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Mostro di Firenze: mistero irrisolto per il primo killer seriale in Italia

Il mostro di Firenze ha commesso otto duplici omicidi

Quello del “Mostro di Firenze” fu il primo caso riconosciuto di omicidio seriale in Italia. La sua storia è tutt’oggi intricata e confusa e non è ancora stata del tutto chiarita, il caso rimane aperto. Molte furono le piste e i depistaggi. Da Pietro Pacciani, il più noto tra le persone indiziate, alla condanna dei suoi “compagni di merende”, fino alle ipotesi di possibili mandanti, di sette sataniche e tantissime altre ipotesi. Tutt’oggi l’inchiesta rimane aperta. Ecco tutto quello che c’è da sapere sul caso del “mostro”.

Chi è il Mostro di Firenze?

Il Mostro di Firenze è il nome con cui i media italiani indicarono il “maniaco delle coppiette”, autore di sette duplici omicidi perpetrati nell’arco di 11 o 17 anni, a seconda dell’attribuzione del primo delitto.

Le vittime furono coppie di ragazzi uccise con modus operandi simile o identico, mentre si trovavano in luoghi appartati nei dintorni di Firenze, in notti di novilunio, o comunque molto buie, nei fine settimana o in giorni prefestivi. Gli agguati avvennero nel periodo estivo, ad eccezione del delitto del 22 ottobre 1981. Con l’esclusione degli omicidi del 1983, quando morirono due ragazzi di sesso maschile, la tipologia di vittime era una coppia composta da un ragazzo e una ragazza. Per la commissione degli omicidi furono utilizzate una o più armi bianche, ad eccezione dei casi del 1968 e del 1983. Dal 1974 al 1985, venne sempre usata la stessa arma da fuoco, identificata come una pistola Beretta. Nel 1982, bossoli e proiettili sparati dall’arma dell’assassino seriale vennero rinvenuti allegati al fascicolo su un duplice omicidio del 1968, motivo per il quale si ritenne che la pistola avesse sparato anche in quell’occasione, scoperta da cui scaturì il collegamento con gli omicidi attribuiti fino a quel momento al Mostro.

Teatro dei crimini del Mostro furono strade di campagna sterrate o piazzole nascoste frequentate da coppie nei dintorni di Firenze: Signa, ScandicciCalenzanoBaccaianoGiogoliVicchioScopeti e Borgo San Lorenzo. Ciò ha portato a pensare che il mostro fosse una persona che conosceva sufficientemente l’area dove avvennero i delitti e che, in alcuni casi, avesse seguito le vittime prima di ucciderle. Il profilo dell’assassino che emerse dall’attività investigativa degli anni ’80 era quello di un uomo destrimane della zona, iposessuale, feticista, d’intelligenza normale o superiore alla media. Queste caratteristiche psico-fisiche vennero ipotizzate in una perizia dell’Università di Modena e, in parte, dell’FBI. 

Il primo degli omicidi 

Tutto iniziò dalla notte del 21 agosto 1968, all’interno di una Alfa Romeo Giulietta bianca posteggiata presso una strada sterrata vicino al cimitero di Signa, vengono assassinati da ben 8 colpi di pistola, Antonio Lo Bianco e Barbara Locci che furono, come sospettano gli inquirenti, le prime vittime del Mostro di Firenze. Entrambi sposati, lei era maritata al sardo Stefano Mele. In macchina con loro si trovava il figlio della Locci, Natalino Mele, di appena 6 anni. Il bimbo si salvò e alle due di notte busso alla porta di Francesco De Felice, chiedendo soccorso. Il primo indiziato fu il marito di lei, Mele, il quale risultò totalmente incapace di maneggiare un’arma. Cambiò versione più volte fino ad accusare altri amanti sardi della moglie, per cui si parlò di “pista sarda. Alla fine lo stesso Mele confessò e fu condannato. Eppure 15 anni dopo il caso fu riaperto e collegato ai successivi delitti compiuti dal “mostro” a causa della coincidenza dei bossoli. Dopo l’omicidio del 1985 (l’ultimo della serie) le indagini proseguirono ma, fino al 1991, non ci furono sviluppi significativi.

Chi c’è dietro il Mostro di Firenze?

Pietro Pacciani diventò il primo sospettato nel 1991, mentre questi si trovava in carcere per la condanna per stupro nei confronti delle sue due figlie; anche una lettera anonima risalente al 1985 invitava gli inquirenti a indagare su di lui. Pacciani è stato descritto come un uomo collerico, depravato e brutale. Nel 1951, egli sorprese l’allora fidanzata, Miranda Bugli, in atteggiamenti intimi con un altro uomo, Severino Bonini; preso dalla gelosia, uccise a coltellate il rivale costringendo poi la ragazza ad avere un rapporto sessuale accanto al cadavere. Arrestato e processato, dichiarerà d’essere stato accecato dal furore avendo visto la fidanzata denudarsi il seno sinistro (lo stesso che negli ultimi due delitti venne asportato alle vittime femminili del pluriomicida). Per questo omicidio, Pacciani viene condannato a 13 anni di carcere che sconta interamente. Gli inquirenti si convincono, accumulando indizi, che Pacciani sia l’assassino seriale con la tesi che ucciderebbe le coppie per rivivere, da “vincitore”, il delitto del 1951, accanendosi particolarmente sulla donna che simboleggia l’ex-fidanzata che l’ha tradito.

Accusato, arrestato e condannato in primo grado dal tribunale di Firenze per sette degli otto duplici omicidi, Pacciani fu assolto in appello. nel 1994. La Cassazione ordinò un nuovo processo nel 1996 che però, non poté mai iniziare, poiché Pacciani fu trovato morto, il 22 febbraio 1998. 

Molti furono i depistaggi e le ipotesi, ma solo in un secondo momento si arrivò a un punto di svolta. Solo successivamente furono presi in esame i grossi movimenti di denaro sul conto in banca di Pacciani, cifre troppo cospicue all’epoca per un semplice contadino quale lui era. Questo denaro venne considerato come indizio del suo coinvolgimento solo nelle inchieste successive alle condanne dei “compagni di merende“, quando si ipotizzò che Pacciani e i suoi compari ricevessero denaro per eseguire gli omicidi su commissione.

I “Compagni di merende”

Ad essere condannati furono invece Giovanni Lotti e Mario Vanni, due complici dell’omonimo Pacciani che parteciparono ad alcuni dei duplici delitti. Fu proprio Vanni a usare per primo l’espressione. Durante le sue deposizioni si definì semplicemente un “compagno di merenda” del Pacciani. Da quel momento i media italiani utilizzarono l’espressione compagni di merende per riferirsi ai processi che coinvolgevano alcuni amici di Pacciani: Mario Vanni, Giancarlo Lotti, Fernando Pucci e Giovanni Faggi. Mentre Faggi e Pucci vennero assolti, Vanni e Lotti vennero invece condannati in via definitiva per quattro degli otto omicidi, perché ne parteciparono come esecutori materiali.

Un mistero irrisolto

Le indagini sui delitti del Mostro e sui compagni di merende hanno successivamente condotto gli inquirenti a ipotizzare l’esistenza di mandanti dei delitti. Tale ipotesi si basa su alcune dichiarazioni del teste e imputato Giancarlo Lotti, il quale dichiarò nel processo che i feticci escissi dai corpi femminili sarebbero stati comprati da un ignoto “dottore”. Il movente sarebbe stato di natura magico-esoterica, ma le ipotesi e le indagini non si concludono qui. Si ipotizzò che fosse coinvolto anche un gastroenterologo, Francesco Narducci, trovato morto in barca poco dopo l’ultimo dei duplici omicidi, ma questo filone non portò poi a nulla di concreto e tutt’oggi gli ipotetici mandanti restano un mistero.

Serena Cutolo, I C