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«Le etichette non mi appartengono. Io sono una persona, una persona che ama.» Lucia e la sua “lezione” sull’omosessualità

La conoscenza, il confronto con la diversità, per capire ed uscirne più forti e arricchiti. La scuola è chiamata prima di tutto a questo, se vuol davvero costituire una profonda e vera possibilità di crescita e formazione per i suoi studenti. Ed è di diversità e confronto come opportunità che ci parla la storia di Lucia, la chiameremo così, con un nome di fantasia, diciannove anni, studentessa di liceo. “Una persona” – come ama definirsi – che ha affrontato un lungo percorso interiore per vivere consapevolmente la sua omosessualità, omosessualità che l’ha portata anche a subire episodi di bullismo, ma che nella scuola superiore ha trovato l’ambiente in cui ogni “etichetta” non ha avuto più senso. Proprio dal rapporto con la scuola iniziamo la nostra intervista.

Come si è comportata la scuola nei confronti della tua omosessualità?

Ero conscia della mia sessualità fin dalle scuole medie. Proprio durante quel periodo mi sono però sentita incompresa: venivo anche presa in giro, ma nessun docente se n’è mai curato. Con il passaggio alle superiori le cose sono cambiate. Ho trovato un ambiente è più tranquillo e mi sono sentita libera di aprirmi”.

Per che cosa venivi insultata e presa in giro?

Alle medie mi innamorai per la prima volta di una ragazza della mia classe. Eravamo molto amiche e, al momento della mia confessione lei cominciò a insultarmi, la seguì a ruota tutta la classe. Questo fu motivo di prese in giro anche pesanti. Non potrò mai dimenticare il viaggio d’ istruzione in cui fui chiusa a chiave in bagno da questa ragazza; probabilmente pensava avessi una malattia! Questa è una delle tante azioni di bullismo che ho subito”.

Hai denunciato questi episodi di bullismo a scuola?

“No. Li ho tenuti per me per tre anni, poi nell’ultimo mese dell’ultimo anno di scuola mi sono liberata e confessata con i professori, che chiaramente a quel punto non potevano fare più niente. Avrei potuto farlo prima, certo, ma avevo paura della reazione dei professori e soprattutto dei miei compagni”.

Credi che questa ostilità fosse dovuta all’età?

Probabilmente l’età ha contribuito, ma credo si tratti più di una questione di mentalità; per troppo tempo abbiamo vissuto in una società monosessuale, in cui tutto ciò che è all’infuori dell’eterosessualità era considerato anormale. A questo proposito, volevo fare riferimento alla psicanalisi, per la quale in ognuno di noi c’è una disposizione erotica verso lo stesso sesso, che però viene subito repressa dall’educazione. Fin da piccoli i bambini sono condizionati dalla società, che non lascia spazio all’infante di poter scoprire appieno la sessualità, anche verso il proprio stesso sesso. Chiamo questo fenomeno con un termine da me coniato edu-castrazione”.

Secondo te, questa “educastrazione” nello specifico come viene effettuata?

Non posso non citare come prima causa la Chiesa, l’educazione religiosa, che ci impone degli stereotipi. E mi piace ricordare Galimberti che parla del Cristianesimo come di “religione dal cielo vuoto”. C’è poi l’influenza dell’ambiente familiare medio, che sacrifica la libertà di scelta del bambino che si trova da subito in un contesto esclusivamente eterosessuale”.

Come è stato il tuo percorso di accettazione di te stessa?

Non è stato facile, dal momento del mio innamoramento alle medie ho iniziato a sentirmi completamente sbagliata, anormale; è iniziato per me un periodo pieno di domande esistenziali. Cosa sono? Sono veramente ciò che credo di essere? Avevo dodici anni, erano domande molto difficili cui dare una risposta. Se ora potessi dare un consiglio a chi si trova nella mia stessa situazione, direi di non dannarsi troppo a trovare una spiegazione logica ai propri sentimenti e a dare loro un’etichetta”.

E in famiglia, come vanno le cose?

I miei genitori non conoscono il mio orientamento sessuale; con loro non ne ho parlato apertamente. Credo che sia semplicemente inutile, poiché si parla di amore e di nulla altro”.

E con gli amici hai fatto coming out?

Ero molto restia all’inizio, ma sentivo il bisogno di dirglielo, volevo definirmi anche io, cosa che ormai non accade più. Come ho detto, non ne vedo il motivo, si parla solo di amore.”

In relazione alla piccola comunità in cui tu vivi, questa tua sensibilità come viene vista e percepita? Come vivi la relazione con il tuo paese?

“Un disastro, perché, essendo un paese piccolo, le voci girano e quindi un po’ tutti, anche adesso, mi prendono in giro”

Che cosa significa che ti prendono in giro, in che modo?

“Non è più quella presa in giro forte che c’era prima, ma, spesso sento: “Lesbica…”. Qualcuno lo fa scherzando, ma c’è anche chi lo fa usando questa parola in maniera negativa”.

La parola lesbica, forse anche più di gay viene forse ritenuta offensiva. Che cosa ne pensi?

Sì, spesso viene usata come insulto, ma io non me ne sento più offesa. Prima ne soffrivo molto, ma adesso non m’interessa veramente niente, puoi chiamarmi come vuoi. Da piccola le persone mi prendevano in giro, perché avevo quel mio lato un po’ maschile. I commenti erano sempre gli stessi: “Ma come ti vesti?”. Per non parlare di quando ho rasato i capelli: da lì ci è stata una slavina di critiche enormi, le offese erano aumentate in una maniera esponenziale, io stavo veramente male. Oggi lesbica è una parola di cui non capisco il senso, da cui mi sento rappresentata, che non mi definisce. Io sono una persona, una persona che ama.”

Hai subito episodi di bullismo quando eri con una ragazza?

“Mi è successo di essere stata insultata anche quando ero con una ragazza, ma episodi di bullismo fisico mentre ero fidanzata no. Prima facevo molto caso alle critiche delle gente, ma ora non più”

Quindi anche a scuola oggi ti senti più libera… Come ti trovi con alunni e insegnanti?

“Adesso la vivo molto bene, in realtà l’ho sempre vissuta bene. Solo al primo anno c’era qualche persona che ci scherzava un po’ su, ma poi è finita là. Pensando anche solo al semplice taglio di capelli o al mio modo di vestire, la scuola era l’unico momento dove potevo sentirmi e realmente mi sentivo libera. Lì nessuno mi giudicava; è diventata un posto sicuro per me. Sono una ragazza che ama vestiti larghi, mentre nella mia famiglia c’è ancora ci pensa che dovrei indossare T-shirt e leggings. Anche da punto di vista relazionale sono stata molto bene: ho sempre trovato belle persone con una mentalità molto aperta.”

Secondo te, l’educazione sessuale in abito scolastico deve cambiare?

“Si, si dovrebbe partire parlando della sessualità in generale e poi indirizzarla in eterosessualità e omosessualità. Parlare della sessualità in generale sarebbe molto utile”.

Ci sono delle discipline scolastiche che ti hanno aiutata a crescere?

“Sì, fin dal terzo anno, mi sono appassionata alla filosofia e ne sono ancora innamorata. Grazie a questa disciplina sono riuscita a superare molte cose. E poi direi che mi ha aiutata molto anche la letteratura in generale. Mi è sempre piaciuto leggere.”

E il tuo rapporto con te stessa com’è? È cambiato?

Sì, prima non mi piacevo per niente, ma soprattutto come carattere non mi sopportavo. Tendevo anche molto a coprirmi con delle felpe forse anche più larghe di quelle che indosso ora. Adesso mi sono molto aperta, prendendo coscienza di quella che sono, riesco anche ad avere dei rapporti molto più sani con le altre persone.”

E con l’amore come va?

“La mia prima relazione l’ho vissuta al primo anno di superiori. Mi vergognavo un pochino, avvertivo un sacco gli occhi puntati addosso e questo mi faceva sentire male, come soffocata. Adesso invece la vivo molto più tranquillamente.”

Pensi che parlare di queste tematiche possa aiutare le altre ragazze omosessuali?

Sì, il confronto è sempre una cosa buona, penso che parlare con le persone sia veramente una cura. A me ha aiutato tanto avere qualcuno con cui parlare, perché per anni mi sono nascosta e nascondevo questa parte di me, che forse abbiamo un po’ tutti, oserei dire. C’è una domanda che spesso la gente si pone: si nasce o si diventa omosessuale? A loro credo che si debba rispondere che si nasce dotati di una disponibilità erotica amplissima, rivolta prima di tutto verso sé stessi e poi verso gli altri.”

E nei confronti della famiglia intesa come due persone dello stesso sesso, tu che idea hai?

Credo che sia necessario uscire un po’ da quello schema uomo-donna, donna-uomo, perché non è così, ci sono mille sfumature nella sessualità e nell’amore. Perché mai dovremmo parlare di amore come non naturale? Piuttosto parliamo del mondo che si sta capitalizzando e dell’uomo che sta diventando una macchina, questo forse non è naturale, questo a me fa veramente paura”.

di Angelantonio De Nardis, Aleida Di Gregorio Zitella, Giandomenico Donatelli, Maggie Giovani, Enrico Sambenedetto, Francesca Spacone, Laura De Stefanis, Martina Ventresca