Il Bosco Sacro della dea Angizia

 

Il bosco sacro della dea Angizia si trova sulla sponda meridionale del Fucino, nei pressi dell’attuale centro di Luco dei Marsi (AQ).

Gli antichi abitanti di questa zona (Marsi, Peligni e Osco-Umbri) lo veneravano perché sacro alla loro più importante divinità: la dea Angizia.

Ad oggi, dell’antico santuario dedicato alla divinità rimangono solo le strutture di un circuito murario risalente all’incirca alla fine del IV secolo a.C.

 

La misteriosa storia della dea Angizia

Secondo la leggenda, Angizia, sorella della maga Circe, era un’incantatrice di serpenti estremamente abile nell’arte dell’utilizzo e della produzione di veleni e antidoti, per questo probabilmente era ritenuta una dea della guarigione. Arrivò anche al punto di educare i popoli locali all’utilizzo di tali “pozioni” . La tradizione vuole che tra i suoi allievi ci fosse anche Umbrone, condottiero Marso caduto per mano di Enea durante la guerra tra troiani e italici. E’  per questo che troviamo la figura della dea Angizia anche nel VII libro della famosissima Eneide scritta da Virgilio. Secondo quest’ultimo “le conoscenze acquisite da Umbrone dalla dea non bastarno a salvarlo nello scontro con l’eroe troiano e questo fu motivo di grande dolore per la popolazione locale e per la stessa Angizia” .

“Angitia, figlia di Eeta, per prima scoprì le male Erbe,

così dicono, e maneggiava da padrona i veleni

e traeva giù la luna dal cielo;

con le grida i fiumi tratteneva e,

chiamandole, spogliava i monti delle selve.”

Slius Italicus (libro VIII, 495-501)      

 

La leggenda in tempi più recenti

Come già accennato precedentemente la storia che ruota attorno alla figura di Angizia risale a migliaia di anni fa,  all’avanti Cristo;  ma con il passare dei secoli, con l’avvento di nuove religioni e nuovi credi sarà questo personaggio scomparso del tutto senza lasciare tracce?

Alcuni anziani del paese hanno raccontato che fino alla fine dell’Ottocento, sulle sponde del Fucino, i bambini trascorrevano il loro tempo giocando ad un gioco alquanto singolare che prendeva il nome di “Il gioco di Angizia”. Vi si giocava prevalentemente nelle giornate nuvolose. Non ci sono certezze su come sia nato, per molti il rito aveva lo scopo di scongiurare la pioggia, secondo altri si trattava di un rito propiziatorio.

Come si giocava? 

Secondo i racconti, i bambini indossavano degli stracci cercando di imitare il vestiario degli antichi sacerdoti devoti alla dea. Iniziava quindi il gioco che poteva avere da un minimo di cinque ad un massimo di venti partecipanti. Il gioco prevedeva diverse fasi, canti e filastrocche. Talvolta, in estate, i ragazzi più “temerari” introducevano nel gioco anche dei  rettili non velenosi.

Con il passare del tempo, anche questo piccolo residuo di tradizione è andato perso nella storia e, ad oggi, la leggenda che ruota attorno al bosco sacro della dea Angizia è nota a pochi. 

 

Laura Del Casale