Quell’anima sconosciuta

In riva al lago siede un uomo,
solitario, fugace, errante.
Scorre freneticamente tra le righe di un libro,
perdendo il filo,
perché ammaliato dalla luce della luna.
Ebbro del riflesso della luna sull’acqua,
sposta lo sguardo sull’immagine incongrua del suo volto,
perdendosi in quei tratti delicati
e nella lucentezza dei suoi occhi cerulei.
Osserva forzatamente l’io recondito
riflesso su quel corso d’acqua dolce.
S’inebria del sapore dell’anima
in preda a quel mondo velato,
colto nell’insania del caos.
Si perde,
nella sterminata prateria dei pensieri,
lieti e pungenti ad un tempo,
che sfiorano l’infinitezza della psiche,
assaporando per la prima volta
la febbricitante sapidità del soffio vitale.
Amaro è lo stato di quiete,
dolce è l’attività frenetica
che eclissa l’anima,
come un sipario che cela lo spettacolo,
affidando una realtà affascinante
all’oblio dei ricordi.
Volge gli occhi al cielo,
abbacinato dalla tersa luce della luna,
della cui eterea armonia,
non s’era mai accorto,
assumendo il ruolo di protagonista
di quel frame chiamato vita.
Al suo fianco un asfodelo,
binomio d’amore e morte,
sintomo di solitudine
e morte di quell’anima sconosciuta.
Fabiana La Rosa 4B Liceo Classico – Istituto “G. Carducci” – Comiso (RG)