Il paradosso della legalizzazione delle droghe leggere

Legalizzare le droghe leggere potrebbe sembrare un paradosso. Vi è, ad ogni modo, la certezza che gli aspetti negativi siano maggiormente fondati rispetto a quelli positivi?

Nel linguaggio corrente, “droga leggera” designa una varietà di sostanze (contenenti una particolare proteina detta “delta 9-THC”)che derivano dalla canapa indiana (quali ad esempio la cannabis, marijuana, hashish). Queste sostanze sono definite “leggere” in quanto gli effetti psicoattivi ed i danni alla salute sono decisamente minori rispetto agli esecrabili danni causati dall’assunzione di droghe pesanti, quali cocaina o eroina.
Inoltre, le sostanze in questione costituiscono un elemento cardine a livello terapeutico. Infatti, le loro capacità inibitorie superano decisamente quelle dei  principi attivi dei più svariati medicinali.

Nel nostro paese queste sostanze sono considerate illegali, ma questo non implica la loro assenza sul territorio, in quanto la privazione non ne diminuisce il desiderio o l’abuso. In Italia, infatti, sono largamente diffuse dal mercato illegale che prospera ingente guadagno per la mafia e le organizzazioni a delinquere in genere. 

Legalizzare le droghe leggere sarebbe non soltanto un modo per contrastare il mercato illegale, ma, secondo fondati studi, diminuirebbe anche l’utilizzo di droghe pesanti aumentando la consapevolezza e la responsabilità dell’ente statale, come è avvenuto in Olanda. Statisticamente nei Paesi Bassi l’utilizzo di droghe pesanti è dell’1,8%, mentre nel nostro paese è del 16%.  Dai dati è facilmente intuibile che l’illegalità delle droghe leggere non sradica né l’utilizzo, né il mercato illegale che, in quanto unico detentore del monopolio narcotico, viene incoerentemente favorito.

Ritornando alla nostra situazione geopolitica, il problema sostanziale in Italia è la futile considerazione degli stereotipi diffusi a partire dagli anni ‘70 che contrastano, offuscano e negano l’evidenza scientifica.

Uno degli stereotipi potrebbe essere che la legalizzazione di queste causi un problema per la società ed aumenti la diffusione delle stesse. Tutto ciò è smentito dai dati scientifici e dalle sopra citate considerazioni. Inoltre, la loro legalizzazione implicherebbe soltanto un aumento trascurabile in relazione agli altri abusi. La loro illegalità è, altresì, un esempio di “incoerenza” della nostra società, considerando che vi sono sostanze peggiori a livello sanitario e sociale ad oggi in Italia diffusissime e soprattutto legali. Basti pensare all’alcool o all’abuso di psicofarmaci privi di prescrizione.
Privare non significa estirpare il desiderio. Questo potrebbe essere estinto soltanto da una corretta consapevolezza e da una corretta campagna di sensibilizzazione, che in Italia è assente. 

Un altro stereotipo diffuso è che l’ipotetica legalità generi l’aumento della spesa sanitaria. Ciò non sarebbe causato se ci fosse una diffusione tracciata di marijuana derivante da filiere controllate e quindi con una bassa percentuale di additivi nocivi. Per di più la diminuzione del mercato nero implicherebbe meno reati riducendo il sovraffollamento delle carceri e, soprattutto, eviterebbe le  ingenti spese processuali. In Lussemburgo è stata recentemente legalizzata la coltivazione domestica di cannabis con il principale obiettivo di contrastare il mercato illegale e garantire un uso esclusivo soltanto a livello domestico. In Italia ciò potrà forse accadere un giorno?

di D’Annunzio Sara