Violenza di genere – tra poesia e attualità

Partendo dal presupposto che la violenza è deplorevole in qualunque caso, sia che venga commessa nei confronti di un uomo sia che venga commessa nei confronti di una donna, è necessario sottolineare che quest’ultima “vanta” numeri non accettabili in una democrazia moderna, tanto sviluppata quanto ancora evidentemente barbara. Una recente indagine ha messo in luce che sono circa 88 le donne che ogni giorno in Italia denunciano atti di violenza subiti, una ogni 15 minuti e nell’82% dei casi questa è perpetrata proprio dal coniuge o dal compagno. La violenza contro le donne è mostruosa perché sin troppo spesso è inflitta da persone vicine, da uomini che attraverso una subdola manipolazione psicologica convincono la partner del fatto che lei si meriti ciò a cui lui la sottopone. Per quale motivo perdura nel tempo, cosa spinge una donna a sopportare mesi o anni di abusi? Oltre a motivi pratici come la mancanza di un’autonomia economica, grazie ad un’attenta manipolazione basata sulla demolizione dell’autostima della donna/ragazza in questione, questa diviene dipendente dal suo carnefice, accetta di vedere mortificata la propria femminilità, di subire il suo odio, la sua rabbia, la sua gelosia sfrenata che le impedisce di vestirsi come desidera o persino di uscire saltuariamente di casa per prendersi un caffè con le amiche. Questo fenomeno è risultato di un retaggio maschilista profondamente radicato nella nostra cultura (e non solo) nel quale la donna è posta in una posizione di inferiorità rispetto all’uomo, adatta solamente a dedicarsi alla casa e obbligata ad adempiere al suo unico scopo : sposarsi e ad avere figli . La donna quindi non è più una persona ma un oggetto di proprietà del padre e successivamente del marito. Per questo nella mente di un violento è legittimo sfregiare il viso della ragazza che ha deciso di lasciarlo : lei è sua, non importa cosa vuole o desidera, ha osato allontanarsi da lui che l’amava tanto e ora deve subire le conseguenze del suo “amore”. Nella letteratura vi sono diverse testimonianze ,o semplicemente rimandi, alla violenza di genere come per esempio il componimento 1,10 delle Elegie di Tibullo di cui riporto solo un estratto:

Un poco ubriaco, dal bosco il contadino

a casa riporta sul carro moglie e figli.

Si accendono allora le battaglie d’amore,

e per i capelli strappati, per la porta infranta

si lamenta la donna;

piange per le sue tenere guance contuse;…”

È impressionante quanto questi versi siano adattabili a episodi a noi contemporanei, quanto queste parole evochino immagini e storie a cui siamo, purtroppo, estremamente abituatati.

Anche Ludovico Ariosto millecinquecento anni più tardi tratterà l’argomento con maggior consapevolezza della gravità dell’atto nel canto V del suo Orlando furioso:

“…Parmi non sol gran mal, ma che l’uom faccia

contra natura e sia di Dio ribello,

che s’induce a percuotere la faccia

di bella donna, o romperle un capello:

ma chi le dà veneno, o chi le caccia

l’alma del corpo con laccio o coltello,

ch’uomo sia quel non crederò in eterno,

ma in vista umana un spirto de l’inferno.”

Fortunatamente oggi per molti versi le cose sono cambiate, sono stati fatti molti passi avanti nell’ambito dell’emancipazione femminile e della tutela delle donne vittime di violenza di genere, anche se questo purtroppo riguarda solamente una limitata parte del mondo. Abbiamo fatto così tanti progressi eppure continua a salire ogni giorno il numero delle vittime. Molti studiosi ed esperti riconducono questo fenomeno ad una sempre più scarsa capacità di gestire le emozioni, in particolare quelle derivanti dalla frustrazione. Una nota positiva però c’è: sono sempre di più le donne che hanno il coraggio di denunciare, in parte grazie all’introduzione di nuove leggi che tutelano le vittime di violenza e in parte grazie al mutato contesto sociale e culturale che rifiuta e penalizza atti e comportamenti che precedentemente erano socialmente accettati come la violenza domestica.

Ricorda: non è amore se ti controlla quotidianamente il telefono, non è amore se ti manda innumerevoli messaggi indesiderati e minacciosi solo perché in quel momento non sei con lui, non è amore se ti sminuisce, se ti fa sentire costantemente in difetto, non è amore se ti dice cosa indossare, se ti dice dove, quando e con chi uscire. Questo è possesso.

L’amore non ti lascia segni sulla faccia e non ti chiederebbe mai di rinunciare alla tua libertà in suo nome.

Dagli occhi delle donne derivo la mia dottrina:

essi brillano ancora del vero fuoco di Prometeo,

sono i libri, le arti, le accademie che mostrano,

contengono e nutrono il mondo” W.Shakespeare

Lucrezia Marchini 5E