Il Buco Nero M87

COSA SONO I BUCHI NERI?

Un buco nero è un corpo celeste con un campo gravitazionale così intenso da non lasciare sfuggire né la materia, né la radiazione elettromagnetica. La sua velocità di fuga è talmente elevata da riuscire ad assorbire anche la luce. Una quantità incredibile di massa è compressa all’interno di una piccola regione e si verifica un collasso gravitazionale che concentra lo spaziotempo al centro della regione. Se immerso in una regione luminosa, come un disco di gas incandescente, un buco nero crea una regione scura simile a un’ombra, un effetto previsto dalla teoria della relatività generale di Einstein. Quest’ombra è causata dalla curvatura gravitazionale e dal fatto che la luce viene trattenuta dall’orizzonte degli eventi, limite del buco nero. Vi sono tre parametri osservabili: massa, carica elettrica e momento angolare. Tutte le altre informazioni riguardanti la materia di cui è formato un buco nero “spariscono” dietro il suo orizzonte degli eventi e sono dunque inaccessibili. Due buchi neri che condividono queste stesse proprietà sono indistinguibili.

Oggi si conoscono decine di buchi neri. In particolare, vengono classificati per:

  • comportamento: buchi neri non rotanti, che sembrano essere statici, e rotanti, che compiono un movimento di rotazione attorno al proprio asse;

  • densità: buchi neri stellari, che derivano dall’esplosioni di stelle massicce, buchi neri supermassicci, che sono situati nel centro delle galassie, i buchi neri intermedi, che hanno dimensioni intermedie tra gli stellari ed i supermassicci, e i micro buchi neri, formatisi probabilmente all’inizio dell’esistenza dell’universo e sono subito scomparsi;

  • attività: buchi neri attivi, che interagiscono con la materia circostante, e buchi neri non attivi, che non attirano a sé materia.

Il buco nero M87 è il buco nero centrale della galassia ellittica gigante Virgo A, codificata come “M87”, situata a 56 milioni di anni luce da noi, nell’Ammasso della Vergine. Si tratta di un buco nero supermassiccio, formatosi presumibilmente dalla fusione di diversi buchi neri. Ha una massa pari a circa 6,6 miliardi di volte quella del Sole. In confronto, il buco nero nel centro della Via Lattea (Sagittarius A), misurando 4 milioni di masse solari, è 1600 volte meno massiccio. Le stelle che ruotano intorno al buco nero hanno una velocità di circa 500 chilometri al secondo. Si ritiene che l’enorme dimensione del buco nero impedisca la formazione di centinaia di milioni di nuove stelle.

L’EVENT HORIZON TELESCOPE

L’Event Horizon Telescope (EHT) è un progetto internazionale nato per studiare Sagittarius A, il buco nero supermassiccio situato al centro della Via Lattea, e M87, il buco nero situato nella galassia ellittica supergigante Virgo A. A tal fine è stato ideato un sistema composto da otto radiotelescopi collegati tra loro che consente di ottenere un’ampia risoluzione angolare e di sincronizzare i dati provenienti dalle singole stazioni. Grazie a questo progetto, quindi, il 10 aprile 2019 è stata pubblicata la prima immagine di un buco nero: M87, che si trova al centro della galassia Virgo A. Le osservazioni dell’Eht sono state possibili grazie alla tecnica Vlbi, che sincronizza le strutture dei telescopi in tutto il mondo e sfrutta la rotazione del nostro pianeta per andare a creare un enorme telescopio di dimensioni pari a quelle della Terra. In pratica viene misurata la distanza fra tutti i telescopi della rete, mettendo insieme i dati della differenza di tempo del segnale in ingresso in ciascuno di questi. La calibrazione dei dati Eht è stata una grande sfida: i segnali astronomici sono distorti per effetto dell’atmosfera, che varia molto velocemente a queste frequenze. Lo studio mediante radiotelescopi, seppur dotato di un sistema molto avanzato, presenta delle difficoltà: l’assorbimento atmosferico non permette le telecomunicazioni in intervalli di frequenze più alte di 300GHz. Infatti, le onde radio rilevate dagli osservatori sono ostacolate da polveri e gas, come ad esempio gas ionizzato. Per questo motivo, è necessaria una rete sub-millimetrica la cui tecnologia è molto recente. La radiazione Terahertz, detta anche radiazione sub-millimetrica, è una radiazione elettromagnetica, che ha un intervallo di frequenze che permette di superare le polveri ed i gas che ostacolano le comunicazioni. La lunghezza d’onda della radiazione nella fascia dei Terahertz corrisponde a un intervallo tra 0,3 mm e 0,03 mm.

I 200 scienziati della collaborazione hanno dovuto affrontare un’altra difficoltà: la gestione dei dati prodotti dalle misure. Ogni singolo radiotelescopio, infatti, genera una tale quantità di bit che è impossibile farli viaggiare attraverso Internet. Ogni stazione, quindi, ha registrato i suoi dati su dischi rigidi, che poi sono stati inviati via aerea nei due centri di calcolo dedicati all’analisi

LO SCATTO

L’immagine rivela il buco nero al centro di Messier 87, un’enorme galassia che dista da noi 55 milioni di anni luce. Il buco nero ha una massa pari a 6,5 miliardi e mezzo di volte quella del Sole. Ciò che è stato immortalato è l’ombra del buco nero, l‘orizzonte degli eventi. L’immagine rappresenta un’ellisse dai colori accesi e dai contorni sfumati, ovvero il plasma incandescente che circonda il buco nero. Data la loro colorazione molto scura, i buchi neri sono difficili da osservare. Con gli strumenti “tradizionali” è possibile osservare le radiazioni emesse dalla materia che viene inghiottita in un buco nero e che forma un vortice incandescente di polveri e gas che si avvolge a spirale verso il centro. In questo viaggio senza ritorno, la materia viene scaldata a temperature elevatissime, per cui emette radiazioni energetiche. Nei pressi dell’orizzonte degli eventi, però, lo spazio e il tempo sono distorti a tal punto che la radiazione emessa dalla materia incandescente cambia natura: la sua lunghezza d’onda aumenta e l’energia diminuisce. Gli UV e i raggi X si trasformano in onde radio. Per questo, per osservare i contorni del buco nero, è necessario usare i radiotelescopi. Grazie a questa immagine, si può studiare la zona d’ombra, che fornisce una misura della massa, del diametro e della rotazione del buco nero. Inoltre, è una prova fondamentale per dimostrare le previsioni della Relatività generale di Einstein.

È stato scelto di osservare due buchi neri supermassicci poiché quelli di dimensioni minori sono difficili da studiare. Però, Sagittarius A*, il buco nero gigante situato al centro della Via Lattea, è meno attivo di M87: inghiotte meno materia e, date le dimensioni minori rispetto a M87, l’assorbimento di materia avviene più rapidamente. Per questo, è più difficile coglierlo sul fatto e fotografarlo.

IL ROVER PERSEVERANCE

MISSIONE MARS 2020

Perseverance, il rover della missione spaziale Mars 2020, è atterrato su Marte, dopo un viaggio cominciato lo scorso 30 luglio dal Jet Propulsion Laboratory della NASA, il giorno 18 febbraio 2021 alle ore 21:55 CET. Mars 2020 è una missione spaziale mirata all’esplorazione di Marte, sviluppata dalla NASA. Si tratta di una missione importantissima per lo studio del pianeta rosso con il compito di spianare la strada a future spedizioni umane su Marte, previste entro la fine degli anni ‘30. La missione, della durata indicativa di almeno un anno marziano (ovvero 687 giorni terrestri), vedrà impegnato il rover Perseverance nella ricerca di tracce di vita microbica preservate sulle rocce che hanno formato l’ambiente marziano in epoca antica, e di “biofirme”, rocce che potrebbero aver preservato tracce chimiche di vita organica. Verificherà inoltre la possibilità di produrre ossigeno a partire dalla CO2 marziana, la quale costituisce il 95% dell’atmosfera del pianeta rosso, come possibile supporto alle future missioni umane, oltre all’identificazione di una possibile presenza di acqua nel sottosuolo. Infine, spostandosi sul suolo marziano, perforerà e raccoglierà almeno 30 campioni di roccia e di regolite, insieme di polvere e frammenti di materiali che compongono la parte più esterna del terreno, incapsulandoli e memorizzandone la posizione, in modo tale che i campioni possano venire recuperati dalle prossime missioni, in particolare durante la cosiddetta “Mars sample return” a cui Nasa ed Esa stanno già lavorando.

IL CRATERE JEZERO

Il robot con le ruote è atterrato nel cratere Jezero portando con sé sette strumenti basati su tecnologie avanzate per studiare la superficie di Marte. Gli obiettivi principali di Perseverance sono esplorare la geologia del pianeta, valutare l’abitabilità e eventuali segnali di vita microbica risalente a miliardi di anni fa. Non è un caso che la scelta per l’atterraggio e per le operazioni di Perseverance sia ricaduta proprio sul cratere Jezero. Grazie ad alcuni studi si è scoperto che un tempo, al posto di questo cratere, di diametro di 47,5 chilometri e profondo circa 45, vi era un’oasi la quale includeva acqua. Dai 3 ai 4 miliardi di anni fa, infatti, si stima che Jezero ospitasse un lago e un delta fluviale, un accumulo di sedimenti in un’area dove sfocia un corso d’acqua che convoglia appunto questi sedimenti. La zona nel cratere dell’antico delta fluviale potrebbe ancora contenere molecole organiche e altri potenziali indizi di vita microbica ed è proprio per questo che il cratere Jezero è stato scelto come punto di atterraggio.

INGENUITY, IL PICCOLO ELICOTTERINO

Ingenuity, anche noto come “Mars Helicopter Scout” è un mini-elicottero dimostrativo dal peso di 1.8 kg, arrivato su Marte il 18 febbraio scorso a bordo di Perseverance, è provvisto di tecnologie all’avanguardia, che gli hanno permesso di superare le gelide notti sul pianeta rosso e di librarsi in condizioni di volo davvero difficili. Il drone elicottero, infatti, è dotato di 4 pale in fibra di carbonio, disposte su due rotori che ruotano a circa 2.400 giri/min e di celle solari, batterie e altri componenti innovativi. Il volo, quindi, è una sfida davvero difficile. Dopo l’atterraggio sul cratere Jezero, il rover Perseverance ha effettuato alcune manovre di orientamento, dirigendosi verso un’area prima di ostacoli e pianeggiante per facilitare il volo di Ingenuity. In una serie di step, Perseverance ha così liberato il drone elicottero il 4 aprile scorso, in sei giorni marziani, dal primo, in cui il team ha attivato dalla Terra un dispositivo che ha sbloccato Ingenuity da Perseverance, fino al quinto giorno in cui l’elicottero ha raggiunto la sua posizione finale. Oltre a guardarlo e a comunicare con lui a una distanza di sicurezza, Perseverance ha trasmesso i dati ai ricercatori sulla Terra. Ingenuity ha già compiuto tre voli su Marte, rispettivamente il 19, 22 e 25 aprile, arrivando a percorrere 100 metri in volo nel suo ultimo tentativo.

LA STRUMENTAZIONE DI PERSEVERANCE

Sono sette gli strumenti che Perseverance porta con sé su Marte. C’è la telecamera Mastcam-Z, una telecamera avanzata che consente di ottenere immagini panoramiche e stereoscopiche (che riproducono la profondità) con la possibilità di zoomare. Poi c’è SuperCam, uno strumento di produzione di immagini che permette di analizzare la composizione chimica e studiare la mineralogia anche a distanza. Pixl (Planetary Instrument for X-ray Lithochemistry) è un apparato che contiene uno spettrometro a raggi X e che mappa con elevata risoluzione la composizione chimica della superficie di Marte, con un dettaglio finora mai raggiunto. Poi c’è Sherloc (Scanning Habitable Environments with Raman & Luminescence for Organics and Chemicals) che usa tecniche di spettrofotometria nell’Uv per realizzare mappe dei minerali e dei composti organici e che include una telecamera a colori per realizzare immagini della struttura microscopica della superficie Marte. C’è anche Moxie (Mars Oxygen In-Situ Resource Utilization Experiment) che è in grado di produrre ossigeno dalla CO2 e che serve per test utili anche per il futuro – gli astronauti potrebbero utilizzare la tecnologia per produrre ossigeno utile come carburante per il razzo per tornare sulla Terra. Meda (Mars Environmental Dynamics Analyze), inoltre, analizzerà temperatura, velocità e direzione dei venti, pressione, umidità relativa, dimensione e forma delle polveri. Infine Rimfax (Radar Imager for Mars’ Subsurface Experiment) penetrerà nel sottosuolo e fornirà immagini della struttura geologica sotto la superficie con una risoluzione al centimetro.

Luca Gravili e Viola Papetti, IVEsc