“Il Futuro della Memoria”

Il 4 maggio si è tenuto, presso il Teatro Rossetti, il convegno “Il Futuro della Memoria”. L’incontro ha posto l’attenzione sul tema della legalità, su quanto ricordare sia un dovere morale affinché si possa effettivamente cambiare. 

Ospite chiave dell’evento, l’ex Magistrato e Presidente del Centro Studi Paolo e Rita Borsellino, dott. Vittorio Teresi, che, grazie ai suoi 41 anni di esperienza, ha fornito un’importante testimonianza sul suo trascorso contro la mafia. 

L’EVENTO 

Dopo i saluti iniziali del Presidente dell’Università delle Tre Età di Vasto e dell’assessore alla cultura Nicola Della Gatta, la parola è stata lasciata al relatore, il quale, mediante una breve descrizione della sua carriera, ha affermato di aver avuto, durante i suoi primi anni di tirocinio, degli ottimi maestri, come Giovanni Falcone,  che l’hanno aiutato a comprendere il fenomeno mafioso. Un’organizzazione parassitaria che era ed è ancora presente in tutt’Italia anche se in forme differenti. Nelle zone più ricche vestiva i panni di banchieri ed industriali, infiltrandosi subdolamente nell’economia; in Sicilia invece, era violenta e si serviva della paura e dell’intimidazione per poter esercitare il proprio potere sulla cittadinanza e sulle strutture politiche ed economiche dello Stato. 

Teresi afferma di aver affrontato i vari processi mafiosi, avvenuti in seguito al “periodo delle stragi”, con tranquillità, senza cadere nella trappola della paura innescata dalla mafia. Allo stesso tempo però ha provato un certo disagio nell’operare in uno Stato dove, chi fa il proprio lavoro, viene considerato un eroe e non un normale individuo che adempie al suo dovere. L’eroe è una figura distante, Falcone, Borsellino e tutti coloro che hanno preso parte alla lotta contro la mafia non erano distanti, non erano “eroi”, ma persone normali che perseguivano un ideale, pur rischiando la loro vita. 

Si è inoltre parlato del fenomeno mafioso odierno e di come sia ancora ben presente nonostante le tante azioni di contrastato, come quella del carcere duro, dei collaboratori di giustizia, dell’ergastolo ostativo. Quest’ultimo  rappresenta l’unica pena realmente temuta dalle mafie, in quanto priva totalmente il carcerato della speranza di poter tornare in libertà. Ad oggi, secondo l’ex magistrato, sembra però si siano fatti passi indietro, mettendo in discussione tutte queste leggi che sono costate la vita a molti innocenti. 

Le domande poste in seguito a  Teresi, hanno fornito numerosi spunti di riflessione su quanto da lui vissuto, consentendo analisi e valutazioni in merito ai drammatici eventi accaduti in quegli anni. 

Relativamente alle stragi del 1992/1993, queste non hanno avuto un unico obiettivo, cioè quello di uccidere Falcone e Borsellino, ma nascondevano l’intento di mostrare la forza della mafia per destabilizzare lo Stato, alterando quell’equilibrio politico ottenuto grazie all’azione dell’antimafia e dell’anticorruzione. 

Trent’anni fa la mafia combatteva una guerra con l’unico obiettivo di conquistare uno spazio politico nel nostro Paese, attraverso l’intimidazione delle stragi. Oggi, invece, gestisce la pace e non ha bisogno di uccidere perché l’abbassamento dell’etica pubblica ha comportato l’abbassamento della percezione del livello di pericolosità. Oggi le mafie, non solo quella siciliana, non sono più percepite come un male assoluto ma come un male accettabile; l’abbassamento dell’etica pubblica ha consentito di trovare un tasso di mafia sopportabile nell’attuale democrazia occidentale. In realtà però in una democrazia evoluta non può esserci mafia, ma questo concetto non è stato ancora compreso dalle nostre istituzioni. 

L’impegno profuso da Borsellino e Falcone è stato compreso e valorizzato solo ed esclusivamente dopo la loro morte. In vita, al contrario, erano considerati personaggi scomodi e questa è stata la causa della mancata nomina di Falcone a responsabile del pool antimafia. In quest’ottica deve essere visto l’intervento del CSM relativamente al controllo delle nomine all’interno degli uffici giudiziari, che ha consentito alla politica di poter controllare la giustizia.  

L’intervento conclusivo dell’assessore Della Gatta, ha ripercorso gli eventi del 1992, le stragi mafiose e la vicenda di  “Mani pulite”, fino ai giorni nostri, sottolineando che, nonostante quanto accaduto, l’indipendenza della magistratura risulta oggi ancora minata. Ha chiesto al dott. Teresi come poter continuare a motivare i giovani affinché arrivi loro il messaggio che vale ancora la pena scommettere sulle istituzioni e credere ed impegnarsi nella politica. La sua risposta rappresenta un grande insegnamento per tutti noi: “… bisogna continuare a far viver i ricordi di quegli anni, come abbiamo fatto oggi, far capire i fatti, comprendere quanto accaduto ed impegnarsi a cambiare ciò che non va. Bisogna fare politica e opporsi al crimine con la conoscenza, solo così i giovani possono imparare quale deve essere la loro strada presente e del futuro” 

 

Stefania Capuano