Riflessioni sull’Innominato

Il personaggio dell’Innominato dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni mi ha fatto riflettere sull’importanza di avere un nome.
Noi tutti abbiamo un nome che viene scelto dai nostri genitori. A volte viene dato per rispetto di nonni o di parenti, a volte ricorda un personaggio che ha colpito molto i genitori, a volte viene scelto solo perché piace il suono di quel nome.
Dio ci conosce per nome e lo conosce già prima della nostra nascita. Nella Bibbia Dio chiama per nome le persone con cui vuole parlare. Essere senza nome è una cosa bruttissima e privare una persona del nome vuol dire non considerarla come individuo. Nei tempi di Hitler agli Ebrei veniva tolto il nome e gli veniva dato un numero. Questo significa non considerare un essere umano come una persona ma come una cosa.
L’Innominato è un uomo senza nome. Credo che Manzoni voglia farci capire che è talmente cattivo che non è una persona. Lui vive lontano dagli altri, su un alto monte e fa paura a tutti. Le sue azioni sono dimostrazione di cattiveria.
Nella Bibbia quando viene chiesto a Dio qual è il suo nome lui dice “Io Sono”. Dio è senza nome perché il suo nome non può essere nominato. Dio è Innominabile. Anche nei Comandamenti si dice “Non nominare il nome di Dio invano”.
Il personaggio di Manzoni invece è “Innominato”, un essere cattivo che fa solo del male e che non merita il nome. Ma alla fine l’Innominato si converte, capisce tutte le azioni cattive che ha commesso e comincia
a fare del bene.
In quel momento diventa un uomo che può anche avere un nome.

Maria Costanza Trabalza