Covid-19, lockdown, giovani e dad / INTERVISTA

La prima volta che sentimmo la parola coronavirus fu intorno a metà dicembre 2019. In Italia se ne parlava come una cosa lontana, che sicuramente non avrebbe toccato le nostre realtà. Nessuno immaginava che di lì a poche settimane, proprio quel maledetto virus avrebbe cambiato per sempre le nostre vite. Il 30 gennaio, i primi due casi confermati, a Roma. Due turisti provenienti dalla Cina, ma ancora il problema sembrava non riguardarci. I primi fermenti cominciarono dopo la prima diagnosi confermata di Covid-19 su un italiano, a Codogno.

Da quel momento cominciò l’incubo: le prima zone rosse, le corsie deserte dei supermercati, il lockdown, le prime vittime e, per i giovani, i primi giorni in dad. Ecco le testimonianze di tre ragazzi, Riccardo, Andrea e Norberth, che nel giro di un anno visto le loro vite rivoluzionate dal Covid-19:

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Riccardo

Tutto è iniziato alla fine di febbraio 2020 quando cominciò a circolare la notizia di un virus del quale si sapeva poco e niente. Era una situazione anomala quei giorni. A scuola hanno preferito farci restare a casa per due settimane per evitare qualsiasi problema visto che nemmeno le istituzioni conoscevano la reale portata del virus. Io sinceramente, quando hanno dato la notizia che si stava a casa da scuola per due settimane, ero abbastanza contento. Dopo quelle settimane però l’atmosfera è cambiata, e si cominciava a sentire la tensione dovuta all’aumento dei contagi e alle prime vittime. Arriva il 9 marzo 2020 dove c’era bisogno di risposte perché la gente non sapeva come comportarsi, lo stesso anche io. Giuseppe Conte, in quel momento presidente del Consiglio applica il lockdown perché la situazione non era per nulla facile e c’era bisogno di una soluzione. Conte aveva detto che sarebbe durato fino a metà aprile ma così non fu perché ad aprile la situazione era addirittura peggiorata e allora rimandò la riapertura di tutto e la fine del Lockdown ad inizio giugno. Per me questi tre mesi in casa sono stati molto strani. Innanzitutto sono dovuto stare solo con mia madre con la quale non vado quasi mai d’accordo e infatti non ci sopportavamo più dopo neanche la prima settimana. Inoltre non ho potuto vedere mio padre per tre mesi e sinceramente ne ho sofferto molto. Io durante il lockdown devo dire che non sono stato male perché sono riuscito a trovare lo stesso delle attività per divertirmi, soprattutto giocando alla play con i miei amici alla sera e, durante il giorno, dopo le pesantissime video lezioni, facevo qualche faccenda domestica oppure giocavo con mia mamma a carte giusto per farci passare un po’ di tempo. Finalmente siamo arrivati ai primi di giugno dove ci hanno fatto uscire di casa ed io ho passato una bellissima estate, nonostante le norme Covid. Arriva settembre, decidono di farci tornare a scuola; il virus era debole però per contrastarlo hanno deciso di mandarci a scuola solo al 50%. Nonostante questo ero contento perchè avrei rivisto i miei amici che non vedevo da tantissimo tempo. Passa un mesetto e mezzo e i contagi risalgono molto e la scuola non è più un luogo molto sicuro e il governo decide di mandarci tutti a casa a data da destinarsi. Io non ero molto contento perché mi ero già rotto le scatole di stare a casa… Siamo a gennaio e dopo due mesi lunghissimi in casa, ci rimandano di nuovo a scuola, ed io lì ero molto contento e soddisfatto perché veramente non ce la facevo più a stare a casa. Però non è ancora finita. Passa un mese, arriviamo a metà febbraio e ci rimandano ancora a casa da scuola sempre perché c’erano parecchi contagi e io sono sfinito non ce la faccio più. Adesso siamo a maggio e siamo ritornati a scuola, sperando di non ritornare più chiusi in casa perché non ce la faccio veramente più.

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Andrea

Mi ricordo i primi giorni. Le prime mascherine. “Una semplice influenza” quello che pensava la maggior parte degli italiani. Chi portava la mascherina veniva preso per matto, un paranoico. Nessuno immaginava che poche settimane dopo, proprio la mascherina, sarebbe diventata un’estensione del nostro corpo. All’inizio nessuno prese sul serio la cosa, sul web circolavano decine di teorie sull’origine del virus e le istituzioni non davano risposte. Nonostante l’aria di tensione che si respirava all’esterno però, la scuola sembrava rimanere un posto sicuro. Fino a domenica 23 febbraio. Dalla sera alla mattina abbiamo saputo che lunedì non saremmo andati a scuola, proprio a causa di quella “semplice influenza”. Doveva trattarsi di una settimana, massimo due, giusto il tempo per permettere al governo di capire l’entità del virus. Inizialmente ci sembrava una cosa bella, uno stacco vero e proprio, anche perché non solo non andavamo a scuola ma in pratica potevamo fare tutto: uscire, spostarci dal nostro comune e fare sport. Tutte cose scontate ma che appena qualche settimana dopo non lo sarebbero più state. Quello che non sapevamo è che quell’anno scolastico, per noi sarebbe finito proprio in dad. Non ci sarebbe stato “l’ultimo giorno”, non ci sarebbero stati gli abbracci e i saluti di fine anno. Ma noi questo non lo sapevamo e quindi cominciammo la didattica a distanza. La nostra scuola fu una delle prime ad attrezzarsi per interrompere il meno possibile il regolare svolgimento delle lezioni, la prima lezione in DAD si svolse praticamente dopo tre giorni dalla chiusura. Personalmente, all’inizio non mi sembrò poi così male. Dopo le prime due settimane però la situazione cominciò a diventare più pesante. Mancava il contatto umano, la maggior parte dei professori non riusciva a tenere lezioni capaci di interessarmi. Nonostante ciò, con molta fatica, arrivò l’estate. Tralasciando i limiti imposti dal governo, passai comunque una bella estate. Ad essere sincero, credo che durante l’estate un po’tutti ci dimenticammo del covid, sembrava quasi sparito. Come l’influenza stagionale, il coronavirus ha dimostrato soffrire molto il caldo e infatti finchè le temperature sono rimaste alte non vi furono problemi. I contagi, e di conseguenza le vittime ricominciarono a salire con il ritorno del freddo. Le scuole, riaperte a settembre, furono immediatamente richiuse intorno ai primi di novembre, per poi essere riaperte timidamente a metà gennaio e nuovamente chiuse a febbraio. La dad è diventata così l’unica risorsa per le scuole, ma a parer mio ha solo aggravato la già instabile situazione psicologica dei ragazzi. Ora andiamo a scuola al 50%, non so ancora per quanto. Ora che sono cominciate le vaccinazioni, la mia speranza è solo quella di poter tornare alla normalità, il prima possibile…

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Norberth

In un anno sono cambiate veramente tante cose nella mia vita per colpa del virus che da un anno a questa parte ci sta distruggendo. Purtroppo sono stato contagiato anch’io da questo virus ma per mia fortuna mi è andato via in una sola settimana, anche se è durato così poco è stato veramente noioso perché sono dovuto stare chiuso in camera per una settimana perché nella mia famiglia sono stato contagiato solo io. Questo virus purtroppo ha colpito anche la scuola e infatti da un anno facciamo le lezioni online. Fin dall’inizio io mi sono trovato molto male con questa nuova modalità di istruzione perché non riesco a stare concentrato e capire le cose che mi vengono spiegate, infatti le mie valutazioni sono calate nella prima parte di questo lungo periodo, oltre a me anche tutti i ragazzi che stanno passando questo periodo sono molto stressati sia dalla scuola che dalla situazione attuale e non riescono ad avere i risultati che avevano prima. Andrea Dondi, Riccardo Patella, Norbert Daniel Constandache.

 

Di Andrea Dondi, Riccardo Patella, Constandache Norberth