Sport e Finanza

di Theo Caselli e Matteo Enut, 4F liceo Volta Milano

Il legame tra sport e finanza diventa sempre più importante, ma come funziona veramente il business delle grandi società private?

Per molti lo sport a livello professionistico è solamente intrattenimento passivo, un passatempo, circoscritto alla durata della partita o di un particolare evento.

Non salta subito all’occhio, però, lo stretto rapporto con la finanza, che va oltre la performance sportiva. Tutte le società sportive private, infatti, sono in primis imprese, il cui scopo, oltre a vincere, è ottenere un profitto dalla loro attività. Le tre società sportive dal valore più alto, secondo Forbes, sono il “Dallas Cowboys”, che vale cinque miliardi di dollari, il “New York Yankees”, che ne vale 4,6, e il “Real Madrid”, che ne vale 4,24. In generale, le prime cinquanta società sportive più ricche al mondo sono dei tre principali sport statunitensi (basket, football americano e baseball) e di calcio.

Oggi, sono sempre di meno gli imprenditori che acquistano una società per passione dello sport. Difatti, risulta difficile trovare un club che sia gestito da qualcuno effettivamente appassionato mentre continuano ad aumentare gli investitori consapevoli delle potenzialità economiche di questo settore. Prendendo come esempio le società calcistiche italiane, nell’ultimo decennio il presidente Silvio Berlusconi ha messo fine ad un’era di oltre 30 anni cedendo il Milan ad un imprenditore straniero, mentre Massimo Moratti ha concluso la tradizione gestionale dell’Inter da parte della famiglia Moratti.

Ma quali sono gli aspetti economici dello sport che attirano così tanti nuovi investitori e che spingono molti presidenti-tifosi del passato a rinunciare? La risposta sta nella crescita esponenziale che ha riguardato gran parte delle società sportive a partire dagli inizi del nuovo millennio. Infatti, è in questi anni che, in molti sport, alcune delle maggiori leghe hanno registrato il miglior sviluppo economico di sempre, e, ad esempio, il panorama del calcio europeo è arrivato a moltiplicare il suo fatturato per 6. Alla base di questa crescita, vi è l’aumento dell’interesse nei paesi esteri: in particolare, secondo uno studio del 2018, in Cina quasi un terzo della popolazione urbana è interessata al calcio, creando in questo modo un’opportunità per le società di estendere il loro brand e assicurare nuove entrate.

Per capire quanto effettivamente questi nuovi ricavi hanno influenzato il bilancio delle società calcistiche è necessario fare un’analisi precisa delle loro finanze. Secondo il Centro Studi FIGC, che si occupa dello studio di tutti gli aspetti del calcio, dal 2006 al 2016 il fatturato delle 53 leghe europee ha avuto una crescita del 104,4%, in particolare dovuta all’aumentare dei diritti televisivi e dei ricavi commerciali, entrambi profondamente correlati all’aumento dell’interesse nei paesi esteri. Queste nuove fonti di guadagno hanno però segnato una profonda scissione tra i top club e le altre squadre: nel 2016 i dieci principali club europei realizzavano oltre la metà dei ricavi commerciali delle cinque leghe maggiori e il campionato inglese arrivava ad incassare 1300 miliardi dalla vendita dei diritti TV all’estero, ossia più del triplo di quanto incassato dall’Italia. Le conseguenze di questi numeri sono evidenti: i campionati nazionali vengono vinti ogni anno dalle stesse squadre che poi competono tra di loro a livello europeo. In questo modo, risulta quasi impossibile per squadre che non hanno una situazione economica agevole entrare a far parte di questa élite europea, e per questo motivo in Italia la Juventus è stata l’unica grande società che, attraverso una grande capacità organizzativa, è riuscita a mantenere sotto controllo le finanze senza quindi far ricorso ad un cambio di proprietà. Le altre società, invece, parallelamente alle nuove fonti di ricavi, hanno dovuto cercare di stare al passo dei cambiamenti.  

L’arricchimento dei maggiori club ha provocato un aumento dei costi dei cartellini e degli stipendi dei giocatori, causando perciò un ulteriore divario tecnico, oltre che economico. In questo circolo vizioso, le squadre che non acquistano grandi giocatori hanno poi difficoltà nell’acquisire visibilità e non riescono ad allargare il loro brand, non riuscendo dunque a ritrovare una situazione economica stabile.

Un’altra delle maggiori fonti di incassi è quella della vendita di biglietti per gli incontri sportivi, ma, anche qui, i ricavi della Serie A sono solo una frazione di quanto incassano i maggiori campionati europei. L’inadeguatezza degli stadi italiani è dimostrata dalla mancanza di modernità: solo 3 squadre su 20 possiedono un impianto nuovo di propria costruzione, mentre in Spagna e in Germania l’efficienza degli impianti fece sì che nel 2017 la vendita di biglietti arrivò a formare quasi il 20% del fatturato totale. La questione degli stadi porta anche a conseguenze nell’ambito dei diritti televisivi: in TV è preferibile guardare una partita con un grande pubblico piuttosto che una partita in uno stadio per metà vuoto, diventando la Serie A  per questo motivo meno interessante rispetto agli altri campionati.

Oggi, perciò, lo sport è diventato un business in cui sono necessarie grandi capacità imprenditoriali per sopravvivere. Senza grandi investimenti, la differenza con le altre società aumenta sempre di più e si riducono così le possibilità per chi rimane indietro di entrare stabilmente nell’elite europea. Difatti, le squadre che sono riuscite ad attraversare i cambiamenti sono quelle che hanno saputo subito capire l’importanza di fare grandi spese, ad esempio nella modernizzazione dello stadio o nell’allargamento del brand. In un ambiente sempre più competitivo, dunque, i presidenti del passato che non hanno avuto le capacità imprenditoriali necessarie per stare al passo hanno dovuto lasciare il loro posto a favore di investitori provenienti da tutto il mondo, dimostrando che ci troviamo in un grande momento di transizione.

Da non dimenticare poi il fatto che sempre più società sportive sono quotate in borsa. Ciò è possibile, almeno in Italia, dal 1996, quando venne approvata la legge 18 novembre 1996 n.586, con la quale alle società sportive professionistiche veniva consentito il conseguimento dello scopo di lucro. Oggi le società sportive quotate in borsa in Italia sono tre: la Lazio, la Roma e la Juventus; nella borsa di Londra, invece, sono quotati ben venti “football clubs”, tra cui il Manchester United, mentre negli Stati uniti sono quotate tre società: i Boston Celtics, i Cleveland Indians e i Florida Panthers, squadre, rispettivamente, di pallacanestro, baseball e hockey. È, inoltre, sempre più frequente il passaggio di proprietà di grandi società sportive in mano a fondi di investimento esteri, come il Manchester City, di proprietà del “Abu Dhabi United Group” e il Paris Saint Germain, posseduto da “Qatar Investment Authority”.

Si capisce, così, come le società sportive vadano ben oltre lo sport e come anche questo settore rappresenti un’enorme possibilità di guadagno per imprenditori già affermati.