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Il 25 Novembre ricorre la giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

Secondo l’Istat, il 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni è stata vittima di una qualche forma di violenza di genere.

La violenza sulle donne ci è spesso stata presentata semplicemente come violenza fisica, violenza scaturita da menti malate i cui attacchi d’ira si ripercuotono sull’esistenza delle vittime: figlie, fidanzate o mogli che finiscono per perdere la propria vita a causa della brutalità di una mente deviata.

I video, che vengono mostrati a noi giovani per sensibilizzarci riguardo l’argomento, raffigurano quasi sempre donne con lividi ed occhi neri e si soffermano troppo poco su tutto ciò che avviene prima dell’aggressione fisica.

Perché, ancor prima dell’aggressione fisica c’è l’aggressione verbale e, prima delle parole, ci sono i pensieri, ed i nostri pensieri sono inevitabilmente influenzati da ciò che abbiamo intorno, dalla nostra società, dalla nostra cultura e dalla nostra educazione.

Sarebbe troppo scomodo, però, ammettere questa dura verità  quando è molto più semplice ridurre la lotta contro la violenza ad un semplice video. Chi mai ammetterebbe a cuor leggero che, se nel 2020 ci sono stati 112  femminicidi,  siamo stati noi stessi i carnefici?

Eppure, le bambine crescono pensando che se un bambino tira loro i capelli, è perché gli piacciono e così iniziano ad interiorizzare l’idea che un gesto che fa male possa essere sintomo di affetto;  ma qualcosa che  procura dolore come potrebbe mai essere anche lontanamente simile all’amore? 

Ovviamente, ciò è un semplice esempio e in un bambino non c’è l’intenzione alcuna di procurare dispiacere ad una bambina, ma se, invece, i genitori  invertissero la tendenza e insegnassero ai bambini a portare un fiore o a  regalare un disegno alla compagna preferita? 

Crescendo, noi ragazze leggiamo libri e guardiamo film d’amore in cui spesso, però, di romantico non c’è proprio nulla, caratterizzati dall’idealizzazione di un ragazzo forte e presuntuoso, che nasconde l’interesse per la ragazza trattandola male e prevaricandola.

Contemporaneamente, i ragazzi giocano a videogiochi violenti , pieni zeppi di odio e battute sessiste.

Se una ragazza piange è sensibile, se un ragazzo piange è una femminuccia.

Se un ragazzo dice parolacce è soltanto una fase, se una ragazza dice parolacce è scurrile.

Se un ragazzo esce con gli amici e torna tardi va bene, se una ragazza esce con gli amici e torna tardi allora chissà cosa è andata a fare.

Alle ragazze le materie umanistiche, ai ragazzi le materie scientifiche.

Alle ragazze il rosa, ai ragazzi il blu.

Alle ragazze le bambole, ai ragazzi le macchinine.

E poi ci stupiamo della violenza, quando cresciamo imprigionati in queste categorie e non sappiamo riconoscere quale sia la differenza tra affetto e possesso, tra chi ci vuole bene e chi ci vuole male.

Celebriamo la giornata contro la violenza sulle donne, ma ridiamo alle solite quattro battute misogine che ci vengono riproposte dopo anni ed anni; colpevolizziamo tutte le ragazze che denunciano una violenza; consideriamo gli apprezzamenti non richiesti e i fischi semplici complimenti;  critichiamo una ragazza per il suo abbigliamento;  ridicolizziamo i ragazzi educati e rispettosi (quando dovrebbero esserlo tutti) perché cresciamo con l’ideale del “macho” irrispettoso e irruento;  ci basta un “VIP” che in diretta nazionale ritratta i diritti per cui le donne hanno lottato, per farci mettere in discussione anni di fatica per quegli stessi diritti.

Forse, se si iniziasse a promuovere la gentilezza, l’educazione e la cultura  e se si facesse capire alle ragazze che la violenza non corrisponde mai all’amore e ai ragazzi che non si deve per forza essere indistruttibili per essere uomini, magari saremmo un po’ meno carnefici, giorno dopo giorno.

Ludovica Berna, 3^ Dno

Disegno di Martina Marcianò 5^ Bsa