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«Vorrei solo studiare e decidere liberamente per me stessa e per il mio futuro»: la determinazione di Nadia e il suo rapporto con la religione musulmana

Non mi hanno mai vista come un problema ma come una risorsa in più, la diversità è un punto di forza nella mia scuola.” Queste sono le parole di Nadia (il suo nome è di fantasia), diciannove anni, studentessa di liceo. Una ragazza musulmana che ha deciso di raccontarci la sua esperienza tra i banchi di scuola e non solo.

I miei insegnanti sono sempre stati curiosi nei miei confronti, trovo che la curiosità sia la cosa più importante nella vita e nella scuola; per essere vicini agli alunni bastano piccoli gesti. Un professore può essere d’aiuto e può fare anche da intermediario.” Sebbene più avanti, nel corso del racconto/intervista, ci abbia confessato che nella sua famiglia non c’è spazio per la curiosità, che è alla base della conoscenza e della crescita di ogni giovane, ma c’è spazio solo per Allah. “La mia famiglia mi ha creato problemi per le cose più banali nella vita di tutti i giorni e nelle cose per me importanti come la scelta della scuola o i corsi da frequentare. Ho sempre pensato che dopo i diciotto anni sarei stata più libera, ma, in realtà, da quel momento le attenzioni dei miei genitori si sono moltiplicate. A quest’età, per la nostra cultura, si è considerati adulti ed è tempo di trovare un marito e mettere su famiglia. Non ha importanza se quest’uomo scelto dai genitori sia un alcolizzato o un nullafacente. Per loro la cosa importante è “sistemare” la figlia femmina. E questa cosa mi spaventa. Io voglio scegliere, per me e per il mio futuro. Quando lo racconto alle mie amiche, le poche che possono frequentare la mia casa perché hanno superato l’esame di mia madre e mio padre, ”aggiunge “il più delle volte non mi credono e pensano che io stia scherzando pensano che ciò che io racconti sia inventato, tanto è incredibile. Le persone si aspettano che quando racconto queste cose io pianga, ma io sono forte e non devo convincere nessuno perché la mia storia è vera ed io lo so. Una sola volta nella mia famiglia ho creduto di trovare un appoggio ed un sostegno in uno zio perché è una persona che ha studiato e che dunque ho creduto che potesse capirmi e sostenermi, ma alla fine mi sono sentita tradita anche da lui.”

Nadia è un fiume in piena. Racconta con voglia di farlo e non si sottrae alle domande, come quando le chiediamo quale sia la cosa più difficile per lei nella vita di tutti i giorni. Senza esitare, risponde: “Uscire. Uscire di casa come fanno tutte le mie coetanee. Uscire, dover mentire e poi avere i sensi di colpa per aver ingannato i propri genitori. Se ho un impegno devo convincerli che sia davvero una cosa importante per allontanarmi da casa anche solo per qualche minuto. Quando esco devo pensare ad ogni cosa, pianificare ogni dettaglio, stare attenta a chi incontro e con chi mi fermo a parlare. Non posso non pensare, se non penso crollo. E poi torno a casa, quel luogo in cui non vorrei tornare, quel luogo che per me è una gabbia dove sono in pericolo e che però rappresenta l’unico luogo sicuro dove posso abbassare la guardia”.

Paradossalmente alcune tendenze ideologiche che solitamente consideriamo sbagliate, come il razzismo, hanno rappresentato per Nadia una fortuna. “So che è brutto affermarlo, ma il razzismo in Italia talvolta mi è tornato utile in particolar modo per quanto riguarda il velo” spiega. “Se non fosse stato per l’intolleranza da parte di alcuni italiani nei suoi riguardi, mi avrebbero costretta ad indossarlo, cosa che io non voglio fare. Nella nostra cultura i capelli sono considerati una vera e propria parte intima del corpo che può essere mostrata solo ad alcuni familiari. Anche quando esce una sola ciocca di capelli al di fuori dell’hijab è un peccato e le donne devono purificarsi per poi sistemarlo nuovamente. Questo rappresenta un problema, soprattutto a scuola, dove non ho modo di prestare attenzione a tutte queste cose.” La stessa difficoltà si ripresenta anche nel caso delle preghiere, poiché quando si decide di indossare il velo, si sta facendo una scelta ben precisa e non ci si può sottrarre all’orazione verso La Mecca.

Trovo che la preghiera sia un gesto complesso, poiché non posso interrompere tutto ciò che sto facendo per mettermi a pregare”, continua. “Inoltre pregare a scuola costituirebbe un doppio peccato, dapprima peccherei dopo aver guardato il crocifisso e poi perché pregherei male dal momento che non posso purificarmi attraverso le sacre abluzioni.”

Nadia si è mostrata matura e responsabile anche per quanto riguarda le scelte legate al suo futuro. “Il mio sogno” afferma con consapevolezza “sarebbe quello di studiare grafica pubblicitaria. Spesso faccio dei lavori per una mia amica che già frequenta l’Università e quando vedo che quei lavori ottengono delle ottime valutazioni, penso che quella sia davvero la mia strada. Eppure so che la mia famiglia mi ostacolerà anche in questo, dal momento che mio fratello ha deciso di abbandonare gli studi e non è ammesso che io lo scavalchi. Ho pensato di potermi pagare gli studi da sola, ma a questo punto non saprei se una volta trovato un buon lavoro riuscirei a tornare sui libri. Una cosa è certa non voglio abbandonare la cultura, non voglio fermare il mio sapere qui.”

di Rossella Amicosante, Ludovica Bubici, Raffele Caliendo, Nicole De Santis, Jaramillo Rodriguez, Barbara Esmeralda, Ridà Lammouchi, Rita Sciullo, Izabela Zareba