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Intervista ad un’operatrice sanitaria durante la pandemia

di Valerio Iannace

Ci sono persone la quotidianità delle quali è cambiata completamente ed altre che invece, a grandi linee, hanno continuato a fare la vita ed il lavoro di sempre. Tra queste persone ci sono la maggior parte degli operatori sanitari, tra i quali mia madre Fiammetta Michetti.

Innanzitutto, che tipo di lavoro svolgi?

“Lavoro in un ospedale, al Bambino Gesù di Roma, dove svolgo la professione di tecnico perfusionista, passando molto tempo in sala operatoria.”

Hai sempre continuato a lavorare durante il lockdown?

“Sì, ho continuato sempre a lavorare, perché in ogni caso le sale operatorie non si sono mai fermate. Nonostante molti reparti nel nostro ospedale fossero chiusi, gli interventi programmati di cardiochirurgia ed urgenze sono continuate a svolgersi.”

Avevi paura di essere contagiata e portare il virus in famiglia?

 “Sicuramente era sempre presente una grande preoccupazione, soprattutto quando si veniva a conoscenza di un paziente o di un collega positivo al virus. In famiglia comunque prendevo tutte le precauzioni possibili. Cercavo di rimanere il più distante possibile da mio figlio e da mio marito evitando, per quanto possibile, di condividere gli ambienti in comune. Non nascondo che è stato davvero un periodo difficile per me e la mia famiglia, ma del resto è stato così per moltissime persone. In ogni caso ero in parte tranquillizzata dal fatto che ero sottoposta ad un tampone obbligatorio ogni 15 giorni, risultando comunque sempre negativa.”

Rispetto al lockdown del 2020, la tua condizione lavorativa in cosa è cambiata? 

“In questo momento mi occupo anche di ecocardiografia, per cui sono a contatto con molti più pazienti (ragazzi o bambini) ed i loro genitori. La paura del contagio, quindi, è più forte, nonostante io sia vaccinata da gennaio ed utilizzi tutti quanti i presidi disponibili. Mi spaventano, più che altro, le varianti dei virus in circolazione e la possibilità di contagiare i miei familiari che ultimamente sto vedendo molto più spesso rispetto a prima, i quali, soprattutto, non sono ancora vaccinati.”