Lezione sulle mafie.

Intervista a Vincenzo Musacchio – LAVORO DI GRUPPO CLASSI 4a e 5a – Scuola primaria Vinchiaturo (CB) docenti Giuliana Vitale e Luisa Infante.

Vincenzo Musacchio, criminologo, giurista e associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). Ricercatore dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. Nella sua carriera è stato allievo di Giuliano Vassalli, amico e collaboratore di Antonino Caponnetto, magistrato italiano conosciuto per aver guidato il Pool antimafia con Falcone e Borsellino nella seconda metà degli anni ’80.  È oggi uno dei più accreditati studiosi delle nuove mafie transnazionali, un autorevole studioso a livello internazionale di strategie di lotta al crimine organizzato. Autore di numerosi saggi e di una monografia pubblicata in cinquantaquattro Stati scritta con Franco Roberti dal titolo “La lotta alle nuove mafie va combattuta a livello transnazionale”. È considerato il maggior esperto di mafia albanese e i sui lavori di approfondimento in materia sono stati utilizzati anche a livello europeo.

Professor Musacchio quando parliamo di mafia a cosa ci riferiamo?

Non parlerei di mafia, ma di mafie e cioè di varie forme di criminalità organizzata che ormai hanno tentacoli in ogni parte del globo. Si tratta di organizzazioni criminali transnazionali molto potenti che godono di consenso sociale e hanno relazioni con la politica, le istituzioni, l’economia e la finanza mondiali.

Quando si diventa mafiosi nel senso vero della parola?

Le mafie selezionano i giovani con molta attenzione e dovizia. Valutano, l’intelligenza, la determinazione, l’intraprendenza e l’obbedienza. Luigi Bonaventura, ex mafioso oggi collaboratore di giustizia, ci racconta come “i boss ti seguono fin da bambino, ti crescono, ti osservano, ti allevano, ti insegnano a sparare e ad uccidere. Quando ti chiamano, tu sai già dove stai entrando, anche perché hai già servito questi uomini. Sai perfettamente qual è il discorso, e comunque c’è sempre una persona che ti guida.” I figli di molti boss mafiosi, oggi, alla pistola hanno sostituito lo smartphone e i computer.

I giovani dunque sono una risorsa delle mafie?

Assolutamente sì. Non può che essere così altrimenti le mafie si sarebbero già estinte. I giovanissimi sono una risorsa che costa poco o nulla  e conviene all’organizzazione mafiosa.

Qual è il ruolo delle donne nella mafia?

Fino a pochi anni fa erano escluse nei ruoli di vertice e nell’organizzazione stessa. Oggi non è più così. Ci sono donne che in assenza dei loro mariti assumono posizioni di potere, si sostituiscono ai loro padri o mariti arrestati e gestiscono direttamente gli affari criminali. Per fare un esempio storico, Rosetta Cutolo sostituì il fratello Raffaele quando quest’ultimo fu recluso.

Le guerre tra cosche mafiose rivali che valore hanno?

Giovanni Falcone diceva che bisognava preoccuparsi quando le mafie erano silenti poiché in quel caso gli affari andavano bene. Le guerre nascono quando è messa in discussione la supremazia di una cosca rispetto ad un’altra nel controllare un territorio o specifici interessi criminali (piazze di spaccio, estorsioni, prostituzione). Talvolta le guerre di mafia scoppiano anche per avidità, ma nascono soprattutto per brame di supremazia.

Come mai la mafia uccide sempre di meno?

Ha compreso che la violenza e le uccisioni non convengono più. Attirano l’attenzione delle forze dell’ordine e della magistratura. Meglio usare il denaro e corrompere. Le nuove mafie oggi sono mercatistiche, tecnologiche e transnazionali. Non c’è più la mafia stragista.

Ci spiega in parole semplici cos’è il pizzo?

Il pizzo è un tributo che la mafia impone a chiunque gestisca un’attività economica. Se vuoi lavorare devi pagare una quota mensile. Tutti, commercianti, imprenditori, professionisti, artigiani, venditori ambulanti, supermercati pagano. Addirittura oggi non occorre più neanche la violenza poiché spesso sono le stesse vittime a recarsi dai loro carnefici per chiedere di pagare e stare tranquilli.

Ci spiega anche cosa è l’usura?

Assieme al riciclaggio e alle estorsioni è uno di quei reati definiti “spia” che solitamente segnalano la presenza di organizzazioni mafiose in un determinato territorio. L’usura è una pratica antica che consiste nel prestare soldi con interessi talmente alti da rendere la restituzione quasi sempre impossibile. Chi gestisce una attività economica  si rivolge ai mafiosi per chiedere prestiti. La vittima spesso è costretta a cedere la sua attività. Le nuove mafie anche in questo contesto hanno cambiato strategia e invece di estromettere il precedente proprietario lo lasciano al suo posto e lo usano come testa di legno concedendogli una parte dei guadagni.

Abbiamo sentito spesso da lei oggi la parola “infiltrazioni mafiose” che vuol dire questa parola, ce lo può spiegare?

Le mafie sono presenti sempre dove vi sia da gestire denaro e potere. Si infiltrano nelle amministrazioni comunali, provinciali e regionali, nel circuito degli appalti e nell’economia. Gestiscono potere nelle ASL, le aziende sanitarie locali, nelle imprese private e nelle banche. Fanno vincere concorsi e raccomandano persone di propria fiducia. Chi entra negli enti locali o in Parlamento con i voti delle mafie garantisce poi gli interessi mafiosi. Paolo Borsellino diceva  che “mafia e politica sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio: o si fanno la guerra o si mettono d’accordo”. Il terreno su cui possono accordarsi è la spartizione del denaro e del potere.

Quali sono le principali fonti di guadagno della mafia?

La principale in assoluto è la droga. Le estorsioni e l’usura garantiscono liquidità, denaro in contanti, ma l’investimento più importante è quello della droga e delle armi con cui si ottengono enormi guadagni.

Cosa sono i pentiti?

Sono persone che decidono di lasciare l’organizzazione mafiosa di cui fanno parte e di collaborare con la giustizia. Ci sono però anche i testimoni di giustizia che invece sono coloro che assistono a delitti di mafia o sono vittime e decidono di testimoniare.

Professore lei ha conosciuto il giudice Caponnetto ci racconta che persona fosse?

L’ho conosciuto grazie a Maria Falcone sorella di Giovanni e l’ho invitato nel 1993 a Termoli per parlare di mafia e di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Da allora fino alla sua morte nel 2006 ci siamo frequentati e sentiti spesso. La cosa che mi ha legato di più a lui è stata la profonda stima che nutrivo nei suoi confronti. Avevamo spesso gli stessi pensieri e le stesse idee. Era una persona preparatissima e molto umile.

Tra le tante vittime di mafia ne ricorda qualcuna che l’ha colpita?

Si una in particolare c’è. Si chiamava Rita Atria. Mi piacque molto il suo pensiero sulle mafie. “Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c’è nel giro dei tuoi amici, la mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarsi. ”. Questa considerazione ci fa riflettere sul fatto che oltre la mafia c’è da sconfiggere anche la mafiosità e cioè il nostro essere mafiosi.

Ci spiega cosa era il ‘’Pool Antimafia’’?

Fu un’idea di Rocco Chinnici, un bravissimo giudice, il quale comprese che per non far uccidere i singoli magistrati che lottavano la mafia occorreva creare una squadra unendo le indagini di tutti. In questa squadra c’erano Falcone e Borsellino e poi arrivò anche Antonino Caponnetto a raccogliere il testimone di Chinnici nel frattempo assassinato dalla mafia. Il messaggio era: insieme siamo più forti!

Chi era Tommaso Buscetta?

Era un capo mafia e grazie alla sua collaborazione è stato possibile conoscere tantissimi segreti, nomi, volti, capi mafia, regole, simboli e tanto altro ancora. Fu lui a dire a Giovanni Falcone che la mafia non si chiamava così, ma il suo nome era “Cosa Nostra”. I pentiti sono molto importanti perché grazie a loro conosciamo segreti che ci aiutano a combattere e poter sconfiggere le mafie.

Professore per il suo lavoro ha subito minacce? Ha una scorta?

Ho subito qualche minaccia. Non ho fortunatamente una scorta e spero di non averne mai bisogno in futuro.

Quali sono le motivazioni che la portano a parlare di mafia nelle scuole?

Devo riconoscere che non ho sempre avuto un grande senso civico e tanto coraggio ma a un certo punto della mia vita ho sentito il bisogno di fare qualcosa di concreto, prima della Strage di Capaci a febbraio Giovanni Falcone rispose a una mia lettera le sue parole mi hanno cambiato e il prossimo anno saranno trent’anni d’incontri nelle scuole d’Italia in lungo e in largo.

Quando aveva la nostra età, ha mai sentito parlare di mafia?

Per la mia generazione la mafia non esisteva e di conseguenza non se ne parlava mai. Ne ho conosciuta l’esistenza quando fu ucciso il Generale Dalla Chiesa, quindi, molto tardi per la mia età.

Sconfiggeremo la mafia?

Se tutti noi qui presenti, assieme a tantissime altre persone, rifiuteremo la mafia e collaboreremo con la giustizia, forse un giorno potremo eliminarla definitivamente.