Fast fashion

Il fast fashion è il settore nel quale vengono prodotti capi di abbigliamento di bassa qualità e con un prezzo competitivo.

Solitamente le aziende inserite nel settore del fast fashion producono continuamente nuove collezioni in tempi brevissimi.

L’obbiettivo del fast fashion è quello di produrre in modo economicamente efficiente per rispondere alle tendenze che cambiano rapidamente nella nostra società.

La priorità è il guadagno.

Secondo il gruppo Indietex, il fast fashion crea un fatturato di 26,15 miliardi di euro con un utile netto di 3,44 miliardi di euro.

Questo significa che per riuscire a guadagnare così tanto vendendo prodotti a prezzi così bassi, da qualche parte c’è qualcosa a cui non si sta prestando abbastanza attenzione.

Vendere abbigliamento a basso costo significa produrlo a basso costo e per farlo bisogna dare meno importanza ad alcuni aspetti della produzione, principalmente lavoratori e ambiente.

I lavoratori e le lavoratrici

Se l’obbietto del fast fashion è vendere a un prezzo basso, avrà bisogno di una manodopera a prezzo basso. Spesso proviene dagli SweatShop, cioè fabbriche dove i lavoratori lavorano per moltissime ore, in condizioni di lavoro e igieniche bassissime e con una paga misera.

In Bangladesh, per esempio, i lavoratori degli SweatShop mediamente guadagnano 343$ al mese, che è molto al di sotto del salario minimo di sussistenza di 60$ al mese. Inoltre, sono costretti a lavorare dalle 14 alle 16 ore al giorno in luoghi potenzialmente pericolosi.

Dal 1990 più di 400 lavoratori sono morti sul posto di lavoro a causa delle condizioni lavorative, e molti altri sono rimasti feriti negli incendi che spesso divampavano nelle fabbriche. Le donne lavoratrici spesso subiscono molestie sessuali e non hanno diritto alla maternità. E in molto casi la creazione di sindacati che possano tutelare i diritti dei lavoratori viene impedita.

Ambiente

Il fast fashion crea danni ambientali enormi. Gli abiti vengono prodotti in fabbriche che non sono controllate e usano materiali chimici tossici per creare stampe dai colori vivaci.

Queste sostanze sono nocive sia per chi indosserà quei capi, sia per i lavoratori che le utilizzando quotidianamente, ma soprattutto sono tossiche per l’ambiente perché vengono scaricate spesso illegalmente e finiscono nei canali e nei fiumi, inquinando le acque e i suoli delle zone vicine.

Merce invenduta

Produrre così tanto comporta anche il rischio che non tutto venga venduto e infatti, nel 2018, H&H è rimasta con una quantità di invenduto pari a 4 miliardi e 300 milioni di dollari. Questa merce invenduta non viene donata ai “bisognosi” ma viene bruciata. Viene bruciata perché i bisognosi che indossano una qualsiasi marca potrebbero danneggiare l’immagine dell’azienda.

Merce indesiderata

Questo tipo di rifiuto è quello che generiamo noi in modo diretto, magari quando ci stufiamo di un abito e pensiamo di buttarlo perché si è rovinato, ed effettivamente si è rovinato perché lo abbiamo pagato 5 euro e il tessuto è pessimo e si rovina facilmente.

Cosa posso fare io?

Non comprare fast fashion. è banale ma è l’unica cosa che si può fare, ciò non vuol dire che da un giorno all’altro dovremmo smettere di comprare fast fashion, perché le opportunità economiche di noi singoli non lo permettono sempre, ma essere consapevoli è già un passo avanti.

Un’alternativa al fast fashion è comprare usato o vintage. Esistono molti mercatini dell’usato in molte città, ci sono davvero occasioni vantaggiose per i compratori, e in più le cose vintage vanno di moda! Altrimenti è sempre meglio informarsi su quali sono le aziende del mondo della moda che producono abbigliamento in modo sostenibile.

Marzia Ambrosino