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La schiavitù di ieri e di oggi, i diritti umani e la tratta degli esseri umani

Gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti”

Così recita l’art.1 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, uno dei testi fondatori della Repubblica francese che risale al lontano 1789 e che ha ispirato numerosi testi di simile natura sia in Europa che in America latina, in particolare la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, adottata da ben 58 paesi in tutto il mondo.

Quello che potrebbe sembrare, con l’art.1 della Dichiarazione, un punto di partenza è in realtà più un punto di arrivo, in quanto non a tutti sembrano essere riconosciuti quei diritti umani che invece spetterebbero loro per natura.

Molte sono, infatti, le forme di discriminazione e sopruso che ancora oggi vengono messe in atto nel mondo per le ragioni più disparate come la differenza di razza, di sesso, di religione, di ceto sociale o altro ancora, arrivando in molti casi a strutturarsi come delle vere e proprie forme di schiavitù.

Parlare oggi di questo sembra essere anacronistico in quanto si sa che la schiavitù è stata legalmente abolita in tutti i paesi del mondo. In realtà esistono ancora forme di sfruttamento e segregazione che ad essa si avvicinano o con essa si confondono.

Si pensi allo sfruttamento lavorativo in molte campagne americane o in quelle dell’Europa meridionale, (Italia inclusa), si pensi alle fornaci di mattoni del Pakistan e dell’India, o alle piantagioni di zucchero di Santo Domingo o ancora alle miniere d’oro del Ghana o del Congo.

Nell’immaginario collettivo la triste pagina di storia legata alle tratte negriere dei secoli scorsi, definita da molti afroamericani come blackolocaust, per le tanti morti che si registrarono a seguito di quegli eventi (dai 2 ai 4 milioni di persone), ha lasciato l’idea che solo questo tipo di sfruttamento sia da considerarsi come una reale forma di schiavitù e che ogni altro tipo di assoggettamento sia da ritenersi di minore portata tanto da resistere indisturbato.

Ma come non considerare come moderni schiavi, ad esempio, coloro che vengono destinati, tramite i flussi dei profughi in Italia o in altre parti del mondo, allo sfruttamento sessuale, a quello lavorativo, all’accattonaggio o allo spaccio di droga?

Si stima che siano tra i 20 e i 45 milioni le persone che nel mondo versano in questa situazione, trattati come moderni schiavi!

Per dirla con i dati di Save the children, 3 persone su 1000 oggi sono schiave. Di queste i 3/5 sono di sesso femminile, i 2/5 di sesso maschie ed oltre ¼ minori (da 6 a 10 milioni sono i bambini costretti a lavori forzati, vittime di traffico sessuale o tenuti come sguatteri).

Si stima che il 58% delle persone che si trova in questa triste condizione, vivano prevalentemente in paesi come l’India, la Cina, il Pakistan, il Bangladesh e l’Uzbekistan, ma anche nella modernissima Europa si calcola ci siano più di 1,2 milioni di persone ridotte in schiavitù. Sensibilizzare a queste tematiche è di fondamentale importanza e per non dimenticare gli schiavi di ieri e di oggi sono state instituite nel mondo tre date:

il 23 agosto, Giornata internazionale per la commemorazione della tratta degli schiavi e della sua abolizione, promossa dall’UNESCO per commemorare il commercio transatlantico degli schiavi, che è entrata in vigore dal marzo 1950 con lo scopo di ricordare la triste pagina del commercio degli schiavi e commemorare la rivolta sull’isola di Santo Domingo per mano del primo generale afro-americano Toussant Louvertoure;

il 2 dicembre, Giornata internazionale per l’abolizione della schiavitù, in cui si celebra la “Convenzione delle Nazioni Unite per la soppressione del traffico di persone e lo sfruttamento della prostituzione altrui” del 1949;

il 25 marzo, Giornata internazionale in memoria delle vittime della schiavitù, istituita nell’assemblea generale delle Nazioni Unite del 17 Dicembre 2007 che vuole ricordare i quattrocento anni in cui milioni di donne e uomini furono strappati dalle loro terre in Africa per essere venduti come schiavi nelle Americhe e ricordando come milioni di loro non sopravvissero a quei tragici viaggi.

Ma istituire giornate dedicate all’abolizione della schiavitù sapendo che quasi 45 milioni di persone nel mondo versano ancora in questo stato, significa riempirsi solo la bocca di vuote parole se non si agisce con determinazione e forza. Si deve pretendere di più dagli stati e dalle organizzazioni internazionali per poter sconfiggere queste nuove forme di schiavitù che si sono rivelate non meno cruente di quelle del passato. Purtroppo la schiavitù moderna è figlia di un enorme business. Secondo alcuni studi dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, agenzia specializzata delle Nazioni Unite la schiavitù moderna genera profitti annuali per oltre 150 miliardi di dollari americani al pari dei profitti combinati delle quattro aziende più redditizie del mondo. Si capisce perché la schiavitù oggi è dura da sconfiggere forse più che nel passato: il nostro sistema economico punta a sfruttare al massimo le risorse, a massimizzare i profitti e a ridurre al minimo i costi di produzione.

Certo la sensibilizzazione su questi temi è fondamentale: studiare, leggere libri, guardare notiziari, vedere film… Recentemente con la mia classe ho avuto l’occasione di vedere un film intitolato  Il colore violaun film di Steven Spielberg del 1985, nominato a ben 11 premi Oscar nel 1986. Questo film porta inevitabilmente a riflettere sulla schiavitù in America di fine ‘800, anche se essa è qui interpretata in senso lato. Quello che qui viene affrontato è più il ruolo sociale delle donne nere che erano assoggettate alla volontà e alle pretese degli uomini, trattate da questi come esseri inferiori e senza dignità. Nel raccontare la storia di una donna di colore, del sud, che lotta per ritrovare la sua identità dopo quarant’anni di abusi da parte del padre, e non solo, il film mette in luce, quindi, tutti quei temi come, gli abusi sessuali, gli incesti, le violenze domestiche che le donne dovevano affrontare. Il film sembra un paradosso: la schiavitù vera è stata da poco abolita, ma gli uomini continuano a trattare le loro donne come loro stessi erano trattati sino a poco tempo prima dagli uomini bianchi americani: storie di schiavitù nella schiavitù. Potrebbe essere, senza voler forzare la trasposizione, una lettura dei tempi in cui viviamo: apparentemente la schiavitù è stata abolita ma esiste ancora e lì dove dovrebbe per prima non esistere, nel focolaio domestico, luogo di protezione e tranquillità per antonomasia, è il primo luogo in cui si potrebbe radicare con tutta la sua forza!

di Chiara Lopresti 4° C

Fonteimmagine: https://www.google.it/amp/s/www.interris.it