Ipparchia di Maronea, l’arguzia fatta donna

«Io, Ipparchia, 
non scelsi opere di donne dalle ampie vesti, 
ma la dura vita dei cinici, 
non ebbi scialli ornati di fibbie, 
né alte calzature orientali, 
né retine splendenti nei capelli, 
ma una bisaccia col bastone, 
compagna di viaggio e adatta alla mia vita, 
e una coperta per giaciglio.» 

Questo epigramma contenuto nell’Antologia Palatina raffigura una donna emancipata del IV secolo a.C. che riuscì a distaccarsi dal consueto ruolo della donna tipico dell’epoca: Ipparchia Di Maronea. 

Nata a Maronea, per lei si prefigurava già una vita dedita alla tessitura e alla cura della prole che ben poco si addiceva alla sua indole. L’incontro con il suo futuro sposo, avvenuto in seguito al suo trasferimento ad Atene, assieme alla famiglia, le diede le possibilità di spiccare il volo e allontanarsi dal quel futuro che tanto ripudiava. Cratete di Tebe, questo è il nome dell’uomo per il quale Ipparchia rifiutò uno dopo l’atro tutti i pretendenti che la chiedevano in sposa; un filosofo cinico che fu il maestro anche del fratello di Ipparchia stessa, Metrocle. L’amore che divampò tra i due fu così travolgente che persino Diogene di Laerzio spese delle parole per descriverlo:  

Anche Ipparchia, sorella di Metrocle, fu catturata dalle dottrine [di Cratete]. Entrambi erano nati a Maronea. Lei si innamorò dei discorsi e della vita di Cratete e non prestò attenzione a nessuno dei suoi corteggiatori, alla loro ricchezza, alla loro alta nascita o alla loro bellezza. Per lei Cratete era tutto. Prese anche l’abitudine di minacciare i genitori che si sarebbe suicidata se non gli fosse stata data in sposa. I genitori allora supplicarono Cratete di dissuadere la ragazza, ed egli fece tutto il possibile; alla fine, non riuscendo a persuaderla, si alzò, si tolse i vestiti davanti a lei e disse: “Questo è lo sposo, ecco i suoi averi: fa’ la tua scelta in base a questo, poiché non mi sarai d’aiuto se non condividerai le mie occupazioni”. La ragazza lo scelse e, adottando lo stesso abbigliamento, andava in giro con il marito, viveva con lui in pubblico e partecipava ai banchetti con lui. 

          (Libro VI. Cap. 7, 96-97) 

Vissero seguendo completamente le idee dei cinici abitando per le strade di Atene in totale povertà e crebbero i loro due figli nel medesimo modo. Si crede che uno di loro, Pasicle, fu sottoposto ad un rigido addestramento con quantità di cibo estremamente ridotte e bagni in acqua gelida per prepararlo alla vita da cinico. 

Sovente partecipavano ai diversi simposi dove lei figurava come unica moglie di Cratete e tenevano diverse corrispondenze con i filosofi del tempo. Nel mentre predicavano la loro dottrina ed insegnamenti fino al loro ultimo spiro. Le informazioni sulle loro vite ci sono giunte confuse e poco attendibili, così come gli scritti di lei ormai persi nel tempo, ma si crede che, sopraggiunta la morte del filosofo, la sua amata lo abbia raggiunto poco dopo lo stesso anno. 

 

UNA DONNA DALLA LINGUA ARGUTA

La filosofa si ribellò con decisione alle imposizioni sociali dedicandosi interamente alla propria educazione e non all’arte del tessere. Proprio su questa sua scelta si basarono le accuse di Teodoro l’ateo, il quale, durante un simposio, stava dibattendo con Ipparchia. Lei riuscì facilmente ad avere la meglio affermando:

Se ciò che Teodoro fa non è ingiusto, neanche fatto da Ipparchia sarà ingiusto. Se Teodoro, colpendosi, non commette un’ingiustizia, neanche Ipparchia, colpendo Teodoro, commetterà ingiustizia.”. 

Avendo esaurito argomentazioni ragionevoli ai danni della donna, Teodoro decise di umiliarla alzandole la veste. Vedendo però l’impassibilità di lei, la attaccò dicendole di tornare al telaio:  

È questa la donna che ha lasciato i suoi pettini da cardatura accanto al telaio?

Ipparchia allora replicò: “Sono io, Teodoro, ma credi che io sia stata mal consigliata se, invece di perdere al telaio altro tempo, l’ho usato per la mia educazione? 

Ottenne così due vittorie schiaccianti che costrinsero il suo interlocutore al silenzio, imbarazzato e ormai sconfitto dalle parole di una donna che di certo non avrebbe mai permesso a qualcuno di zittirla. 

 

Stefania Capuano