della guerra. Però, quando i soldati erano impegnati in battaglie, le donne amministravano i beni, continuavano ad educare i figli e assumevano un ruolo primario nella vita familiare. Dunque, nonostante la loro condizione, erano esseri forti, capaci di governare, semplicemente non adatte alla violenza, a causa della loro grazia e della loro leggiadria.

Per questo, Camilla è una donna fuori dal comune, più vicina ai caratteri maschili che a quelli femminili dell’ideale romano. La guerra la svilisce, la rende barbara e selvaggia. L’amore incondizionato e quasi ossessivo per la patria è una conseguenza del suo annichilimento. Tra la sua gente, è fortemente esaltata. Ciò scaturisce in un culto della personalità, sinonimo di debolezza spirituale di un intero popolo. Difatti, il valore principale romano era quello della pietas e dell’umiltà, anche di fronte al più grande trionfo.

A differenza dei soldati romani, che combattono per il bene comune e sono chiamati al dovere, lei è avara e vanitosa. La sua falsa gloria la accieca, ed è la causa della sua morte. Infatti, muore per un suo errore. Attratta dall’armatura di Cloreo, perde la lucidità e cade in tentazione. La sua brama di ricchezza la porta a dimenticarsi della situazione in cui si trova. La sua unica preoccupazione diventa quella di guadagnarsi un bottino, un’armatura splendida, da sfoggiare come vanto personale. Perciò, s’allontana dall’ideale di donna e di uomo romani, in quanto preda dell’avarizia. Distratta, espone il fianco e Arrunte, soldato nemico, ne approfitta.

La sua figura è unica ed inusuale. Virgilio, a differenza di Omero e di altri autori antichi, inserisce una donna dal forte coraggio, impavida e audace, fredda nelle decisioni, estremamente curiosa. È proprio la sua curiosità, tipica del genere femminile, a portarla alla morte. L’autore vuole sottolineare inoltre l’inadeguatezza delle donne alla guerra.

di Alexandro Baptiste  e Giuseppe Di Paolo