• Home
  • Blog
  • Articoli
  • Alla scoperta della “Hallyu”, l’onda che non ti aspetti

Alla scoperta della “Hallyu”, l’onda che non ti aspetti

Il mondo del ventunesimo secolo è in costante evoluzione e questi suoi cambiamenti coinvolgono la società, trasformandola e influenzandola lentamente, in maniera non sempre percettibile. Così accade che paesi lontani e apparentemente diversi si facciano strada attraverso la propria cultura e le proprie tradizioni, azzerando le distanze e coinvolgendo un largo numero di persone. Basti pensare del resto alle parole di Jiro Taniguchi, fumettista giapponese che descriveva l’approdo della cultura giapponese con le sue tradizioni nelle realtà occidentali dicendo: <<Vedi le onde? S’infrangono su questa riva, ma chissà da dove vengano, da quali altri mari>>.

Il Giappone, infatti, è stato il primo paese asiatico a esportare la propria produzione culturale a partire da fumetti manga per arrivare, poi, agli anime (opere di animazione). Certamente, però, Taniguchi non poteva immaginare al tempo che le sue parole sarebbero state utilizzate per descrivere l’avanzata di una nuova onda che vede protagonista un’altra realtà orientale: la “hallyu”, l’onda coreana.

Il termine “hallyu” nasce nella Cina degli anni Novanta per descrivere la crescente popolarità delle serie televisive coreane arrivate nel paese e ad oggi è una pietra miliare del governo coreano che sin dai suddetti anni si è mosso in maniera importante per finanziare le arti. E’ proprio a partire dalle arti che il fenomeno “hallyu” ha preso il via ed è stato lo stesso presidente sudcoreano Moon Jae-in a dichiarare di finanziare la diffusione della cultura coreana così che ogni cittadino si possa sentire parte di un comune senso di realizzazione.

Nell’ultimo ventennio l’influenza della cultura coreana in paesi occidentali, a partire dagli Stati Uniti sino all’Europa, è avvenuta attraverso diversi settori in primis la musica e la produzione cinematografica di film e serie tv, altresì note come “drama”. Nel panorama musicale la diffusione del K-pop (abbreviazione per Korean pop), genere musicale nato negli anni Quaranta del Novecento e divenuto di successo sul finire degli anni Novanta, è legata alla crescente popolarità di gruppi maschili e femminili primo fra tutti quello dei Bts o Bangtan Sonyeondan, al quale il 24 ottobre 2018 il Presidente ha conferito l’Ordine al Merito Culturale per aver contribuito in maniera così incisiva a diffondere la cultura coreana nel mondo.

La domanda che potrebbe sorgere è legata a come questo sia stato possibile, vista la difficoltà nella comprensione della lingua, ebbene secondo il Wall Street Journal:<<la musica prodotta da questi sette ragazzi coreani trascende le barriere linguistiche e non è indirizzata a un determinato gruppo di individui, è per tutti e piace a tutte le età; inoltre essi esportano un modello di gioventù diversa dalla nostra, sono curati, volti puliti, ben diversi dai nostri rapper e trapper sguaiati e dall’aspetto da gang di periferia>>.

Il successo riportato dalla band secondo John Ahn, Executive Vice President di CJ enternteinment & media, ha condotto a un cambiamento radicale nel modo di produrre ed esportare musica, evidenziando come la Corea non sia più il loro unico mercato di riferimento; il gruppo, infatti, dopo aver conseguito il più elevato numero di premi e riconoscimenti possibili, ora punta a coronare il proprio successo attraverso il conseguimento di un Grammy, il premio musicale più ambito da ogni artista musicale.

Dal punto di vista cinematografico l’influenza della produzione sudcoreana non è da meno se si pensa al fatto che nel 2020 il regista Bong Joon-Ho abbia conquistato un Golden Globe e un Oscar per il film campione d’incassi Parasite o ancora al film Minari di Lee Isaac Chung, uscito da poco nelle sale e candidato a ben sei statuette. E’ proprio questa fama e talento degli attori coreani ad aver spinto il colosso dello streaming Netflix ad investire ben 500 milioni di dollari in progetti originali a soli cinque anni dal suo debutto in Corea del Sud. Tale scommessa arriva dopo un anno in cui le ricerche per la visione di K-drama(serie tv coreane) è aumentata del 180%.

L’avanzata della “hallyu”, però, non si ferma solo al mondo dell’intrattenimento ma coinvolge anche la moda e la cura personale. La moda sta fortemente beneficiando della notorietà del paese e proprio come emerge dalle parole di Jeon Jungkook, membro dei Bts capace di mandare sold-out qualsiasi capo indossi, l’intenzione è quella di far conoscere nuove piccole aziende e dare loro la possibilità di beneficiare della sua esposizione mediatica. Inoltre, è stato sorprendente l’annuncio dell’acquisizione in qualità di brand ambassadors di tutti e sette i membri del gruppo da parte del luxury brand Louis Vuitton, in genere solito a firmare contratti con singoli cantanti o singoli componenti delle band. E’ sorprendente perché il giorno seguente all’annuncio le azioni in borsa del marchio sono schizzate e le prevendite triplicate.

Nell’ambito della cosmesi, invece, il paese da sempre si distingue al primo posto in classifica nella creazione di prodotti studiati appositamente per ogni tipologia di pelle e realizzati con concentrazioni di formule accurate e altamente benefiche.

D’altronde, come sostiene lo studioso di Harvard Joseph Nye, quello della Corea del Sud è un “soft power”; il termine è utilizzato per definire il potere intangibile che uno Stato esercita attraverso la propria immagine ed è innegabile come il paese del Calmo Mattino attraverso la propria “hallyu” lo stia esercitando.

Iris Maria Greco 5E