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Agli studenti che desiderano le stelle – anche se non lo sanno

Al termine del nostro tradizionale Festival della Scienza Ad/ventura, mi sono ritrovata piena di idee e di spunti di riflessione sul tema scelto quest’anno, che da sempre mi affascina e mi interroga e che, in questo tempo, risulta ancora più attuale, ricco di risvolti e possibili implicazioni: Equilibrio.

Cos’è l’equilibrio?

Un acrobata che attraversa una corda, sospeso tra l’azzurro indefinito del futuro e l’oro della trazione, del passato, della storia cui appartiene e da cui attinge per superarla.

Anche per chi non soffre di vertigini, l’esperienza del vuoto, del rischio di cadere non è semplice. Per questo, l’acrobata si serve di un’asta: la tiene tra le mani e trova in questa stretta la sicurezza di procedere e portarsi dall’altra parte.

Cos’è questa asta? Di cosa è fatta?

Forse, ogni tempo costruisce la sua asta, ogni società, ogni persona possiedono materiali diversi e diverse strategie di costruzione di questo strumento di certo necessario perché l’equilibrio è sempre precario.

Ieri sera ho partecipato ad una missione: dalla mia stanza e grazie alla potenza della tecnologia ho viaggiato nello spazio e nel tempo seguendo l’ultimo lavoro teatrale di Lucilla Giagnoni, Anima Mundi, e credo di aver ricevuto idee nuove per aste ed equilibri.

Attraverso una scrittura sapiente, ricca e un’interpretazione molto intensa, la Giagnoni, ci ricorda il potere e la magia dell’immaginazione: se non sappiamo immaginare il futuro, se non sappiamo connettere l’infinito dell’universo con la vita quotidiana, se non sappiamo fare anima, allora dimenticheremo la saggezza di non crederci immortali. E quale saggezza è questa? – direte voi.

Si tratta di una lezione essenziale di uno dei poeti più grandi di tutti i tempi, Giacomo Leopardi, che, a dispetto del suo tanto spesso sottolineato pessimismo, aveva invece una grande fiducia nel genere umano e nella vita. Di lui, la Giagnoni fa emergere la capacità di meravigliarsi e la vena filosofica, cioè il tratto problematico e interrogativo della lirica.

In Amore e Morte, Leopardi scrive:

“Cose quaggiù sì belle

Altre il mondo non ha

Non han le stelle”

La morte – e con essa il dolore, la finitudine, il cambiamento, la trasformazione, la fragilità – è strettamente connessa all’amore, ossia alla vita quando essa è generativa, quando ci riconosciamo nel fluire delle cose, lasciamo andare tutti gli orpelli, tutte le finzioni, tutti gli egoismi e tutte le fissità – le presunte perfezioni –  da selfie-mania – quando fotografia è veramente “scrivere con la luce”, quindi comunicare e lasciare una traccia per gli altri. Quando, come ci insegna Leopardi contemplando la ginestra, riusciamo sviluppare in noi il seme della compassione e ad estirpare le radici di quell’odio indifferenziato, frutto della paura.

La mente logico – razionale, quella che guida la Scienza, pur essendo preziosa e necessaria, non si accorge – non può – da sola, della bellezza della ginestra, del profumo di un fiore, del sole che illumina il bianco delle case.

Se, dunque, nel vero poeta abita un filosofo, nel vero scienziato deve abitare un poeta.

Blue Marble è una fotografia molto famosa del nostro pianeta. E’ stata scattata alla fine del 1972 dall’equipaggio dell’Apollo 17. E’ una foto meravigliosa: il blu delle acque danza con il bianco delle nuvole e con il fondo scuro dello spazio cosmico in cui siamo immersi e da cui riceviamo energia.

Chi poteva immaginarla così bella la Terra? – si chiede la Giagnoni. Non chi guarda dalla Luna, bensì chi guarda alla Luna. Chi sa cogliere e tradurre in parole il dialogo sottile tra la Terra e il Cielo, colui che si chiama “poeta”: dal verbo greco poieo, chi realizza, costruisce, compie opere…l’artista, l’uomo che sa usare le mani. Le mani sono l’estensione dell’intelligenza e del cuore.

La compassione è lo sguardo della poesia in senso lato – dell’arte e della scienza quando si interrogano, si inseriscono nel tempo e vivono donandosi per costruire la città degli uomini e delle donne, dei bambini, degli anziani, dei malati, dei giovani – non solo di cemento, macchine e consumatori.

L’arte, così intesa, è l’asta che dobbiamo tenere stretta tra le mani.

Solo così, i nostri occhi potranno brillare, come stelle.

Patrizia Ciccarella