Giacomo Leopardi: uomo di cultura

Come tutti sanno, Leopardi fu uno dei più grandi poeti della letteratura italiana: rinnovò la metrica petrarchesca introducendo novità portentose. Nacque a Recanati, il “natìo borgo selvaggio” il 29 giugno 1798. Fu un erudito, filologo, linguista, poeta, scrittore, traduttore, filosofo, onomaturgo e saggista. Spesso si allude ai “sette anni di studio matto e disperatissimo”, ma di fatto in pochi conoscono quanto fosse ampia e sfaccettata la sua cultura. Per fare un esempio, già all’età di quindici anni aveva scritto “Storia dell’astronomia”. Conosceva e studiava almeno otto lingue: latino, greco, francese, tedesco, spagnolo, inglese e persino ebraico e aramaico.

A proposito del francese, lo considerava un oltraggio, una forma irrispettosa delle lingue da cui era derivato (il greco e il latino), con la loro pronuncia i Francesi storpiavano termini che imitavano la natura. A testamento di ciò, nello Zibaldone, Leopardi scrive: “I francesi colla loro pronunzia tolgono a infinite parole che han prese dai latini, italiani ec. quel suono espressivo che aveano in origine, e che è uno dei piú grandi pregi nelle lingue, ec. ec. Per esempio nausea in latino e in italiano con quell’au e con quell’ea imita a maraviglia quel gesto che l’uomo fa e quella voce che manda scontorcendo la bocca e il naso quando è stomacato. Ma nosé non imita niente, ed è come quelle cose che spogliate degli spiriti e dei sali, umori, grasso […]”.

Leopardi aveva stranissime abitudini alimentari. Di solito faceva colazione nel pomeriggio e talora pranzava anche a notte fonda. Redasse una lista in cui elencava i suoi quarantanove cibi favoriti. Ricordiamo, ad esempio, tortellini di magro, maccheroni o tagliolini, capellini al burro, frittelle, bignes, patate, carciofi, zucca, fiori di zucca, ricotta, pesce, uova, pasta, polpette, prosciutto, lingua, fegatini.

Hanno del leggendario (ma sono invece storicamente documentabili) le solenni adunanze d’esame tenute da Giacomo, Carlo e Paolina dove dissertavano in latino e rispondevano alle domande dei precettori. Negli stessi anni giovanili, tra i dodici e i quattordici anni, scrisse le “Dissertazioni filosofiche”. Viene considerato uno dei massimi precursori della corrente filosofica conosciuta poi come Esistenzialismo. Inventò la parola “ultrafilosofia”, diventando onomaturgo (persona che inventa un neologismo), termine che costituisce un hapax legomenon dello Zibaldone. Nel 1816, appena maggiorenne, aveva già tradotto l’Eneide, alcuni libri dell’Odissea e diverse opere di Orazio. Scrisse il suo celeberrimo canto, l’Infinito, a soli ventun’anni.

 

di Michelangelo Grimaldi