L’architettura ostile

L’architettura ostile, anche detta architettura difensiva, è un metodo di progettazione urbanistica avente il fine di impedire comportamenti ritenuti vandalici, diffusosi dal 1970, quando il criminologo Clarence Jeffery studiò delle congetture architettoniche per evitare atti scorretti.

Il fine dell’architettura ostile è, però spesso, oggetto di dibattiti fondati sul contrasto che vi è tra il formale fine espostovi nella definizione ed un ipotetico fine dissacrante che ostacola la vita dei meno abbienti. Esempi di architetture ostili sono le panchine “anti senzatetto” nonché panchine con i sedili inclinati o con bracci mediani. Esse, oltre ad ostacolare i senzatetto, in alcune circostanze hanno anche la funzione  di impedire di usare lo skateboard oppure di sporcare determinate aree.

Vi sono varie controversie tra chi sostiene che l’architettura ostile migliori la civiltà e chi sostiene che favorisca le divisioni sociali creando disagi pubblici.

ALTRI DISPOSITIVI

In diverse città, anche italiane, vi sono esempi di architettura ostile, a cui si aggiungono ulteriori “dispositivi”; deterrente che favorisce il clima esecrabile, quali altoparlanti generatori di ronzii (installati ad esempio in varie città americane). Oppure, come in Inghilterra, sono installate delle luci rosa con il fine di “evidenziare” le imperfezioni degli adolescenti per non invogliarli ad uscire di casa durante le ore notturne.

Non è ancora stata verificata la tempestiva efficacia di queste coadiuvanti dell’architettura ostile. In alcuni bagni pubblici, per lo più nei paesi anglosassoni, sono state installate delle luci blu al fine di scoraggiare i tossici dipendenti a “bucarsi” dato che risulta più difficile intravedere le vene.

Per quel che concerne l’opinione pubblica riguardo l’architettura “anti-senzatetto”, questa strategia è spesso motivo di riflessione sulla vita dei clochard che, invece di essere affrontato come un problema umano viene considerato un problema tecnico. In antitesi, vi sono persone che la considerano un modo per diminuire  il bisogno di sorveglianza e di intervento urbano.

Sara Maria Giuseppina D’Annunzio