Il lavoro minorile

Il dodici Giugno si celebra la Giornata mondiale contro il lavoro minorile, istituita nel 2002 dall’ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro) con l’obiettivo di porre l’attenzione di tutto il mondo sulla grande diffusione del lavoro minorile.

Definire il concetto di lavoro minorile non è semplice considerando che ci troviamo di fronte ad un fenomeno complesso, con risvolti non solo economici e sociali, ma anche etici e politici.

Il lavoro in sé contribuisce positivamente allo sviluppo dell’uomo, può insegnare il senso di responsabilità e particolari abilità che saranno utili per la propria vita e per il resto della società.

Nel mondo però milioni di bambini sono costretti a lavorare in condizioni rischiose che mettono a rischio la propria salute e addirittura la propria vita.

Le legislazioni nazionali e le convenzioni internazionali applicano come criterio distintivo, nella definizione di lavoro minorile, l’età:

  • La Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti del Fanciullo del 1989 definisce fanciullo ogni essere umano di età inferiore ai diciotto anni

  • La Convenzione dell’International Labour Organization 138 del 1973 stabilisce che l’età minima di ammissione al lavoro non può essere inferiore a quella prevista per il completamento della scuola dell’obbligo e, in ogni caso, non deve essere inferiore ai 15 anni.

Più articolata è la distinzione operata dall’Unicef tra “child labour” e “child work”.

Con “child labour” si intende quella attività lavorativa che non rispetta i diritti fondamentali del bambino, impedendogli di frequentare la scuola e sottoponendolo a compiti pericolosi.

Per “child work”, al contrario, si intende un lavoro leggero che non ostacola l’istruzione o l’attività ludica.

Nel mondo i bambini (tra 0 e 14 anni) sono più di due miliardi: la maggior parte vive nei Paesi poveri. Nella fascia d’età tra i 5 e i 14 anni i bambini dei paesi poveri sono circa un miliardo e, di questi, un gran numero lavora, anche a tempo pieno.

Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale del Lavoro, nel mondo 250 milioni di bambini al di sotto dei 14 anni sono costretti a lavorare.

Non è facile però ottenere dati certi sulla gravità dello sfruttamento minorile perché spesso i governi stessi e i datori di lavoro non ammettono questo fenomeno. In paesi come il Brasile, l’Africa, la Russia o la Romania è comune vedere molti bambini che lavorano, mentre si vedono meno i lavoratori domestici che sono anche i più indifesi.

Sicuramente c’è una stretta relazione tra povertà e sfruttamento del lavoro minorile: molte volte sono le famiglie che devono chiedere a tutti i componenti, compresi i più piccoli, di darsi da fare per poter sopravvivere.

Insomma, il lavoro minorile è una conseguenza inevitabile della povertà? Non sempre. A volte può addirittura alimentarla: infatti, favorisce l’abbassamento dei salari e quindi la disoccupazione degli adulti.

Un sistema per provare a contrastare lo sfruttamento del lavoro minorile potrebbe essere rendere obbligatoria e gratuita la scuola.

L’accesso libero alla scuola garantirebbe ai bambini la prospettiva di una vita migliore e la possibilità di ottenere un buon lavoro.

Questo ciclo di povertà che porta a fenomeni come lo sfruttamento minorile si può interrompere combattendo e cercando di aiutare e non sfruttare questi paesi sottosviluppati e i loro abitanti.

Lisa Trinito IVD