Il dolore della tragedia che scandisce i nostri giorni 

Le “Troiane” di Euripide: un corale no alla guerra

 

di Samuele Bozzo, 2B

Se si dovesse utilizzare un aggettivo per descrivere la tragedia di Euripide “Le Troiane”, rappresentata al Teatro Nazionale di Genova tra il 23 e il 27 febbraio 2022, bisognerebbe scegliere, senza dubbio, minimalista.

Il regista  Andrea Chiodi, infatti, ha voluto trasmettere al pubblico un’atmosfera moderna e spoglia, come le mura di Troia alla fine della guerra. Una presenza scenica di oggetti che, accentuati dalle note di “Lascia ch’io pianga la cruda sorte” di Händel, infondono una sensazione di grigiore e lamento.

Unica presenza maschile (se escludiamo il “bambolotto” Astianatte…) è Taltibio, personaggio dinamico, che annuncia ad Ecuba, Cassandra ed Andromaca il doloroso e violento futuro che le aspetta. Elisabetta Pozzi (alias Ecuba) e Federica Fracassi (alias Cassandra) sono capaci di coinvolgere passionalmente il pubblico con una recitazione intensa e penetrante; in particolare, la Fracassi interpreta con grande accuratezza la pazzia e la rabbia razionale  di Cassandra. Interessante, ma, allo stesso tempo, rischiosa, la scelta di rappresentare in chiave moderna Elena (Alessia Spinelli): infatti, mentre gli altri personaggi, seppur rivisitati, comunque, conservano uno stile di recitazione in linea con la tragedia, Elena, invece, recita il suo monologo davanti a un Mac della Apple, truccata e in veste di influencer.

Coinvolgente e coerente nella sua modernità, anche la rappresentazione del coro, che in Euripide entrava in scena dalle tende: in scena compare quasi come se fosse una riunione di Meet, infatti, le voci, completamente al femminile, delle donne proiettate sullo sfondo, riempiono la scena e, suscitano la paura e l’insicurezza per il futuro.                                     

La presenza di elementi “freddi” e moderni, come un tavolo in metallo circondato da sedie, gettate per terra dalla violenza della guerra, ha contribuito non passivamente alla disperazione e alla desolazione della scena. Anche le luci, perlopiù grigie o tendenti al rosso, si adattavano a seconda dell’atmosfera teatrale.

A livello scenografico, molto efficace  la scelta di utilizzare il coperchio del bidone dei rifiuti, come scudo di Ettore, per contenere il corpo del piccolo Astianatte al momento della sepoltura.         

Indubbiamente, alcune parti scenografiche possono essere più o meno condivisibili (soprattutto per i puristi del teatro), tuttavia, si può ritenere che il regista e gli attori siano riusciti a trasmettere le emozioni ed il pathos di ciò che sono la guerra e le sue conseguenze, purtroppo ancora profondamente radicate nel genere umano e presenti nella cronaca di questi giorni.