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Criminalità organizzata, una riflessione sulle donne di mafia

Comunicare la lotta alla mafia attraverso ogni mezzo, da Instagram alla web radio. A parlarne durante una delle cinque giornate dedicate alla Summer-school Dire, tenutasi dal 5 al 9 luglio, Danilo Sulis, amico di Peppino Impastato e presidente di Rete 100 passi; Alessio Pasquini, giornalista e portavoce del senatore Pietro Grasso; Rachele Giacoletti, studentessa del liceo scientifico ‘Galilei’ di Palermo e speaker radiofonica a Radio 100 passi. Le storie del passato, le vittime della criminalità mafiosa, note e meno note, sono state raccontate dagli ospiti della diretta, sui canali social dell’agenzia di stampa nazionale. Diverse sono state le domande poste dagli studenti e studentesse partecipanti al corso di giornalismo ai relatori. Diversi sono stati gli spunti di riflessione sulla mafia in tutte le sue manifestazioni. 

La mafia ha molti complici e spesso tendiamo a pensare che siano tutti uomini grandi e forti, ma non è così.

Il ruolo della figura femminile nella mafia è sottovalutato, certo non gode della libertà che le spetta, data la percezione ancora molto arretrata della donna agli occhi degli stessi uomini, ma potremmo, allo stesso tempo, dire che sono fondamentali. La donna ha il compito di pensare alla famiglia ed educare i figli, insegnandoli che, in futuro, avranno una grande responsabilità: quella di portare avanti il “nome” della famiglia.

La donna, in questo caso moglie, è vista, inoltre, come una persona di estrema fiducia, l’uomo si affida ciecamente a lei, anche per consigli e suggerimenti in caso di difficoltà ed indecisione. Altro aspetto, un po’ più astratto, che riguarda il ruolo della donna è quello di “covare” ed aspettare la vendetta, facendola uscire solo nel momento in cui l’uomo decide di vendicarsi contro chi non ha portato onore e rispetto alla propria persona ed al proprio clan di appartenenza.

Alessandra Stracchi, liceo ‘Giulio Cesare’, Roma