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Volete leggere un libro toccante sulla situazione della donna? Questa recensione fa per voi

Ho letto il libro “Sotto il burqa”, ambientato in Afghanistan, precisamente a Kabul, scritto da Deborah Ellis, e fa parte di una serie di racconti che hanno come protagonista una bambina di nome Parvana di 11 anni. Prima di parlare di questo libro però bisogna avere un quadro generale della situazione della donna in Afghanistan. Esso è stato definito uno dei posti peggiori al mondo per essere una donna: l’85% delle donne non ha istruzione, la metà di sposa prima dei 16 anni, ogni due ore una donna muore di parto. Dall’Italia a monitorare la situazione c’è l’osservatorio Afghanistan del CISDA (Coordinamento italiano sostegno donne afghane), associazione che lavora sul tema dei diritti della donna. L’obiettivo è quello di svolgere un lavoro di alfabetizzazione di donne e bambini: il primo strumento da dare è quello dell’istruzione anche se non è facile per le resistenze delle famiglie.

Il libro racconta di questa bambina che vive a Kabul insieme alla madre, il padre, due sorelle (Nooria e Maryam) e un fratellino (Alì). La sua vita è normale fino a quando arrivano i talebani. All’improvviso il padre viene preso dai talebani e finisce in carcere senza alcun motivo. Un giorno la ragazza e sua madre si avvicinano al carcere per liberare il padre, ma vengono picchiate e allontanate. Grazie ad un’amica di famiglia, Parvana si camuffa da maschio per poter lavorare e mantenere la propria famiglia. Un giorno la madre decide di portare la figlia più grande a Mazar dove si sarebbe sposata e avrebbe potuto continuare gli studi. Anche lì arrivano i talebani e la famiglia rimane bloccata mentre Parvana si dispera per la salvezza della sua famiglia. Il giorno seguente il padre viene liberato e insieme a Parvana scappa da Kabul. La bambina deve quindi lasciare la Signora Weera e Shauzia che aveva conosciuto quando era piccola a scuola, anche lei travestita da maschio, che sogna di lasciare Kabul.

Il libro mi ha colpito particolarmente perché racconta la vita di una normale ragazza afghana, le sue abitudini, ma soprattutto l’enorme cambiamento che ha subito il suo paese all’arrivo dei talebani. Mi ha fatto conoscere le difficoltà di vivere lì, l’adolescenza in quella parte del mondo, e fa riflettere sulle differenze e sul fatto che le ragazze afghane si devono guadagnare la libertà e quei diritti, come andare a scuola, che sembrano così normali e che noi non sappiamo apprezzare. È importante capire che la scuola ci offre uno strumento per essere consapevoli dei nostri diritti e dei nostri doveri, e ha il compito di farci crescere e diventare menti pensati.

Lucrezia Lunghi IVD