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Elena di Troia, una ragazza tutta social, imbambolata davanti alla webcam.

L’adattamento dalle “Troiane” di Euripide del regista Andrea Chiodi è un monito a non rimanere indifferenti al dolore della guerra.

di Marta Uva, 2^B

Sebbene il titolo, “Troiane”, sembri essere molto indicativo, questo spettacolo è molto di più che una lezione di storia del teatro antico, quanto uno squarcio su un dramma che, come ci mostra il regista Andrea Chiodi, purtroppo è ancora a noi vicino. 

Andato in scena al Teatro Eleonora Duse dal 23 al 27 febbraio 2022, con attrice protagonista Elisabetta Pozzi, lo spettacolo è una rivisitazione della tragedia greca di Euripide, risalente al 415 a.C., in cui l’autore immagina i momenti successivi alla guerra di Troia, soffermandosi sulle figure delle donne troiane, che oltre allo straziante dolore per la perdita di figli e mariti devono affrontare la paura di ciò che il destino ha in serbo per loro. Le protagoniste di questo spettacolo sono Ecuba, Cassandra, Andromaca ed Elena: chiuse in una stanza, attendono che Taltibio, il freddo messaggero degli Achei, venga a portar loro notizie e rivivono, attraverso dialoghi tormentosi, i propri drammi. 

La scelta del regista di modernizzare costumi e scenografia, ricchi di particolari anacronistici, ha certamente un motivo, ossia quello di avvicinare alla società odierna il dramma vissuto dalle povere donne in questa tragedia, che altrimenti potrebbe sembrare solo un vecchio testo impolverato. Il regista vuole invece sottolineare che il messaggio di disperazione trasmesso dalle troiane è universale e terribilmente attuale. Quante sono le popolazioni che ancora oggi, a causa di guerre devastanti e immotivate, subiscono ingiustizie, maltrattamenti e sofferenze al punto da potersi immedesimare fin troppo bene nelle parole scritte da Euripide. Inoltre il minimalismo dell’intera scenografia permette allo spettatore di concentrarsi meglio sui dialoghi tra i personaggi, nei quali si coglie l’essenza dello spettacolo, e in più aiuta ad immedesimarsi nel loro stato d’animo: umile, svuotato. 

Il successo dello spettacolo è dovuto soprattutto alla capacità degli attori di tenere il palco e coinvolgere il pubblico nonostante la staticità delle scene. Oltre all’interpretazione intensa e magnetica del personaggio di Ecuba di Elisabetta Pozzi, notevole è la figura indomita di Cassandra, con i suoi deliranti (eppure così razionali) monologhi. Nonostante la rivisitazione in chiave moderna il regista ha mantenuto lo spettacolo pressoché fedele alla tragedia di Euripide. Il personaggio di Elena è stato invece rappresentato in modo insolito, trasformato in una sorta di influencer che davanti alla webcam recita un monologo rivolto a tutti coloro che la criticano per la sua bellezza, causa di tante sofferenze. Sebbene questa scelta del regista possa essere criticata in quanto lontana dalla figura classica di Elena, tuttavia  risulta molto azzeccata, poiché ben rappresenta l’idea di bellezza che viene diffusa oggi tramite i social: una bellezza superficiale, arrogante, esibizionista non curante della realtà che la circonda. 

Dunque lo spettacolo, mescolando armoniosamente classicità e modernità,  coglie nel segno e mantiene  il pubblico attento e coinvolto per tutta la durata.