COP 26, tra luci e ombre.

Nell’accordo ONU piccoli segnali a tutela dell’ambiente.

Il 1 novembre 2021 le più grandi potenze mondiali si sono riunite a Glasgow, in Scozia, per affrontare uno dei temi più scottanti di questo periodo: il clima.

Da quasi tre decenni l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) riunisce la maggior parte dei Paesi della terra in quelli che vengono definiti i vertici globali del clima, chiamati COP, ovvero “Conferenza delle Parti”. Quest’anno si è tenuto il 26esimo vertice, da qui il nome Cop 26.

Si tratta della conferenza mondiale in cui, ogni anno, i Capi di Stato, tra Paesi grandi e piccoli, si incontrano per promuovere la protezione del clima a livello globale e per dare sostegno alle Nazioni in via di sviluppo e già fortemente colpite dai disastri naturali, causati dal riscaldamento dell’ecosistema globale.

A fine Conferenza è stato sottoscritto un documento, in cui sono stati evidenziati i risultati raggiunti. Per alcuni versi sono stati definiti ottimi, ma per altri deludenti. Tra gli obiettivi raggiunti, al primo posto è stata tenuta viva l’intenzione di mantenere la temperatura entro 1,5 gradi, rispetto ai livelli preindustriali. Si tratta di un buon risultato perché stabilisce che ogni Paese dovrà rivedere i propri Piani nazionali di consumo energetico, che saranno successivamente verificati nella COP27, in programma in Egitto.

Il secondo risultato è stato l’accordo di ridurre l’utilizzo del carbone. Definito deludente, in realtà, è stato il frutto di un compromesso, richiesto dall’India. Rispetto alla prima bozza dell’accordo, che stabiliva di eliminare gradualmente l’utilizzo di questi combustibili, l’accordo finale ha stabilito solo di ridurne l’utilizzo.

Altro obiettivo raggiunto è quello di adattarsi per la salvaguardia delle comunità e degli habitat naturali, con lo scopo di costruire difese e infrastrutture per contrapporre la perdita di abitazioni e persino di vite umane.

I temi legati alla salvaguardia dell’ambiente sono stati trattati dal movimento “Fridays for Future”, ideato dalla giovane svedese Greta Thunberg che, per attirare l’attenzione dei “grandi della terra”, tutti i venerdì del mese di agosto 2018 ha scioperato, assentandosi da scuola a tutela dell’ambiente. In occasione della Cop 26 centinaia di ragazzi, riuniti in questo movimento e giunti da diversi Paesi del mondo, ha manifestato contro le mancate decisione dei Capi di Stato. “Green economy: bla, bla, bla. Emissioni zero entro il 2050: bla, bla, bla”, è la frase incisiva del discorso di Greta, tenuto a Milano in quegli stessi giorni. Greta ha saputo sottolineare come i leader politici non abbiano fatto che parlare, senza agire di conseguenza. Le sue parole segnano una differenza, tra chi è attivamente impegnato nella causa climatica e chi non lo è.

La crisi climatica è uno dei più grandi disastri di tutti i tempi. A causa del cambiamento climatico, milioni di persone soffrono per siccità e carestie. Più si aspetta, più la situazione peggiorerà. Si pensa che nel corso degli anni la temperatura aumenterà di ben 2,7 gradi. Un aumento che compromette il futuro dell’Umanità, perché l’esistenza stessa di tutti risulterebbe in pericolo.

Giovanna Inuso 3Dno