La lotta per la dignità e l’uguaglianza

Uno sbaglio di ieri da non ripetere: riflessioni dal film Un sacchetto di Biglie

Il film del 2018 Un sacchetto di biglie racconta la storia di una famiglia ebraica che affronta le difficoltà della Seconda Guerra Mondiale restando unita, ma anche dividendosi quando necessario. Il regista è il canadese Christian Duguay e le riprese si sono svolte in Francia e Repubblica Ceca. È la trasposizione cinematografica dell’omonimo romanzo storico autobiografico pubblicato nel 1973 dallo scrittore francese Joseph Joffo.

La storia comincia nel 1941 nella Parigi occupata dai tedeschi., quando gli ebrei iniziano a dover portare la stella di Davide cucita sulla parte sinistra della giacca per essere riconosciuti. La famiglia protagonista del film è costituita dai due genitori e dai loro quattro figli. Costretti a dividersi per poter scappare più facilmente durante la Seconda Guerra mondiale; i due ragazzi più piccoli, Maurice e Joseph, con ingegno, intelligenza e astuzia provano a sfuggire dai nazisti e dall’Olocausto, per poi ritrovarsi nella zona di occupazione italiana, nel sud della Francia, e infine poter tornare a Parigi e riabbracciare il resto della famiglia. Ognuno affronta a modo proprio i problemi, ma facendosi forza l’uno con l’altro e con tanto coraggio riescono finalmente a ritrovarsi tutti insieme dopo la guerra nel momento in cui la Francia viene liberata nel 1944.

Alla base del nazismo c’era l’idea persecutoria che gli ebrei appartenessero ad una “razza” inferiore e non ad una comunità religiosa. Questo modo di pensare fu portato avanti da Adolf Hitler, politico e dittatore tedesco, che li perseguitò e sterminò attraverso l’Olocausto ed il genocidio di cui furono responsabili le autorità della Germania nazista e i loro alleati nei confronti degli ebrei d’Europa e di tante altre comunità chiamate dai nazisti “razze inferiori”.

A me è piaciuto questo film perché racconta di un fatto accaduto realmente. Si parla di un argomento molto complesso e tragico. È un evento difficile da raccontare specialmente ai ragazzi, ma visto dal punto di vista di un ragazzo di quei tempi, può essere più significativo, simbolico e rimane più facilmente impresso nella mente. Questo film richiama il senso dell’articolo 3 della costituzione italiana e dell’importanza di rispettarlo:

Tutti i cittadini hanno pari dignità di sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

Nell’articolo viene specificato che si è tutti uguali davanti alla legge senza nessuna distinzione di sesso, di religione… è stato deciso di specificarlo per evitare fraintendimenti.

Questo evento viene ricordato attraverso la giornata della memoria del 27 gennaio, in cui vengono ricordate tutte le persone che state vittime della persecuzione razziale e politica in cui sono morti sei milioni di ebrei. Una frase particolarmente significativa del film secondo me è: “Meglio uno schiaffo che fa male, che morire per aver paura di affrontarlo” è un modo per dire che è meglio affrontare ciò di cui si ha paura, che scappare per tutta la vita per poi morire senza aver fatto nulla.

di Chiara Minutillo, 1B