Intervista a Mariagrazia Losurdo

Sabato 20 novembre sembrava una giornata come le altre, ma non era così. Abbiamo intervistato Mariagrazia Losurdo.

 

Come mai durante la settimana dedicata alla lettura nelle scuole è stata invitata una studentessa universitaria?

 

Riordiniamo le idee: il 26 ottobre 2021, la nostra conterranea è stata selezionata come migliore studentessa della provincia BAT (Barletta-Andria-Trani) e ha ricevuto l’attestato d’onore e la Medaglia del Presidente della Repubblica come alfiere del lavoro. Un premio istituito nel 1961, in coincidenza del centenario dell’Unità d’Italia.

 

Come hai reagito quando hai ricevuto la telefonata dalla segreteria del Quirinale?

Frequentavo l’ultimo anno presso l’Istituto “Garrone” e all’inizio pensavo che si trattasse di uno scherzo telefonico. Sapevo della mia segnalazione ma mi sembrava impossibile che fosse toccato proprio a me. Ho realizzato che fosse vero e reale, quando ho ricevuto la mail con le indicazioni più precise.

 

Oltre ad essere un cavaliere del lavoro, hai scritto anche un romanzo La fragilità sa di bellezza. Qual è il significato del titolo?

 

Il titolo è essenzialmente autobiografico. Ad un certo punto della mia vita mi sono resa conto che mostrare la propria fragilità agli altri poteva essere sinonimo di bellezza. In una società dove vince la forza ho dato valore alla mia fragilità e a quella degli altri che stanno cercando “il loro posto nel mondo”.

 

Perché scrivi?

Io scrivo essenzialmente per me stessa. Poi accade, come è accaduto per il romanzo, che le mie riflessioni condivise con chi mi vuole bene, diventino sempre più forti fino al punto che sembrerebbe quasi naturale pubblicarle, anche se non scrivo per pubblicare, ma scrivo per me stessa, per riflettere, per pensare.

 

Quando hai scoperto la passione per la scrittura?

Credo in terza elementare. Cominciavo a scrivere e lo faccio ancora adesso i miei pensieri su fogli liberi. La mia prima ispirazione è stata la natura, precisamente  Montegrosso, una piccola frazione della città di Andria. E poi non ho più smesso.

 

Come mai hai conosciuto la nostra prof e quando?

Frequentavo la classe quinta e mi ero iscritta ad un laboratorio di giornalismo, per il passaggio alla scuola media. Avevo nel mio cassetto diverse poesie, rigorosamente scritte su fogli sparsi.

Assaporando il gusto di vedere il proprio articolo pubblicato sul giornale scolastico, le chiesi  un parere sulle mie poesie “giovanili”. La vostra prof lesse le mie poesie, ad ognuna diede un titolo e stampò un piccolo libricino che conservo ancora.

 

Potresti leggerne qualcuna?

Preferisco che lo faccia la vostra prof.

 

Abbiamo ascoltato Amore infinito. A chi era dedicata?

Al mio compagno di banco. Capita a quella età di avere una cotta. In realtà tutto ciò che è descritto nella poesia è accaduto realmente.

 

E oggi scrivi ancora poesie?

Sì scrivo poesie senza titolo.

 

E che cosa vorresti leggere?

A voi la scelta.

 

Abbiamo ascoltato la poesia numero 3 che da oggi avrà un titolo Figlia. Sei d’accordo?

 

Come potrei non esserlo. Per me è difficile dare un titolo alle mie poesie perché tutto ciò che scrivo è importante. Non vorrei “offendere” i miei semplici versi.

 

L’intervista è terminata. Grazie per averci dedicato il tuo tempo. Faremo tesoro del tuo esempio e anche noi cercheremo il nostro posto nel mondo.

 

Anna, Antonio e Gabriele

Classe II G