Cop26: non solo parole, contano i fatti

La Cop26, forse la prima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici a ricevere tanto interesse e tanta attenzione mediatica, data l’importanza e l’attualità di un problema che non si può più evitare, è iniziata da più di una settimana e ormai sta volgendo al termine.

Molte sono le contestazioni riportate dai vari ambientalisti in merito alla Conferenza. 

Al centro delle varie critiche troviamo l’incredibile capacità dei leader mondiali di saper adoperare magnifici slogan che accompagnano lodevoli discorsi che restano comunque astratti, evidenziando una grande discrepanza con i fatti. Le parole risultano un semplice “Bla, bla, bla…”, come afferma l’attivista Greta Thunberg . Una conferenza fatta esclusivamente di belle parole e priva di fatti concreti, un totale fallimento. Ha ragione?

In effetti, oltre ai discorsi che la Thunberg giudica “vuoti”, molti sono gli elementi evidenziati dai media; ad esempio la scandalosa e abnorme quantità di combustibile fossile impiegato da più di quattrocento jet privati utilizzati dai potenti per raggiungere la Conferenza. Secondo le stime, l’insieme di jet che arrivano e continuano ad arrivare a Glasgow, genera tredicimila tonnellate di CO2.

La domanda da porsi è dunque questa: i grandi della terra, che affascinano con eccelsi discorsi sull’ambiente, sulla sua salvaguardia, sui limiti di emissione di CO2 e di altri gas dannosi, quando sono a casa, lontani dalle conferenze, nei rispettivi Paesi,  contribuiscono davvero alla salvaguardia del pianeta?

Grande scalpore è stato suscitato dalla Cina che ha deciso invece di incrementare la produzione di carbone di un milione di tonnellate al giorno al fine di fronteggiare la profonda crisi energetica che l’ha afflitta negli ultimi tempi. Ovviamente, non è l’unica nazione che continua ad investire sul combustibile fossile, nonostante i ripetuti allarmi climatici.

 Siamo davvero giunti ad una svolta o stiamo semplicemente parlando di una svolta?

Laura Del Casale